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Perché le donne sviluppano infezioni virali meno gravi degli uomini

Un team di ricerca americano ha scoperto che la doppia coppia di un gene sul cromosoma X può spiegare il motivo per cui le donne sviluppano infezioni virali meno severe degli uomini.
A cura di Andrea Centini
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Una proteina in grado di aumentare l'attività antivirale di specifiche cellule immunitarie può essere la chiave per capire perché le donne sono più protette dai virus degli uomini. In letteratura medica è infatti noto da tempo che, in genere, le prime sviluppano infezioni virali meno gravi dei secondi. Lo ha dimostrato anche la pandemia di COVID-19, con più vittime tra gli uomini. Diversi studi hanno avanzato varie ipotesi nel caso delle infezioni da coronavirus SARS-CoV-2: la concentrazione plasmatica più elevata nei maschi del recettore ACE-2 (la “porta d'accesso” del virus al nostro organismo); l'azione degli estrogeni che potenzia le difese immunitarie; la presenza dei due cromosomi X che raddoppiano le squadre di geni immuno-correlati; il miglior adattamento immunitario legato alla gravidanza e altro ancora. Queste condizioni possono tutte determinare una maggiore protezione nelle donne, ma si tratta solo di ipotesi e il reale meccanismo biologico alla base non è ancora ben conosciuto. Ora, grazie a un nuovo studio, questo meccanismo potrebbe essere stato svelato.

A determinare che una proteina legata all'aumento dell'attività di cellule immunitarie può spiegare perché gli uomini sviluppano infezioni virali più severe delle donne (in linea generale) è stato un team di ricerca americano guidato da scienziati del Dipartimento di Microbiologia, Immunologia e Genetica Molecolare della Scuola di Medicina “David Geffen” dell'Università della California di Los Angeles (UCLA), che hanno collaborato a stretto contatto con i colleghi del Laboratorio di Neuroendocrinologia del Brain Research Institute. I ricercatori, coordinati dai professori Timothy E. O'Sullivan e Maureen A. Su, sono giunti alle loro conclusioni dopo essersi concentrati su una specifica proteina (un regolatore epigenetico) che catalizza l'attività di cellule immunitarie chiamate natural killer o NK. Come spiegato dall'Istituto Humanitas, queste cellule sono specializzate nell'uccidere spontaneamente “gli elementi cellulari che riconosce come non-self, ovvero come estranei all’organismo”. In parole semplici, sono un potente esercito del nostro sistema immunitario contro i patogeni.

La professoressa Su e i colleghi hanno scoperto che le cellule NK umane e di topo femmina “hanno una copia extra di un gene legato al cromosoma X chiamato UTX”, come specificato in un comunicato stampa. La proteina sintetizzata da questo gene come un regolatore epigenetico potenziando le capacità antivirali delle cellule natural killer, riducendone contemporaneamente anche il numero. In parole semplici, meno cellule NK ma più potenti, come si verifica nelle femmine, sono più efficaci nel difendere dalle infezioni virali che tante cellule NK meno capaci, come si verifica nei maschi. “Mentre è risaputo che i maschi hanno più cellule NK rispetto alle femmine, non abbiamo capito perché l'aumento del numero di cellule NK non fosse più protettivo durante le infezioni virali. Si scopre che le femmine hanno più UTX nelle loro cellule NK rispetto ai maschi, il che consente loro di combattere le infezioni virali in modo più efficiente”, ha affermato la professoressa Maureen Su, docente di microbiologia, immunologia, genetica molecolare e di pediatria presso l'ateneo californiano.

È interessante notare che questa condizione legata all'efficacia delle cellule NK è stata dimostrata anche nei topi privi di gonadi, pertanto gli scienziati escludono che gli ormoni femminili giochino un ruolo in questa protezione dalle infezioni virali. C'è una base genetica e sarebbe appunto innescata dalla copia extra del gene UTX presente sul cromosoma X (i maschi, com'è noto, hanno la combinazione XY, mentre le femmine XX). I ricercatori, ad esempio, hanno scoperto che i topi con deficit di UTX avevano un tasso di mortalità superiore per il citomegalovirus. Alla luce di questi risultati gli autori dello studio sottolineano l'importanza di rivedere anche le terapie, includendo il sesso come fattore biologico chiave per progettare l'immunoterapia, come spiegato dal professor O'Sullivan. I dettagli della ricerca “The X-linked epigenetic regulator UTX controls NK cell-intrinsic sex differences” sono stati pubblicati sull'autorevole rivista scientifica Nature Immunology.

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