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Virus West Nile in Italia

Virus West Nile, con quale sintomo cercare assistenza medica: Giovanni Rezza risponde a Fanpage.it

Ad oggi, giovedì 31 luglio 2025, in Italia si registrano 9 morti per infezione da virus West Nile, principalmente nel Lazio e in Campania. Il patogeno, trasmesso dalla puntura della zanzara comune Culex pipiens, si sta diffondendo in territori in cui precedentemente era assente. Fanpage.it ha chiesto all’epidemiologo Giovanni Rezza quali sono le differenze con le stagioni passate e quali sono i sintomi “campanello d’allarme” per cui richiedere assistenza medica.
Intervista a Prof. Giovanni Rezza
Epidemiologo esperto di infezioni emergenti
A cura di Andrea Centini
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Negli ultimi giorni tra Lazio e Campania si sono verificati alcuni decessi a causa dell'infezione da virus West Nile (virus del Nilo Occidentale), portando a nove il computo totale delle vittime dall'inizio della stagione alla data odierna, giovedì 31 luglio 2025. Solo una ridotta percentuale delle persone positive al virus sviluppa sintomi aspecifici – come febbre, cefalea e dolori muscolari – e una ancora minore va incontro alla forma neuroinvasiva, pericolosa in particolar modo per anziani e soggetti fragili. I pazienti che hanno perso la vita a causa della West Nile sono infatti persone avanti con l'età e con comorbilità, sebbene vi siano anche alcuni giovani ricoverati in ospedale.

A causa dell'incremento dei contagi e delle vittime, riscontrati in località dove il patogeno era precedentemente assente, in diversi comuni italiani sono scattate misure di disinfestazione straordinaria per arginare la diffusione delle zanzare, responsabili della trasmissione del virus attraverso la loro puntura. Nel caso specifico, è principalmente coinvolta la zanzara comune Culex pipiens, che a differenza della zanzara tigre (Aedes abopictus) ha abitudini crepuscolari e notturne. Per comprendere meglio cosa sta accadendo, quali sono le differenze rispetto alle passate stagioni e cosa si può fare per arginare la diffusione dell'infezione, Fanpage.it ha contattato il professor Giovanni Rezza, epidemiologo esperto di infezioni emergenti come la West Nile.

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Professor Rezza, cosa può dirci sull'aumento dei casi di West Nile? Si parla di 10.000 contagi, con il coinvolgimento di territori dove negli scorsi anni il virus non era presente

In questo momento si registra un aumento dei casi soprattutto nel Lazio e anche in Campania. In Campania già l'anno scorso c'erano stati dei casi, però più a sud, nel Salernitano, mentre nel Lazio è la prima volta che si hanno casi umani. Ciò che vediamo in termini di casi è la punta dell'iceberg, perché vengono diagnosticati i casi più gravi. Dopodiché è difficile fare stime sul numero di infetti reale. Quella cifra di 10.000 è una delle tante stime che si possono fare, ma è difficile capire quale sia il numero di infetti. È importante identificare i casi non gravi per capire dove sta circolando il virus, ma il fatto che ci possano essere molti più infetti rispetto al numero dei casi gravi può essere anche positivo. Queste stime non devono far paura, anzi, diciamo il contrario, semmai. Ma comunque nessuno sa quanti sono i casi effettivi.

Rispetto allo scorso anno, nel medesimo intervallo temporale, si nota un incremento nel numero dei contagi e dei decessi? È possibile ipotizzare per la stagione 2025 un numero superiore di morti rispetto a quella dello scorso anno, in cui erano stati 20?

Questo è possibile. Nel senso che il numero dei casi sembra in linea con quello degli scorsi anni, mentre il numero dei decessi risulta un po' più alto. Il rapporto tra casi e decessi sembra sia più alto rispetto al 10-12 percento dello scorso anno, siamo attorno al 20 percento.

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Cosa potrebbe essere successo?

Potrebbe voler dire che si diagnosticano di meno i casi non gravi. Cioè che effettivamente i casi non gravi siano di più di quelli che invece vengono diagnosticati e riportati. Il virus della West Nile non è un virus che muta molto, che diventa più o meno aggressivo, quindi una spiegazione potrebbe essere questa. L'altra è l'età delle persone colpite. Se in una zona rurale ci sono molte persone anziane, allora queste più facilmente sviluppano dei sintomi più gravi rispetto alle persone giovani. La differenza rispetto agli scorsi anni è che anche se il numero di casi risulta più o meno lo stesso, non varia molto, ci sono più decessi rispetto a luglio dello scorso anno. Quindi probabilmente c'è questa sottostima dei casi.

La vera novità è che ora il virus colpisce soprattutto delle aree che non erano in qualche modo abituate ad avere a che fare con West Nile. In Pianura Padana sono anni ormai – dal 2009 – che ogni anno si ripresentano casi, mentre per il Lazio, ma anche per la Campania, per quanto riguarda la provincia di Caserta, è invece un po' una novità. Quindi i casi si stanno concentrando soprattutto in queste zone del Centro Sud, mentre vediamo pochi casi nelle regioni del Nord.

