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Le persone con disabilità potranno vivere e lavorare nello Spazio: “I nostri problemi diventano risorse”

Il progetto AstroAccess ha svolto dei voli a gravità zero con un equipaggio di persone con disabilità. L’obiettivo è rendere lo Spazio inclusivo e i primi test dimostrano che è possibile.
A cura di Elisabetta Rosso
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È un mondo al contrario dove le regole sono ribaltate, prima tra tutte la gravità. Proprio per questo le persone con una disabilità potrebbero trasformare i loro handicap in punti di forza nello Spazio. Il progetto AstroAccess l’ha capito, e per questo ha deciso di investire nella ricerca, lanciando studenti, atleti e artisti disabili su voli parabolici con la Zero Gravity Corporation. "La disabilità non è solo una sedia a rotelle, dobbiamo espandere quel pensiero", ha detto Dwayne Fernandes alla testata Gizmodo. Lui non ha le gambe e ha partecipato a un volo parabolico insieme a un equipaggio di ricerca, tutti i membri avevano una disabilità. "Se vuoi che lo Spazio sia un luogo redditizio e commercialmente valido, devi parlare con le persone con disabilità".

Per una volta non avere le gambe può essere un vantaggio, infatti senza si è più leggeri e quindi è più economico lanciare un astronauta, oppure i non vedenti che non soffrono di cinetosi, nausea e mal di testa essendo immuni ai segnali visivi che spesso creano disorientamento nello Spazio. "Le persone con sacche per stomia non devono preoccuparsi di tutte quelle scomode toilette nello Spazio, pensi che quelle persone abbiano fisiologie troppo complicate, ma in realtà sono più semplificate in certi modi".

Il progetto AstroAccess

"Non esiste una passeggiata nello Spazio", ha detto Fernandes. "I tuoi piedi non camminano, i tuoi piedi sono solo ancorati". Tutto ciò di cui avrebbe bisogno per vivere e lavorare nello Spazio, ha detto, sono "un paio di moschettoni e alcuni ganci". Cambia tutto, anche la percezione di sé stessi. "Su quel volo a gravità zero ero nella mia condizione, ma senza le sue barriere", ha spiegato Fernandes. “È diventata una sensazione profonda e strana che mi ha fatto pensare in modo diverso a me stesso. La mia condizione è cambiata in un ambiente a gravità zero”. Quando sono in assenza di gravità, "non sono disabile, in realtà sono super abilitato".

La mentalità militare della corsa allo Spazio, erede della Guerra Fredda è sempre stata miope sul tema della disabilità, AstroAccess vuole dare un nuovo punto di vista. È stata fondata da Anna Voelker e George Whitesides a inizio 2021 per rendere lo Spazio più accessibile e garantire che "non stiamo lasciando indietro il 25% dell'umanità". Come ha spiegato Voelker, il direttore esecutivo di AstroAccess, a Gizmodo, il progetto potrebbe dare i "vantaggi a tutti e non solo per coloro che sono stati storicamente esclusi dall'opportunità".

AstroAccess non è sola in questa battaglia. L'Agenzia spaziale europea ha lanciato il Parastronaut Feasibility Project e, a novembre 2022, ha nominato l'atleta para olimpico britannico John McFall, primo "parastronauta" dell'agenzia spaziale. Hanno infatti spiegato di voler ampliare la definizione di cosa significa avere "la stoffa giusta" per andare nello Spazio, e McFall inaugurerà il percorso per l'inclusione di persone con handicap fisici nelle possibili missioni future.

I test a gravità zero

AstroAccess ha effettuato alcuni test e voli di prova con un equipaggio di persone affette da disabilità per capire come poter lavorare e soprattutto trasformare gli handicap in punti di forza. Durante le dimostrazioni hanno applicato guide tattili montate a parete per l'equipaggio non vedente, segnali visivi basati sulla luce per l'equipaggio con problemi di udito. Sono state testate anche cinture di ancoraggio per le persone con disabilità agli arti inferiori, per permettere di rimanere in posizione durante il volo. Non sono stati riscontrati problemi, anzi, l’equipaggio si è orientato in modo autonomo, "chiarendo che le persone disabili possono volare in sicurezza a bordo di missioni spaziali suborbitali", ha dichiarato AstroAccess dopo il test a gravità zero.

C’era anche John Kemp sul volo, lui è un ambasciatore di AstroAccess e avvocato per i diritti dei disabili, è nato senza braccia e gambe sotto i gomiti e le ginocchia. Ha spiegato che il volo di prova è stato liberatorio e spaventoso allo stesso tempo. “Ogni membro dell'equipaggio è stato abbinato a una persona di supporto, oltre a tre astronauti e cinque medici con esperienza al servizio degli astronauti, tra cui Erik Viirre, il medico che ha assistito Stephen Hawking durante il suo volo a gravità zero nel 2007”.

Wells-Jensen, invece, è il capo delle operazioni di volo del 2023, non vede e ha partecipato a due voli parabolici. "Se sei cieco e stai fluttuando in una stanza dove non c'è su o giù, è profondamente disorientante, ma è anche un Paese magico", ha detto a Gizmodo. "È incredibile e meraviglioso, ma è anche dannatamente confuso". Quando fluttui a gravità zero, "non stai toccando nulla e non sai da che parte è giù". Per orientarsi meglio Well-Jensen ha testato prima del volo i segnali acustici. L’idea era giusta, ma non hanno considerato il rumore interno della cabina, "nessuno di noi ha sentito alcun suono durante i voli parabolici, quindi abbiamo ancora domande per l'equipaggio non vedente”. Ma Well-Jensen, ha spiegato di non essere preoccupata, i test servono anche a questo.

La grande domanda che si sta ponendo ora AstroAccess è: “Come sistemiamo l'ambiente in modo che sia accogliente?”. L’obiettivo è rendere lo Spazio un luogo accessibile per tutti. "Quello che abbiamo è questo conglomerato unico di attivisti della disabilità di fama mondiale, specialisti dell'accessibilità e leader dell'industria spaziale in un unico posto, e che non esiste da nessun'altra parte", hanno detto. "Stiamo unendo queste comunità e fornendo un alto livello di competenza".

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