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Lo Palestina verso il riconoscimento ONU? (VIDEO)

Stamane è stata formalizzata la richiesta di riconoscimento ufficiale dell’Autorità Nazionale Palestinese come 194esimo Stato membro dell’Assemblea Internazionale dell’ONU, tra le proteste di Israele inviate ai membri del Consiglio di Sicurezza, il favore di paesi come la Francia e l’atteggiamento ambiguo degli Stati Uniti.
A cura di Simona Saviano
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La Palestina verso il riconoscimento ufficiale

E' iniziata oggi una campagna per il riconoscimento ufficiale dello Stato palestinese nell'ambito delle Nazioni Unite

I palestinesi chiedono il riconoscimento del proprio Stato

Giovedì 8 settembre l'Autorità Nazionale Palestinese ha dato inizio alla sua campagna per il riconoscimento ufficiale in quanto 194 esimo Stato nell'ambito dell'Organizzazione Internazionale delle Nazioni Unite.

GLI STEP VERSO IL RICONOSCIMENTO FORMALE – L'istanza potrebbe formalizzarsi secondo diverse procedure, previste dall'art. 4 della Carta delle Nazioni Unite; il primo è quello di una richiesta ufficiale al Segretario Generale delle Nazioni Unite (attualmente il sudcoreano Ban Ki Moon), insieme a una dichiarazione in cui sono stati formalmente accettati gli obblighi riportati nella Carta. Successivamente per ottenere il riconoscimento la richiesta potrà: o essere esaminata dai membri del Consiglio di Sicurezza ed ottenere il voto favorevole di almeno 9 dei 15 Stati membri (posto che nessuno dei 5 membri permanenti  – Cina, Francia, Federazione Russa, Regno Unito e Stati Uniti – ponga il "diritto di veto" cioè voti contro tale candidatura), oppure chiedere all'Assemblea Generale di votare a maggioranza qualificata (i due terzi) dei 193 Paesi che compongono l'Assemblea circa la proclamazione del nuovo Stato sui territori di Gaza, Cisgiordania e Gerusalemme Est. Sulla carta i voti ci sono perché oltre 100 nazioni hanno già riconosciuto la Palestina. Ma Barack Obama si è detto contrario, affermando che "l’indipendenza palestinese deve essere raggiunta attraverso il negoziato con Israele". I membri dell'attuale governo palestinese hanno sollecitato Ban Ki Moon a “fare ogni possibile sforzo così da garantire al popolo palestinese di ottenere ciò che chiede”; il discorso del presidente palestinese Mahmoud Abbas dinnanzi all'Assemblea Generale è previsto per il prossimo 25 settembre, ma c'è molta incertezza sulla forma con cui presenteranno la loro richiesta e sui risultati effettivi che potranno ottenere al Palazzo di Vetro.

UNA LUNGA STORIA DI TENSIONI – L'ammissione ufficiale della Palestina da parte dell’ONU è da mesi un motivo di tensioni tra l'Autorità Nazionale Palestinese, Israele e Stati Uniti. Il governo israeliano ha espresso più volte la sua contrarietà a una decisione del genere, che interpreta come un segnale di ostilità: teoricamente il riconoscimento della Palestina potrebbe portare all'eventuale imputazione dei membri del Knesset israeliano dinnanzi al Tribunale Penale Internazionale dell'Aja. Lo scorso marzo gli israeliani hanno inviato una comunicazione riservata ai 15 paesi del Consiglio di Sicurezza e ad altre nazioni europee minacciando di intervenire "con una serie di azioni unilaterali" nel caso in cui i palestinesi riescano ad affermare la propria ambizione, affermando, tra le altre cose, che considererebbe la nascita del nuovo Stato in violazione con gli accordi di Oslo.

Diversi paesi si sono detti favorevoli alla proposta palestinese: a maggio il presidente Sarkozy affermava: "se a settembre il processo di pace sarà ancora fermo, la Francia si assumerà delle responsabilità sul riconoscimento dello Stato palestinese"; gli Stati Uniti vorrebbero evitare un ulteriore aggravamento dei rapporti tra Israele e Palestina e per questo nei mesi scorsi hanno fatto lavorare il loro apparato diplomatico per convincere l’Autorità Nazionale Palestinese a desistere.

Incontro a Washington tra Obama e alcuni capi di Stato mediorientali

Settembre sembra un mese "chiave" per i palestinesi: nel settembre 2010 Obama si augurava che il processo di pace appena intrapreso a Washington tra israeliani e palestinesi avrebbe portato alla partecipazione di un membro palestinese l’anno successivo nei lavori all'interno del Palazzo di Vetro. Il prossimo settembre il primo ministro palestinese Salam Fayyad dovrebbe concludere il suo pacchetto di interventi e riforme per il consolidamento del futuro Stato palestinese.

L'atteggiamento pragmatico americano, diviso tra aspirazioni di pace e legami di lunga durata con lo Stato d'Israele è ben espresso dal discorso di maggio scorso, in cui il presidente Obama aveva commentato così la posizione del suo Paese:

Gli sforzi di delegittimare Israele da parte dei palestinesi sono destinati a fallire. Le azioni simboliche per isolarlo alle Nazioni Unite, a settembre, non porteranno alla creazione di uno stato indipendente. I leader palestinesi non otterranno né pace né prosperità se Hamas insisterà sulla strada del terrore e del rifiuto di qualsiasi negoziato. E i palestinesi non raggiungeranno mai l’indipendenza negando a Israele il diritto di esistere. Dall’altra parte, sì, la nostra amicizia con Israele ha radici profonde e valori condivisi. Il nostro impegno per la sua sicurezza è inamovibile, e ci opporremo ai tentativi di isolarlo nei contesti internazionali. Ma proprio per via della nostra amicizia, è importante che gli Stati Uniti dicano a Israele la verità: lo status quo è insostenibile e Israele deve prendere azioni concrete verso la pace. Lo status quo è insostenibile e Israele deve prendere azioni concrete verso la pace. Già oggi un numero crescente di palestinesi vive a ovest del fiume Giordano. La tecnologia renderà sempre più complicato difendersi, per Israele. La comunità internazionale è stanca di questo processo di pace infinito che non porta mai a niente. Il sogno di uno stato ebraico e democratico non è compatibile con uno stato di occupazione permanente.

Secondo Paul Seger, ambasciatore svizzero all'ONU, si possono formulare tre ipotesi: i palestinesi potranno presentare la richiesta di riconoscimento al Consiglio di Sicurezza ma con la certezza quasi assoluta di vedersi opporre un veto dagli Stati Uniti; o potranno chiedere all'Assemblea generale il riconoscimento e ottenere per la Palestina la qualifica di Stato osservatore non membro, oppure richiedere una semplice dichiarazione di sostegno ai palestinesi nell'ambito del processo di pace. Solo le prime due ipotesi risultano più accreditate.

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