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Lettera al bambino rifiutato dalla mamma: “La mia vita iniziata a 8 anni, rinascere si può”

La storia di Mirko, oggi designer di successo 33enne, ricorda quella di Andrea, il bambino trovato in strada a Carmagnola perché abbandonato dalla mamma che vive in una roulotte. Al piccolo Andrea Mirko vuole raccontare che, quando aveva la sua età, è scappato da un campo nomadi e poi, accolto in una famiglia, ha iniziato a vivere.
A cura di Susanna Picone
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Mirko, oggi designer di successo di 33 anni, quando era un bambino di otto anni è scappato da un campo nomadi e da quel momento – assicura lui – ha iniziato a vivere. Ed è per questo che ha voluto raccontare la sua storia in una lettera scritta per il piccolo Andrea, il bambino che qualche settimana fa è stato trovato solo a vagare per una strada di Carmagnola, nel Torinese. Solo perché Andrea è stato abbandonato dalla madre, che vive in una roulotte col nuovo compagno e ha fatto sapere che per suo figlio non c’è spazio. Mirko – a raccontare la sua storia è Repubblica – a 8 anni è scappato da quello che una volta era il campo nomadi “della Brandina”, a Moncalieri. Quando ha letto la storia di Andrea di colpo ha fatto un salto nel passato. “In quel bambino ho rivisto me tanti anni fa”, racconta. A differenza di Andrea, Mirko non è stato abbandonato ma ha deciso di scappare dopo almeno due anni trascorsi in una roulotte malandata e praticamente da solo. La madre se ne era andata con la sua sorellina e il padre entrava e usciva dal carcere. Una mattina Mirko è andato in stazione: “Conoscevo il capostazione perché prendevo il treno per andare a Porta Palazzo a chiedere l'elemosina per conto dei grandi ed eravamo diventati amici. Era merito suo se sapevo leggere, perché lui aveva insegnato un po' l'italiano”. La notte successiva alla fuga quel capostazione gli ha offerto un riparo nel suo ufficio e il giorno successivo ha chiamato gli assistenti sociali. Non era la prima volta che provava a scappare: voleva andare via dalle botte e dalle condizioni terribili del campo nomadi, ma quando il padre andava a riprenderlo non aveva mai il coraggio di confermare di non voler tornare lì. "Quella volta, però, venne mio zio e fu diverso”, racconta ancora Mirko che davanti agli assistenti sociali trovò il coraggio di dire che non voleva tornare più in quel campo.

Mirko fu quindi affidato a una comunità sulla collina di Moncalieri. “Quando entrai lì pensai che quella sarebbe stata la mia sistemazione per sempre. Qui cominciai a frequentare la scuola, ad avere degli amici. Non ero più un bambino di strada ma non avrei ma pensato che un giorno sarei tornato a chiamare qualcuno mamma e papà”, ha spiegato ancora raccontando che invece è stato poi adottato. “Conobbi i miei nuovi genitori quando avevo 10 anni e quel giorno cominciò l'infanzia che non avevo mai avuto. Credo sia stata una relazione mentale: mi sono sentito protetto e sono tornato a comportarmi come un bambino”, ha aggiunto il designer spiegando che al campo nessuno lo trattava come un bambino. Mirko ha iniziato la prima elementare con due anni di ritardo, si è messo a studiare e se l'è cavata egregiamente: “Devo tutto ai miei genitori adottivi che non mi hanno mai negato di parlare della mia storia. Questo mi è servito per non rinnegare le mie origini e per avere ancora oggi ricordi tanto vividi del mio passato che non voglio dimenticare”. E oggi al piccolo Andrea vuole dire che può ancora costruire il suo futuro. “Non so nemmeno se adesso sarebbe in grado di capire quello che vorrei dirgli ma credo che la mia storia potrebbe aiutarlo a ricominciare. Gli racconterei di come sono riuscito a farcela grazie alle persone che mi hanno voluto bene”.

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