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Perché non siamo ancora entrati in contatto con gli alieni: l’ipotesi di uno scienziato della NASA

L’astrofisico Robin H.D. Corbet della NASA ha formulato un’ipotesi sul motivo per cui ad oggi non siamo ancora riusciti a cogliere segnali di civiltà extraterrestri nello spazio. Cosa dice il suo principio della “monotonia radicale”.
A cura di Andrea Centini
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Siamo soli nell'Universo oppure no? A questa domanda si prova a rispondere da moltissimo tempo, ma ad oggi non abbiamo alcuna prova dell'esistenza di civiltà aliene. Gli scienziati hanno avanzato molteplici ipotesi per rispondere al celebre “Paradosso di Fermi” formulato dal fisico italiano Enrico Fermi nel 1950. In parole semplici, durante un intervento tenutosi presso il Los Alamos National Laboratory negli Stati Uniti, egli disse davanti ai colleghi: “Dove sono tutti?”. Riferendosi proprio agli alieni intelligenti. In un Universo con miliardi e miliardi di galassie e pianeti potenzialmente abitabili, com'è possibile che non abbiamo ancora trovato uno straccio di prova dell'esistenza di civiltà extraterrestri avanzate? A quasi 80 anni dalle parole di Fermi, nonostante l'enorme avanzamento tecnologico, siamo ancora senza una risposta.

Secondo un nuovo studio condotto dall'astrofisico Robin H.D. Corbet, ricercatore del Goddard Space Flight Center della NASA presso l'Università del Maryland, ci sarebbe però un motivo piuttosto banale per cui non saremmo ancora entrati in contatto con gli alieni: semplicemente, non sarebbero così tecnologicamente superiori rispetto a noi. “L'idea è che siano più avanzati, ma non molto. È come avere un iPhone 42 invece di un iPhone 17”, ha dichiarato al Guardian lo scienziato. “Questo sembra più plausibile, più naturale, perché non propone nulla di estremo”, ha aggiunto.

In pratica, questa ipotesi, chiamata “principio della monotonia radicale” (radical mundanity principle), tende a escludere le ipotesi più estreme, ovvero quella di essere completamente soli nel cosmo oppure che gli alieni siano così avanzati da essere “sfuggenti”. Gli alieni alieni, di fatto, sarebbero più o meno al nostro livello tecnologico. Secondo il dottor Corbet, queste civiltà, dopo aver esplorato il proprio sistema stellare in modo non dissimile da come noi abbiamo indagato il Sistema solare, dopo un certo periodo di tempo si sarebbero stancate di cercare. Non solo non avrebbero costruito grandi astronavi in grado di viaggiare da un pianeta all'altro o da una stella all'altra, ma nemmeno megastrutture tecnologiche come sfere di Dyson o super laser, dei quali saremmo in grado di cogliere le tecnofirme. “Non hanno velocità superiori a quelle della luce, non hanno macchine basate sull'energia oscura o sulla materia oscura, né buchi neri. Non stanno sfruttando nuove leggi della fisica”, ha affermato lo scienziato. “Con questo principio, si preferisce la prospettiva che la Galassia contenga un numero modesto di civiltà, dove nessuna ha raggiunto livelli tecnologici sufficienti per realizzare un'astroingegneria su larga scala o non ha il desiderio di farlo”, ha affermato Corbet nel suo studio.

Chiaramente non tutti sono in accordo con questa “monotonia radicale”, perché nel corso di miliardi di anni alcune civiltà potrebbero aver sviluppato tecnologie realmente superiori alle nostre. Ci sono numerosi ipotesi relative al fatto che ancora non siamo stati in grado di intercettare segnali alieni. Secondo lo scienziato italiano Claudio Grimaldi della Scuola Politecnica di Losanna (EPFL), che ha messo a punto un modello matematico ad hoc, non saremmo ancora stati in grado di cogliere le tecnofirme perché la Terra si troverebbe all'interno di un complesso sistema strutturalmente simile a una spugna. In parole semplici, scandagliamo lo spazio da troppo poco tempo (circa 60 anni dall'avvio del SETI) per avere già la possibilità di cogliere questi segnali elettromagnetici, alla luce delle grandi distanze tra le varie civiltà, ciascuna nel proprio spazio vuoto nella "spugna". Dovremmo attendere tra i 60 e i 2000 anni secondo i calcoli dell'esperto, prima di poter intercettare una eventuale tecnofirma aliena.

Uno studio dell'Università di Nottingham suggerisce che nella Via Lattea vi sarebbero 36 civiltà di alieni intelligenti, con una distanza media di 17.000 anni luce le une dalle altre. Ricordiamo che la nostra galassia un'ampiezza di circa 100.000 anni luce. Considerando che i nostri primi segnali elettromagnetici hanno percorso “appena” 125 anni luce al massimo, sarebbero molto lontani dal poter essere colti da qualcuno. Così come noi saremmo troppo “giovani” per avere la possibilità di cogliere loro. C'è chi ritiene che la civiltà extraterrestre più vicina si trovi entro 65 anni luce da noi, mentre i ricercatori dell'Università di Edimburgo sostengono che la comunicazione quantistica sia la migliore in assoluto per contattare gli alieni.

Secondo altre ipotesi veniamo ignorati perché il Sistema solare sarebbe "noioso", per altre ancora invece la Terra verrebbe “tutelata” da intelligenze superiori perché ricca di biodiversità. Quello che è certo è che ad oggi non abbiamo alcuna prova dell'esistenza di altre civiltà, una situazione che potrebbe cambiare anche grazie a radiotelescopi sempre più potenti. In attesa di capire cosa sia 3I/ATLAS, che secondo il fisico e astronomo Avi Loeb avrebbe una probabilità del 30-40 percento di essere tecnologia aliena.

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