Come possiamo controllare la diffusione del virus, considerando questi exploit in regioni diverse da quelle in cui si trovava da anni?

È chiaro che bisogna tenere bassa la densità di popolazione della zanzara comune, la Culex, che è diffusa in tutto il territorio nazionale. Punge la sera, la notte e fino all'alba. Da una parte si deve cercare di disinfestare con i larvicidi – quando ci sono dei focolai, chiaramente, questa è una necessità ancora più impellente – dall'altra vanno prese misure di protezione individuale. Quindi zanzariere, uso di repellenti e coprirsi il più possibile il corpo quando si esce di sera, di notte. Sono tutte precauzioni che si possono prendere per ridurre il rischio essere punti dalle zanzare. E poi tutto ciò che evita il ristagno d'acqua è benvenuto. Sono misure che vanno prese sempre.

Il nostro, da questo punto di vista, è un Paese tropicale part-time, per cui d'estate un anno abbiamo la Chikungunya, un anno la Dengue, la West Nile ormai sempre, anche se in zone diverse l'una dall'altra. E poi bisogna tenere alta la sorveglianza in tutto il territorio nazionale. È vero che c'è già c'è una sorveglianza, ci sono gli animali sentinella come cavalli e polli, ma la cattura degli uccelli potrebbe essere importante, questo per capire le dinamiche epidemiche. E poi la geolocalizzazione dinamica dei casi umani, perché è importante capire dove e come il virus si muove, in modo da identificare prontamente i focolai e nel caso prendere delle misure maggiori.

Secondo lei si poteva fare disinfestazione anche prima dell'inizio della stagione, invece che intervenire dopo, alla luce della circolazione del virus?

Che vada fatto anche prima è importante. I Comuni, spinti dalle Regioni che dovrebbero essere sollecitate dal Ministero, insomma, devono certamente fare anche un'opera preventiva. È chiaro che in questo caso è difficile, abbiamo dei serbatoi anche animali a differenza di malaria, dengue e chikungunya. Abbiamo delle dinamiche più complesse, ma è comunque importante tenere bassa la densità delle zanzare su tutto il territorio nazionale. Dopodiché c'è una grossa discussione sull'uso degli insetticidi. Se si usano gli adulticidi c'è il pericolo di insorgenza delle resistenze, si preferisce quindi magari raccomandare l'uso di larvicidi. E certamente vanno prese anche delle precauzioni. Poi non appena si identifica una situazione a rischio, è logico che si deve intervenire in modo più pregnante.

In merito alla malattia vera e propria, quali sono i sintomi dell'infezione e quando va richiesta assistenza medica?

La grande maggioranza dei casi è asintomatica, quindi senza sintomi, però magari una persona su cinque tende a sviluppare una febbre estiva. Chiaramente la febbre estiva in qualche misura è un po' anomala. Siamo abituati alle varie sindromi influenzali, parainfluenzali e via dicendo nella stagione fredda. In estate, un po' meno. Ci stiamo abituando sempre di più a fare diagnosi di infezioni virali anche in estate e adesso vengono identificati anche i casi sporadici, quando ci sono dengue e chikungunya. È chiaro che se sono negativi per una, magari sono positivi per un'altra. Ora West Nile è la prima cosa a cui si pensa, specialmente nella Pianura Padana. Dopodiché, se il paziente è negativo per West Nile magari si va a cercare una positività per tutti i Flavivirus. Questo è un po' quello che si fa nelle regioni in cui c'è la situazione endemica, questa è diventata un po' una routine. Credo che ora debba diventare una routine in tutta Italia, in tutti i Paesi. È chiaro che se uno ha la febbre più alta di 38°, in estate, è bene che faccia il controllo, quantomeno che chiami il medico di famiglia.

Non ci sono terapie specifiche e vaccini, quindi l'unico modo per combattere la malattia è con la terapia di supporto. Cambierà qualcosa?

Questo è un problema, perché effettivamente è una mattia cosiddetta negletta, nel senso che alla fin fine non c'è stata evidentemente grande applicazione allo studio di vaccini, che invece potrebbero essere utili per le persone più anziane che vivono nelle zone endemiche. Né c'è stato un grande sviluppo di farmaci antivirali specifici, anche questa è una carenza. Evidentemente la West Nile è stata considerata a lungo un problema minore, perché ha dato vita a epidemie così sporadiche, anche se devo dire che dal '99 in poi quando è entrata negli Stati Uniti le cose sono cambiate. C'è chi sta lavorando a farmaci antivirali specifici, però anche da questo punto di vista siamo indietro. Si dovrebbe trattare rapidamente il paziente, perché il virus se si localizza a livello encefalico poi il farmaco dovrebbe passare la barriera ematoencefalica.

Le informazioni fornite su www.fanpage.it sono progettate per integrare, non sostituire, la relazione tra un paziente e il proprio medico.
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