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Cambiamenti climatici

Perché il 2024 rischia di essere più caldo del rovente anno appena concluso

Il 2023 è stato recentemente proclamato l’anno più caldo di sempre, ma il 2024 potrebbe battere subito il record. Ecco perché secondo gli scienziati.
A cura di Andrea Centini
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Il 2023 è stato ufficialmente dichiarato l'anno più caldo di sempre, o meglio, da quando teniamo traccia della temperatura dell'aria superficiale a livello planetario. L'anno appena concluso, infatti, in base all'ultimo rapporto di Copernicus – la missione cogestita da Commissione Europea e Agenzia Spaziale Europea (ESA) – ha avuto una temperatura media di 14,98 °C, cioè 0,17° C in più rispetto rispetto al 2016, l'anno che deteneva il precedente record. I ricercatori hanno inoltre rilevato che nel 2023 la temperatura media è risultata essere di 0,60 °C più calda rispetto alla media storica di riferimento (1991 – 2020) e addirittura 1,48 °C più “rovente” rispetto all'epoca preindustriale, facente riferimento al cinquantennio 1850-1900. Siamo dunque arrivati a un passo da un riscaldamento di 1,5 °C, la soglia fissata con l'Accordo di Parigi su Clima (2015) oltre la quale, secondo gli esperti, andremo incontro alle conseguenze più catastrofiche e irreversibili della crisi climatica in corso. Ormai quello di 1,5 °C è un traguardo quasi certamente fuori portata per i prossimi anni, pertanto dovremmo impegnarci al massimo per restare entro e non oltre i 2 °C di riscaldamento.

A suffragare i risultati di Copernicus i nuovi dati dell'Organizzazione Meteorologica Mondiale (OMM o WMO), che ha consolidato sei serie di dati raccolti da altrettante fonti autorevoli. Secondo l'agenzia delle Nazioni Unite, infatti, nel 2023 è stato registrato un riscaldamento di 1,45 °C con un margine di errore di più o meno 0,12 °C rispetto ai livelli preindustriali, sempre considerati nell'intervallo tra il 1850 e il 1900. “Il cambiamento climatico è la sfida più grande che l’umanità deve affrontare. Colpisce tutti noi, soprattutto i più vulnerabili”, ha spiegato in un comunicato stampa la professoressa Celeste Saulo, direttrice del Servicio Meteorológico Nacional (SMN) argentino dal 2014 e Segretario generale dell'OMM a partire dal 1 gennaio del 2024. “Non possiamo permetterci di aspettare ancora. Stiamo già agendo, ma dobbiamo fare di più e dobbiamo farlo rapidamente. Dobbiamo ridurre drasticamente le emissioni di gas serra e accelerare la transizione verso fonti energetiche rinnovabili”, ha aggiunto la scienziata, che si è appena insediata presso la sede di Ginevra, in Svizzera.

A preoccupare gli esperti non è il singolo anno “bollente”, ma la tendenza della curva di riscaldamento in costante ascesa, come mostra il grafico sottostante. L'aumento infatti non è lineare – nel senso che non tutti gli anni sono più caldi dei precedenti – e i grafici estrapolati dai dati somigliano più ai denti di una sega, per citare un parallelismo fatto a Fanpage.it dal professor Luca Mercalli, climatologo e presidente della Società Meteorologica Italiana. Ma l'inclinazione di questa sega, il trend, è chiaramente orientata verso l'alto. Non è possibile sapere se il 2024 sarà più caldo del 2023, ma ci sono concrete possibilità ciò che possa accadere, a causa dell'influenza di El Niño, un fenomeno climatico ciclico caratterizzato da un riscaldamento delle acque superficiali dell’Oceano Pacifico centro-meridionale e orientale e dalle variazioni di pressione atmosferica (Oscillazione Meridionale) sul Pacifico centro-occidentale. Senza entrare troppo nei dettagli tecnici, questo fenomeno periodico determina un incremento temporaneo delle temperature globali, che va a sommarsi al riscaldamento globale indotto dalle emissioni di CO2 (anidride carbonica) e altri gas. Poiché solitamente El Niño, che si alterna al fenomeno opposto “raffreddante” La Niña, si è palesato nel 2023 e i suoi effetti più intensi si fanno sentire l'anno successivo, molti esperti ritengono che l'anno rovente appena trascorso diventerà rapidamente un lontano ricordo.

Credit: OMM
Credit: OMM

“Il passaggio dal raffreddamento di La Niña al riscaldamento di El Niño entro la metà del 2023 si riflette chiaramente nell’aumento della temperatura rispetto allo scorso anno. Dato che El Niño di solito ha il maggiore impatto sulle temperature globali dopo il suo picco, il 2024 potrebbe essere ancora più caldo”, ha dichiarato la professoressa Saulo. “Mentre gli eventi di El Niño si verificano naturalmente e vanno e vengono da un anno all’altro, i cambiamenti climatici a lungo termine si stanno intensificando, e questo è inequivocabilmente a causa delle attività umane. La crisi climatica sta peggiorando la crisi della disuguaglianza. Colpisce tutti gli aspetti dello sviluppo sostenibile e mina gli sforzi per affrontare la povertà, la fame, le malattie, gli sfollamenti e il degrado ambientale”, ha chiosato l'esperta. Anche il suo predecessore all'OMM Petteri Taalas aveva lanciato un allarme analogo sul 2024 "probabilmente più caldo del 2023" da record.

In precedenza il dottor Giulio Betti, climatologo presso il Consorzio LaMMA (Laboratorio di Monitoraggio e Modellistica Ambientale) e l’Istituto di Bioeconomia del CNR di Firenze, in un'intervista a Fanpage.it aveva affermato che l'effetto di El Niño dovrebbe esaurirsi entro la primavera di quest'anno, pertanto vi è maggiore incertezza sulle temperature della seconda metà dell'anno. In parole semplici, non è sicuro che il 2024 possa superare il 2023 poiché l'effetto del fenomeno riscaldante (naturale) si sommerà a quello dell'uomo solo per i primi mesi dell'anno appena iniziato, quindi non sappiamo quando si tireranno le somme, a gennaio 2025, se avremo o meno un detentore del nuovo record.

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Ciò che è certo è che secondo l'ONU la produzione di combustibili fossili sta aumentando e se continueremo a non tagliare le emissioni di carbonio, volano del cambiamento climatico, entro la fine del secolo si prevede un riscaldamento di 2,7 °C rispetto all'epoca preindustriale. Un valore enorme che avrebbe un impatto catastrofico sull'intera umanità e sugli equilibri ecologici del pianeta, a causa del conseguente crollo della biodiversità e delle alterazioni negli ecosistemi. Non c'è da stupirsi che il cambiamento climatico rappresenti per gli scienziati la principale minaccia esistenziale per la nostra specie. Di questo passo, potremmo perdere la civiltà come la conosciamo oggi in appena 30 anni.

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