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Mario Monti: “In piena crisi l’euro ci ha salvati, Lega e M5S hanno fatto false promesse”

Mario Monti smonta le idee dell’economista Alberto Bagnai (Lega), che vorrebbe la fine dell’euro: “Per me, la politica è vera e seria quando compie delle scelte concrete, quando per dire ‘sì’ a una istanza sociale, deve dire ‘no’ ad altre”. Non è stata politica seria, invece, la demagogia applicata ante litteram, ben prima dell’arrivo dei populisti, quella di molti governi italiani negli Anni Settanta e Ottanta”.
A cura di Annalisa Cangemi
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Mario Monti tesse ancora una volta le lodi dell'euro, dicendosi soddisfatto per i primi vent'anni di vita della moneta unica. In un'intervista rilasciata al quotidiano "La Stampa", l'ex premier ha ricordato infatti che l'euro "in numerose circostanze ci ha protetto". Il professore propone una formula per lo scomputo controllato degli investimenti pubblici dal calcolo del deficit, da una parte; e dall'altro pensa a un intervento di armonizzazione fiscale, che combatta ogni sleale concorrenza basata sulle imposte. "Immaginavo che l'arrivo della moneta unica avrebbe indotto gli Stati partecipanti ad avere bilanci piuù equilibrati e minore inflazione. Gli alti disavanzi a carico delle generazioni future e l'alta inflazione – ‘la più iniqua delle imposte', diceva Luigi Einaudi – sono stati per decenni i maggiori mali dell'economia italiana. Con l'euro, il Trattato di Maastricht ci ha dato gli incentivi e gli strumenti per combatterli e ci siamo riusciti". L'euro però, sottolinea il giornalista, è stato accusato di favorire l'espansione economica, non in modo diffuso: "Era chiaro dall'inizio che la crescita non sarebbe stata una conseguenza automatica dell'euro – ha replicato Monti, già commissario Ue e presidente del Consiglio – Quest'ultimo avrebbe aiutato i paesi capaci di adottare politiche serie a sostegno della produttività delle imprese e della competitività dei sistemi produttivi. Sono cresciuti di più quei paesi che hanno saputo essere più responsabili".

Monti si riferisce alla Germania di Gerhard Schroder, che nel 2003 è intervenuto sul lavoro, ha riformato l'economia, ha modernizzato il paese: "E nel 2005 ha perso le elezioni. Però ha consentito ad Angela Merkel di far correre la Germania per anni, merito che la cancelliera gli ha apertamente riconosciuto". E per quanto riguarda l'Italia? "Anche la sinistra radicale di Bertinotti, allora al governo, accettò nel 1996-1997 le misure impopolari del governo Prodi perché essere ammessi nell'euro era un importante traguardo nazionale. Sostenevo in quella fase che l'Italia avrebbe dovuto dotarsi anche di una ‘Maastricht interna', con obiettivi, incentivi e sanzioni precisi per pianificare e attuare le riforme strutturali della nostra economia. Non avendolo fatto, stiamo ancora lottando con gran fatica per generare crescita e occupazione insufficienti. Da allora, volenti o nolenti, abbiamo tenuto il deficit in un'area compatibile coi limiti europei. E l'andamento dei prezzi, dopo la fiammata iniziale, e' stato enormemente inferiore rispetto a quello che sarebbe stato se avessimo avuto la lira gestita autonomamente".

Idea diffusa tra i componenti del governo Conte è che con la lira gli italiani starebbero meglio. Monti ha risposto così: "Non siamo più stati sballottati come in passato. Intorno al 2010, nel mezzo della crisi finanziaria partita nel 2007, se fossimo stati in regime pre-euro, il marco avrebbe attirato capitali e si sarebbe rafforzato. L'euro ha tenuto tutti insieme e salvato l'Italia dalla divaricazione del cambio e da una forte inflazione". Secondo il giornalista l'attuale maggioranza ha costruito il suo successo anche attorno all'odio per l'euro: "Non è così. Mi chiederei piuttosto come mai i partiti che per anni avevano contestato l'euro, arrivati alla campagna elettorale hanno molto attenuato questo tema e poi, arrivati al governo ed avendo perciò la possibilità di spingere per un'uscita dall'euro, si sono ben guardati dal farlo. Credo che 5 Stelle e Lega abbiano vinto perché hanno lanciato grandi promesse. Se chi vota crede al reddito di cittadinanza o a un pensionamento più facile, non si domanda certo se dietro c'è l'euro o la lira".

Eppure l'euro è partito senza un governo europeo: "Rispetto a una architettura ottimale, è mancato un pilastro. È stato grave. Però la storia insegna che le cose si fanno quando si offre l'occasione. Assolvo chi ha buttato il cuore oltre l'ostacolo, abbiamo avuto dei vantaggi con l'euro, persino un poco di unione politica. Non assolvo, e anzi critico, la riluttanza dell'Ue – e in particolare della Germania – ad ammodernare il patto di stabilità", e questa sarebbe appunto la prima modifica che il professore spingerebbe, "creando uno spazio particolare proprio per incoraggiare gli investimenti pubblici nazionali scomputandoli dal calcolo col deficit, però con criteri precisi definiti in Europa". E poi, aggiunge, "punterei con decisione sul coordinamento e l'armonizzazione fiscale. La Brexit, che pone altri problemi, può facilitare il progresso sulle tasse".

Monti ha contestato poi le posizioni di Alberto Bagnai, economista leghista che vorrebbe la fine dell'euro: "Per me, la politica è vera e seria quando compie delle scelte concrete, quando per dire ‘sì' a una istanza sociale, deve dire ‘no' ad altre". Non è stata politica seria, invece, la demagogia applicata ante litteram, ben prima dell'arrivo dei populisti, quella di molti governi italiani negli Anni Settanta e Ottanta. Accontentavano tutti e accettavano crescenti aumenti di spesa pubblica, senza aumenti corrispondenti delle entrate, per assicurare – dicevano – la pace sociale, ma soprattutto per massimizzare il consenso ai loro partiti. Ciò è avvenuto a scapito degli unici che non sedevano a quei tavoli, cioè gli italiani che non erano ancora nati, quelli di oggi, che non trovano lavoro, perché lo Stato e il Paese barcollano sotto il peso del debito pubblico costruito in quei decenni". 

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