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“Madre Teresa? Era tutto tranne una Santa. Diceva che i malati devono soffrire”

Ricercatori, medici e giornalisti hanno messo in discussione il modo di prendersi cura dei malati, i suoi contatti politici e, soprattutto, la gestione sospetta delle enormi somme di denaro che ha ricevuto con le donazioni.
A cura di Mirko Bellis
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Madre Teresa nel suo centro a Calcutta
Madre Teresa nel suo centro a Calcutta

Madre Teresa di Calcutta stata proclamata Santa a seguito della cerimonia svoltasi il 4 settembre in Vaticano. Anjezë Gonxhe Bojaxhiu – questo il suo vero nome – fondatrice della congregazione religiosa delle Missionarie della carità è sempre stata identificata come un esempio di misericordia verso i poveri tanto da convertirla in una vera e propria icona del XX secolo.

A scalfirne il mito però ci aveva pensato Christopher Hitchens. Nel suo libro “La posizione della missionaria”, uscito nel 1995, e nel documentario Hell's Angel, il giornalista britannico criticava aspramente l’operato di Madre Teresa sostenendo che la futura santa non fosse tanto un’amica dei poveri quanto della povertà: “Lodava la povertà, la malattia e la sofferenza come doni dall'alto, e diceva alle persone di accettare questi doni con gioia”. Nel giugno del 2001, Hitchens fu chiamato da padre David O’Connor dell’Arcidiocesi di Washington a rendere la sua testimonianza nella causa di beatificazione di Madre Teresa. Nel suo intervento, Hitchens disse: “La sua celebre clinica di Calcutta in realtà non era che un ospizio primitivo, un posto dove la gente andava a morire, un luogo dove le cure mediche erano poche, quando non addirittura inesistenti”. Hitchens non fu il solo a denunciare la scarsa qualità delle cure che Maria Teresa dispensava ai malati in India.  Anche le riviste mediche The Lancet e British Medical Jornual segnalarono le cattive condizioni di vita dei pazienti.

Furono molti gli aspetti controversi legati all'attività della religiosa. Lo scrittore indiano Aroup Chatterjee avanzava dubbi sul reale impatto delle opere di Madre Teresa. Chatterjee nel suo libro “Mother Teresa: The Final Verdict” criticava la sua visione religiosa molto dogmatica e le sue dichiarazioni di carattere politico. Non era questo l’unico motivo di controversia per lo scrittore: anche la gestione opaca delle generose donazioni finite in conti segreti suscitava sospetti. Donazioni tra l’altro provenienti anche da personaggi alquanto discutibili, come l’ex dittatore di Haiti, Jean-Claude Duvalier, o Charles Keating, condannato per truffa, che utilizzò parte dei proventi fraudolenti per finanziare la congregazione religiosa delle Missionarie della carità.

Nel libro “Sii la mia luce”, pubblicato nel 2007, vengono raccolte 60 lettere di Madre Teresa, nelle quali la prossima santa della chiesa cattolica esprimeva dei forti dubbi sulla sua fede. Nello scambio epistolare con i suoi confessori si possono leggere queste parole: “C’è un’oscurità terribile in me, come se ogni cosa fosse morta. Ed è stato più o meno così da quando ho cominciato il mio lavoro”. E ancora: “Mormoro le preghiere della Comunità e mi sforzo per trarre da ogni parola la dolcezza che essa deve regalare, ma la mia preghiera di unione non esiste più, io non prego più”. I tormenti spirituali della missionaria non sono durati solo pochi mesi bensì la metà della sua vita. Era tale il dolore che provava che arrivò a definire Cristo “l’Assente, colui che sempre tace”. Sebbene alcuni esperti abbiano paragonato “Sii la mia luce” ai grandi libri di altri mistici del passato come Sant’Agostino o Santa Teresa di Lisieux, Madre Teresa aveva chiesto di distruggere quelle lettere temendo forse che la loro pubblicazione avrebbe provocato uno scandalo.

Ma a dare il colpo definitivo alla figura di Madre Teresa ci hanno pensato tre ricercatori canadesi. Serge Larivée, professor dell'Università di Montreal assieme a Geneviève Chénard e a Carole Sénéchal (psicologa dell'Università di Ottawa), in un saggio del 2013, rilevano come il pesante contributo dei media abbia favorito il mito di Madre Teresa, fornendo un'immagine esageratamente entusiastica e celebrativa della missionaria albanese.

Gli autori si interrogano anche sulla mancata considerazione, da parte del Vaticano, delle numerose critiche mosse al repentino processo di beatificazione che seguì la morte della religiosa (fu Giovanni Paolo II nel 2003, davanti a 300mila fedeli, a celebrare la beatificazione di madre Teresa di Calcutta, scomparsa solo 6 anni prima).

Nel loro articolo, Serge Larivée e i suoi colleghi, dopo aver consultato quasi 300 documenti sulla vita e l'opera di Maria Teresa ne smontano il mito di altruismo e di generosità. Ad esempio, “il modo piuttosto discutibile di prendersi cura dei malati, i suoi contatti politici e, soprattutto, la sua gestione sospetta delle enormi somme di denaro che ha ricevuto con le donazioni”.

Al momento della sua morte, la missionaria aveva aperto 517 missioni per accogliere i poveri ed i malati in più di 100 paesi. Le missioni però sono state descritte come "case per moribondi" da parte di medici che le hanno visitate. La mancanza di igiene, il cibo inadeguato e l’assenza di antidolorifici non erano legata ad un problema di soldi – la Fondazione creata dalla religiosa ha raccolto centinaia di milioni di dollari – quanto piuttosto ad una particolare concezione della sofferenza e della morte di Maria Teresa. "C'è qualcosa di bello nel vedere i poveri accettare il loro destino, vederli soffrire la passione di Cristo. Penso che il mondo tragga molto giovamento dalla sofferenza della povera gente", fu la sua risposta alle critiche.

Larivée comunque aggiunge: ‘Se la straordinaria immagine di Madre Teresa trasmessa nell'immaginario collettivo ha incoraggiato iniziative umanitarie che onestamente combattono la povertà, non possiamo che gioirne".  ”Tuttavia – conclude con una punta di critica – la copertura mediatica sulla vita di Madre Teresa avrebbe potuto essere un po' più rigorosa”.

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