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Un farmaco per le difese immunitarie efficace contro depressione e disturbo bipolare: come funziona

Ricercatori italiani hanno dimostrato che l’Aldesleuchina, una forma sintetica della citochina interleuchina 2, è in grado di potenziare l’efficacia della terapia contro la depressione e il disturbo bipolare.
A cura di Andrea Centini
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Uno studio italiano ha determinato che basse dosi di una molecola proteica (citochina) coinvolta nella regolazione della risposta immunitaria e infiammatoria sono in grado di migliorare l'efficacia delle terapie contro la depressione e il disturbo bipolare, due delle più diffuse condizione di salute mentale. Nello specifico si tratta dell'interleuchina 2 (IL-2), una proteina secreta da cellule T e del sangue che è normalmente presente nel nostro organismo con funzioni di immunomodulazione. Il suo scopo principale risiede nel favorire il differenziamento dei linfociti T, globuli bianchi fondamentali nella protezione dell'organismo dagli agenti infettivi (virus, batteri etc etc). Di questa citochina ne esiste una versione sintetica ricombinante chiamata Aldesleuchina, un farmaco utilizzato per combattere varie tipologie di cancro (come il melanoma), la Sclerosi Laterale Amiotrofica (SLA) e altre malattie. Ora sappiamo che può fornire un aiuto prezioso anche contro il disturbo depressivo maggiore e il disturbo bipolare.

A determinare che l'interleuchina 2 – o meglio, la sua forma sintetica Aldesleuchina – è in grado di migliorare la risposta delle terapie antidepressive è stato un team di ricerca italiano guidato da scienziati dell’Università Vita – Salute San Raffaele di Milano e dell’IRCCS Ospedale San Raffaele, che hanno collaborato a stretto contatto con i colleghi dell'Unità di Neuroimmunologia dell'IRCCS Fondazione Santa Lucia di Roma e dell'Erasmus University Medical Center di Rotterdam (Paesi Bassi). I ricercatori, coordinati dal professor Francesco Benedetti e dalla dottoressa Sara Poletti, hanno deciso di testare questa proteina terapeutica contro il disturbo depressivo maggiore (MDD) il disturbo bipolare (BD) poiché anomalie delle cellule immunitarie erano già state segnalate nelle condizioni di salute mentale nelle quale si evidenziano problematiche con le cellule T. Come spiegato in un comunicato stampa dell'istituto milanese, la depressione e il disturbo bipolare comportanto un aumento delle citochine (molecole proinfiammatorie) e altre risposte – come l'attivazione delle microglia cerebrale – che influenzano negativamente la produzione dei neurotrasmettitori (i principali bersagli delle terapie antidepressive) e la "manutenzione dell’apparato sinaptico dei neuroni".

Poiché in una quota significativa di pazienti con disturbo depressivo maggiore non sempre la terapia farmacologica tradizionale è efficace, i ricercatori hanno deciso di puntare contro i meccanismi immunoinfiammatori, la cui alterazione è evidente fin nel 50 percento dei soggetti con disturbi dell'umore. “La depressione, in particolare quando resistente alle terapie antidepressive tradizionali, è accompagnata da uno stato infiammatorio che investe l’intero organismo”, spiega l'ateneo meneghino. Non c'è da stupirsi che i pazienti in stato depressivo sono più suscettibili a sviluppare malattie infiammatorie e autoimmuni. Queste malattie, fra l'altro, possono catalizzare il rischio di ammalarsi di depressione “anche in chi non ne ha mai sofferto”. L'esempio citato è quello dei sopravvissuti alla COVID-19, la malattia provocata dal coronavirus SARS-CoV-2, che ha provocato una vera e proprio epidemia di “erosione mentale”, come è stata chiamata dall'Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS). In parole semplici, queste condizioni mentali sono associate a uno squilibrio immunitario che i ricercatori hanno provato “ripristinare” sfruttando le proprietà della molecola in grado di potenziare le difese immunitarie. L'interleuchina 2, del resto, è un fattore di crescita delle cellule T che aveva già dimostrato efficacia antinfiammatoria contro alcune condizioni autoimmuni, catalizzando la produzione nel timo di uno specifico gruppo di cellule T ( CD4+)-

Per determinare l'efficacia, la sicurezza e le risposte biologiche dell'interleuchina 2 nel trattamento della depressione e del disturbo bipolare, la dottoressa Poletti e colleghi hanno condotto uno studio di Fase 2 monocentrico, randomizzato, in doppio cieco e controllato con placebo con 36 pazienti affetti da una delle due condizioni, dei quali 24 hanno ricevuto l'Aldesleuchina e 12 il placebo. Il trattamento attivo, spiegano gli scienziati nell'abstract dello studio “ha potenziato significativamente la risposta antidepressiva al trattamento SSRI/SNRI in corso in entrambi i gruppi diagnostici e ha ampliato la popolazione di cellule immunitarie T regolatorie, T helper 2 e percentuale di cellule immunitarie Naive CD4+/CD8 +”. “I cambiamenti nelle frequenze cellulari – proseguono gli scienziati – sono stati indotti rapidamente nei primi cinque giorni di trattamento e hanno predetto il successivo miglioramento della gravità della depressione”. In parole semplici, l'Aldesleuchina ha ridotto la gravità della depressione e i cambiamenti cellulari osservati nei primissimi giorni nei pazienti erano predittivi dei miglioramenti clinici osservati. A rendere lo studio ancor più interessante il fatto che i ricercatori non hanno rilevato reazioni avverse gravi nei due gruppi diagnostici.

“Questo è il primo studio di controllo randomizzato a supporto dell'ipotesi che il trattamento per rafforzare il sistema immunitario, e in particolare le cellule T, può essere un modo efficace per correggere le anomalie immuno-infiammatorie associate ai disturbi dell'umore e al tempo stesso, potenziare la risposta antidepressiva”, ha dichiarato la dottoressa Poletti. “Pensiamo che i nostri studi possano già modificare la pratica clinica: abbiamo infatti evidenziato con questa ricerca gli effetti terapeutici di Interleuchina 2 a basso dosaggio senza rilevare effetti collaterali. Speriamo che queste evidenze aprano ora la strada a un nuovo modo di intervenire sulla depressione resistente ai trattamenti, sperando di accendere l’attenzione su per affrontare l’iter previsto per ottenere l’indicazione all’uso clinico di questa sostanza per la depressione”, le ha fatto eco il professor Benedetti. I dettagli della ricerca “Low-dose interleukin 2 antidepressant potentiation in unipolar and bipolar depression: Safety, efficacy, and immunological biomarkers” sono state pubblicati sulla rivista scientifica specializzata Brain, Behavior, and Immunity.

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