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La storia di Kaoutar, primo avvocato marocchino d’Italia: “Mi dicevano di tornare a casa”

La testimonianza di Kaoutar Badrane, prima donna marocchina avvocato in Italia e titolare di uno studio legale, arrivata a Bari quando aveva solo 6 anni. “Non abbiamo subito veri e propri atti di razzismo, ma abbiamo avuto molte difficoltà. Ho combattuto per ottenere la cittadinanza. Le maggiori discriminazioni mi sono arrivate non in quanto straniera ma in quanto donna”.
A cura di I. A.
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Kaoutar Badrane (Facebook).
Kaoutar Badrane (Facebook).

Kaoutar Badrane è la prima donna di origine marocchina non solo ad essere diventata un avvocato in Italia, ma addirittura ad aver dato vita ad un proprio studio legale. In un periodo storico in cui il problema dell'immigrazione è all'ordine del giorno nell'agenda dei politici e molto sentito dalla popolazione, la storia di riscatto di questa donna, arrivata prima ad Andria, e poi trasferitasi a Bassano del Grappa circa 30 anni fa insieme alla famiglia dopo aver lasciato il suo paese d'origine, può diventare un esempio per tanti. Esperta di diritto e contrattualistica internazionale, tra i suoi record, c'è anche quello di aver tradotto per la prima volta in assoluto in italiano oltre 400 articoli della Moudawwana al Usra (il diritto di famiglia marocchino). Ha poi collaborato come interprete con le forze dell'ordine e lottato duramente per avere la cittadinanza.

"Avevo sei anni quando sono arrivata in Italia – ha raccontato Kaoutar in un'intervista a un quotidiano online -. Non abbiamo subito veri e propri atti di razzismo, anche se attraversato più di qualche difficoltà: inizialmente nessuno voleva affittarci un appartamento, perché eravamo quasi i primi stranieri ad arrivare e poi chi c'era stato prima di noi aveva creato qualche disturbo". Ma, rispetto alla fine degli anni Ottanta, la situazione è completamente cambiata, ed anche in negativo. "Oggi c'è una forma di chiusura, anche giustificata dal fatto che siamo diventati troppi", ha sottolineato l'avvocato. Sono state proprio le difficoltà di integrazione con il resto della comunità a spingerla a studiare legge e a laurearsi in giurisprudenza.

"Mi è stata rifiutata anche la cittadinanza italiana quando avevo 19 anni – ha continuato -. Era un sabato mattina quando a me e a mia madre è arrivato il responso negativo da parte del Ministero: non dimenticherò mai quel giorno, per me è stato uno choc. Ho perso anche la borsa Erasmus per questo". Ma Kaoutar non si è data per vinta, ha presentato ricorso e ha raggiunto lo stesso il suo obiettivo, seppur dopo una lunga attesa durata sei anni. E ora ha deciso di aiutare chi come lei è costretto a subire lo stesso trattamento, pur frequentando la scuola italiana, avendo una perfetta padronanza della lingua e conoscendone la cultura. "La normativa andrebbe interamente riformata, è basata unicamente sul reddito e si capisce che il legislatore considera il migrante solamente come forza lavoro. Questo poteva valere per gli anni Ottanta e Novanta, ma il migrante di oggi è diverso. Un tempo le persone venivano in Italia solo per guadagnare un po' di soldi e poi se ne tornavano nel Paese d'origine, adesso il lavoro non c'è neanche per gli italiani. I migranti vengono con la famiglia, per rimanere qui".

Eppure, nel suo ambiente di lavoro, è stata svantaggiata non in quanto immigrata. "Le difficoltà le ho avvertite solo in quanto donna e madre di tre bambini, non come straniera – ha raccontato -. Qui in Italia il sistema non è meritocratico e quando sei donna o giovane si viene considerati meno validi. Io mi sento sottovalutata, benché abbia delle competenze che mi rendono unica in Italia. Mi è capitato di clienti – sia marocchini che italiani – che non si fidavano di me perché mi hanno visto giovane e donna".

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