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Covid 19

Scoperta proteina nei pazienti Covid gravi che può portare a migliori cure e diagnosi

Ricercatori svedesi hanno scoperto che i pazienti Covid gravi presentano alti livelli di interleuchina-26, un biomarcatore che può portare a nuove terapie e test diagnostici precoci.
A cura di Andrea Centini
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Gli scienziati hanno trovato una “firma” molecolare nel sangue dei pazienti con la COVID-19 grave, un potenziale biomarcatore specifico che potrebbe risultare particolarmente prezioso per medici e scienziati. Esso, infatti, non solo potrebbe permettere lo sviluppo di un test diagnostico precoce per la malattia severa, in grado di rilevarla prima che i sintomi clinici più importanti si manifestino, ma anche diventare un potenziale bersaglio terapeutico per farmaci innovativi. Sebbene infatti i vaccini anti Covid funzionino egregiamente e abbiano scongiurato un numero enorme di decessi, a causa delle varianti sempre più elusive, dell'immunità che cala naturalmente e dei vaccini non disponibili per tutti, secondo gli esperti avere a disposizione un trattamento efficace per i pazienti ospedalizzati è fondamentale. Solo in Italia, del resto, oltre 500 persone perdono la vita ogni settimana a causa del coronavirus SARS-CoV-2, inoltre la pandemia non è ancora finita e non si escludono nuove ondate. La speranza è che questo biomarcatore, l'interleuchina-26 (IL-26), possa davvero portare a nuovi metodi per contrastare il patogeno pandemico.

A scoprire livelli elevati di interleuchina-26 nei pazienti Covid gravi è stato un team di ricerca svedese guidato da scienziati dell'Istituto di medicina ambientale dell'autorevole Karolinska Institutet di Stoccolma, che hanno collaborato a stretto contatto con i colleghi del Dipartimento di Scienze Cliniche e del Dipartimento di Medicina Respiratoria e Allergologia dell'Ospedale Universitario Karolinska. I ricercatori, coordinati dal dottor Eduardo Cardenas della Divisione di ricerca polmonare e delle vie aeree, hanno determinato che l'interleuchina-26 è un potenziale biomarcatore della COVID-19 grave dopo aver analizzato i casi di circa 50 pazienti con infezione grave, dei quali 44 erano stati ricoverati in ospedale (con sintomi severi e necessità di ossigenoterapia) tra giugno 2020 e gennaio 2021. I ricercatori hanno messo a confronto i livelli della proteina IL-26 e di altre molecole infiammatorie nel loro sangue con quelli del gruppo di controllo, composto da 27 persone sane, scoprendo che i primi avevano livelli della citochina molto più elevati. “Possiamo dimostrare per la prima volta che i livelli ematici della citochina IL-26 sono molto più alti nei pazienti con COVID-19 rispetto ai controlli sani”, ha dichiarato in un comunicato stampa il dottor Cardenas.

L'interleuchina 26 è una proteina codificata dal gene IL26 e fa parte delle citochine, una classe di proteine coinvolta nella segnalazione cellulare e nella risposta immunitaria. Nei pazienti con Covid grave gli alti livelli di IL-26 erano associati ai marcatori biologici che indicano il danno ai tessuti, come il lattato deidrogenasi. Più elevate erano le concentrazioni di questi biomarcatori, superiore era il rischio della famigerata “tempesta di citochine” nei pazienti, una reazione spropositata del sistema immunitario potenzialmente fatale, che può portare a sindrome da distress respiratorio acuto (ARDS) e insufficienza multiorgano. Normalmente l'interleuchina IL-26 è considerata una molecola che favorisce la distruzione di batteri nei polmoni e delle cellule infettate dagli stessi, ma è coinvolta anche nelle infezioni virali, come la COVID-19, dato che può inibire direttamente la replicazione virale e migliorare la chemiotassi dei neutrofili. “La nostra scoperta ci fornisce un potenziale biomarcatore per la COVID-19 grave, ma dati gli effetti antivirali dell'IL-26, potremmo anche aver identificato un nuovo bersaglio terapeutico”, ha affermato il dottor Cadenas. "I nostri risultati indicano che l'aumento di IL-26 sistemico si associa a marcatori di iperinfiammazione e danno tissutale nei pazienti con COVID-19 acuto, determinando così la chinocidina IL-26 come potenziale bersaglio per la diagnosi, il monitoraggio e la terapia in questa malattia mortale", ha scritto gli autori dello studio. Per tutte le conferme del caso saranno condotte indagini più approfondite. I dettagli della ricerca “Increased IL-26 associates with markers of hyperinflammation and tissue damage in patients with acute COVID-19” sono stati pubblicati sulla rivista scientifica Frontiers in Immunology.

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