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Sudafrica, India e Australia avevano un’attività vulcanica simile fino a 3,5 miliardi di anni fa

Lo indicano i risultati di una nuova analisi delle rocce vulcaniche e sedimentarie del cratere di Singhbhum, in India, da cui è emersa una composizione geologica simile a quelle delle aree di Barberton e Nondweni in Sudafrica e del cratere di Pilbara nell’Australia nord-occidentale.
A cura di Valeria Aiello
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Un'eruzione vulcanica
Un'eruzione vulcanica

Ci sono regioni che conservano le reliquie della nostra giovane Terra. Una di queste si trova in India, dove una nuova analisi dei cratoni, delle vecchie porzioni degli antichi continenti che si sono formati diversi miliardi di anni fa, ha fornito una rara finestra su come i processi all’interno e sulla superficie del nostro pianeta operavano in passato. I cratoni ospitano infatti una varietà di assemblaggi rocciosi, come graniti e pietre verdi, che ad oggi sono i migliori archivi per studiare i primi processi superficiali che hanno interessato la Terra.

Un nuovo studio, appena pubblicato sulla rivista Precambrian Research, ha fatto luce sulla cintura di pietre verdi dell’area di Daitari, nel cratere di Singhbhum, in India, mostrando per la prima volta che questi assemblaggi rocciosi, risalenti a 3,5 miliardi di anni fa, hanno una storia geologica simile a parti del Sudafrica e dell’Australia. In particolare, spiegano gli studiosi, guidati dal dottor Jaganmoy Jodder dell’Istituto degli Studi evolutivi dell’Università di Witwatersrand a Johannesburg, in Sudafrica, la cintura di pietre verdi di Daitari condivide una composizione geologica simile a quella delle pietre verdi delle aree di Barberton e Nondweni in Sudafrica e quelle del cratere di Pilbara, nell’Australia nord-occidentale.

Le eruzioni vulcaniche sottomarine erano comuni tra 3,5 e 3,3 miliardi di anni fa e sono in gran parte conservate come formazioni di lava a cuscino all’interno delle pietre verdi dei cratoni Singhbhum, Kaapvaal e Pilbara. Ancora più importante, il tipo di vulcanismo decodificato dalle rocce siliciche fornisce prove di ambienti esplosivi da sottomarini a subaerei.

In seguito al vulcanismo silicico, le rocce sedimentarie che comprendono depositi di corrente di torbidità sottomarina si sono formate all’annegamento della bocca vulcanica – ha precisato il dottor Jodder – . Questo ci ha fornito una stima dell’età per le rocce sedimentarie sottomarine che si sono depositate circa 3,5 miliardi di anni fa, dettagliata dalla precisa datazione radiometrica dell’attività dell’uranio-piombo (U-Pb)”.

Gli studi sulle antiche pietre verdi sono importanti non solo per comprendere i diversi processi vulcanici, ma anche perché, quando ben conservati, questi assemblaggi preservano rocce sedimentarie minori che si sono formate negli ambienti sottomarini. “Queste rocce vulcaniche sedimentarie forniscono indizi relativi agli ambienti abitabili sulla giovane Terra e possono essere considerate come capsule del tempo per aiutarci a comprendere meglio il racconto evolutivo del pianeta nelle sue fasi iniziali” ha aggiunto Jodder che, insieme al team di ricerca, ritiene che queste vecchie porzioni possano essere state soggette a “processi geologicamente simili” fino ad almeno 3,5 miliardi di anni fa.

Tuttavia, non siamo certi del loro posizionamento paleogeografico. E quindi, non possiamo confermare che un tempo facessero parte di un supercontinente – ha spiegato Jodder – . L’attuale ricerca ci ha però portato a una più ampia comprensione delle antiche rocce vulcano-sedimentarie dell’aria di Daitari e ad un riconoscimento unico dei processi magmatici felsici che sono comuni rispettivamente ai cratoni archeani dell’India, del Sudafrica e dell’Australia durante il Paleoarcaico, aprendo a nuove strade per la ricerca sui primi processi terrestri”.

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