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La Palestina, i dubbi sul triplice omicidio e i venti di guerra

Guerra preventiva o reazione ad un attacco? Il Medioriente si trova davanti all’ennesimo bivio e l’escalation militare in Palestina rappresenta l’ennesimo tassello di un quadro in rapida e drammatica evoluzione. E i dubbi sul triplice omicidio sono ancora tanti.
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Il ritrovamento, nelle scorse ore, dei cadaveri dei tre ragazzi israeliani rapiti il 12 giugno scorso (Naftali Frenkel e Gilad Shaar di 16 anni e Eyal Yifrach di 19) ha provocato l'immediata e durissima reazione del premier Benjamin Netanyahu che ha ordinato l'esecuzione di alcuni raid aerei finalizzati alla distruzione delle abitazioni dei due presunti colpevoli (Marwan Quasma e Amar Abu Eisha, rispettivamente di 29 e 33 anni) del triplice omicidio, secondo quanto ricostruito dallo Shin Bet, il servizio segreto interno israeliano.

I bombardamenti, avvenuti attraverso l'utilizzo di caccia ed elicotteri con la stella di Davide, si sono intensificati nella parte settentrionale della Cisgiordania, provocando nella zona di Jenin almeno un morto e numerosi feriti. Sin dal primo momento dal ritrovamento dei tre corpi, il premier Netanjahu si è scagliato contro Hamas, l'organizzazione politica sunnita che dal 2007 governa la striscia di Gaza, ritenuta l'ala dura dell'attivismo palestinese e considerata il braccio politico delle brigate al Qassam, accusando i palestinesi di aver pianificato e attuato il brutale assassinio dei tre studenti.

Il legame tra la formazione politica palestinese, che per inciso rappresenta una vera e propria spina nel fianco di Israele, e l'uccisione dei tre giovani sarebbe da ritrovare, secondo fonti vicine all'intelligence israeliana, nella vicinanza di Quasma e Abu Eisha ad Hamas. Non è chiaro, tuttavia, né quale fosse il piano originale dei due presunti rapitori né, al contempo, se e come l'organizzazione di stanza a Gaza abbia collaborato fattivamente alla realizzazione del piano o, quanto meno, se sia stata messa conoscenza dello stesso.

Secondo voci trapelate dallo Shin Bet i tre ragazzi, con tutta probabilità, sarebbero stati uccisi già nelle ore immediatamente successive al rapimento, ma non è chiaro se ciò sia avvenuto perché parte di un piano pianificato da tempo, oppure per mero errore dei due presunti esecutori (tra gli investigatori circola l'opinione che probabilmente i due non abbiamo saputo gestire la situazione e, in un momento di panico, abbiano agito d'istinto, ma anche questa, è bene sottolineare, è solo un'ipotesi).

L'unica cosa certa è che dal momento del rapimento nessuna organizzazione politica, militare o paramilitare palestinese ha rivendicato il rapimento dei tre giovani e, in seguito, la loro uccisione. Un dettaglio non da poco se si tiene conto che subito dopo il ritrovamento dei tre cadaveri il premier israeliano ha condannato il gesto puntando l'indice contro Hamas.

Perché se è ovviamente indubbia e condivisibile la condanna unanime per l'uccisione di tre giovani ragazzi, unito all'auspicio di individuare in tempi brevi i colpevoli al fine di consegnarli alla giustizia, è altrettanto indubbio che in assenza di prove o evidenze di sorta, la decisione di bombardare un territorio straniero, quale quello palestinese, rappresenta l'ennesimo atto di guerra da parte di Israele.

La novità in quella che purtroppo è diventata la routine dei rapporti tra Israele e la Palestina, fatta di alti e bassi ma sempre pronta ad accendersi lasciando sul campo decine di vittime e di feriti, riguarda le tensioni che stanno cambiando rapidamente gli scenari politici del Medioriente. Il rafforzamento delle formazioni islamiste estremiste in Iraq, vittoriose sul campo di battaglia e che hanno portato persino alla proclamazione di un nuovo Califfato iracheno, in Siria e l'espansione in tutto il Nord Africa di organizzazioni paramilitari unite dall'interesse verso la figura di Abu Bakr al Baghdadi, si pensi al prossimo incontro dei salafiti algerini, tunisini e libici nel sud dell'Algeria che avrà tra gli argomenti all'ordine del giorno – secondo quanto trapelato –, proprio l'eventuale appoggio alle formazioni di al Baghdadi (che di fatto si contrappone a quella di al Zawahiri, storico capo di al Qaeda) tinge di una nuova colorazione politica gli avvenimenti delle scorse ore in Palestina.

Un'ipotesi, estremamente suggestiva sebbene solo teorica, suggerisce che l'uccisione dei tre ragazzi possa essere inquadrata in un'ottica più ampia, legata all'ulteriore destabilizzazione dell'area. Piano questo voluto o dalle forze sunnite (ed Hamas è una di queste) o, al contempo, da chi – proprio come Israele –, temendo il rafforzamento delle organizzazioni estremiste islamiste voglia colpire per primo per anticipare le mosse del nemico al fine di cautelarsi.

Ipotesi tutte da verificare s'intende, ma se confermate potrebbero fornire interessanti elementi di valutazione utili ad analizzare i movimenti politici e militari in atto sullo scacchiere mediorientale. E intento l'arrivo in territorio iracheno dei primi 5 dei 12 caccia russi Sukhoi Su-25, come riportato dal The Daily Beast, mette in evidenza quanto l'interesse e l'attenzione di tutte le potenze internazionali sia altamente focalizzata sull'area in vista, forse, di ulteriori e ancor più pericolosi sviluppi.

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