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L'omicidio Meredith Kercher

La lettera di Amanda Knox: “Non riesco a essere felice”

A un anno dall’assoluzione per il delitto di Meredith Kercher Amanda Knox ha scritto un’accorata lettera al West Seattle Heral.
A cura di D. F.
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A un anno dalla sua assoluzione in via definitiva dall'accusa di aver partecipato all'omicidio di Meredith Kercher a Perugia Amanda Knox ha scritto una lunga lettera aperta pubblicata  sul West Seattle Heral e tradotta in Italia dal Corriere. La donna ha raccontato come è la sua vita oggi e le sofferenze patite in carcere: "Un ricordo può essere viscerale. Può essere pesante. Ti può far sentire come se stessi soffocando, come se stessi annegando". Sono queste le prime parole della missiva scritta da Amanda Knox. "Nell'anniversario della mia assoluzione definitiva, la prima cosa che mi viene in mente non è il momento in cui guardando sullo schermo del mio pc ho visto le reazioni incredule davanti alla mia assoluzione. Non sono le lacrime dei miei amici e della mia famiglia per la fine della persecuzione, del dolore. Quello che mi viene in mente è una mia compagna di cella, che chiameremo Bernadette, seduta di fronte a me, mentre strappava le pagine del mio diario, fino a non lasciare nulla".

A proposito di quella donna la Knox spiega: "Ha passato quasi tutti il tempo in dormiveglia, si era convinta che stessi scrivendo qualcosa di brutto su di lei, che facessi la spia. Ho provato a ragionare con lei, ma era troppo convinta. Non avevo molto, in prigione, ma avevo quel diario. Era il posto in cui scrivevo quello che volevo ricordare. Era un'estensione di me stessa, come tutto quello che già mi era stato portato via: la mia famiglia, i miei amici, il mio futuro. Quello che ha fatto Bernadette è un po' l'esperienza che ho vissuto nelle mani del sistema giudiziario. Il mio diario era la mia libertà. Bernadette non era cattiva. Solo, stava sbagliando. È curioso, che tuttora io sia così sensibile a quella sensazione di sopraffazione. Pensavo che a Pasqua, con la mia famiglia che si riunisce a bere e a mangiare, mi sarei sentita felice. Ma a solo un anno da quel periodo in cui la mia libertà è stata negata, forse sto ancora elaborando cosa è successo". Infine l'americana conclude: "Spero di potermi sentire in pace, che questa ferita guarisca. Noi stessi siamo quello che ci resta e anche quando le parole se ne sono andate, questo peso viscerale ha un significato: il corpo non dimentica mai".

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