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Perché basta un grado in più per scatenare eventi atmosferici estremi

Lo scienziato tedesco Stefan Rahmstorf spiega perché è sufficiente una leggera variazione nella temperatura media globale per scatenare eventi climatici estremi.
A cura di Andrea Centini
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Un lago prosciugato dal caldo estremo
Un lago prosciugato dal caldo estremo

Da alcune settimane l'Europa occidentale è investita da un'ondata di calore anomala, scatenata dall'anticiclone Africano sempre più dirompente e pervasivo, da tempo impegnato a scalzare dalle nostre estati il più gradevole anticiclone delle Azzorre. Questo e altri fenomeni alimentano il rischio di temperature ben superiori alla media, siccità, incendi e una maggiore instabilità delle condizioni meteorologiche. L'avvicendamento tra i due anticicloni, tecnicamente zone di alta pressione, è catalizzato sia da fattori naturali – come un indebolimento delle correnti a getto – che di origine antropica, in primis le emissioni di anidride carbonica (CO2) e altri gas a effetto serra dovuti alle attività umane, alla base del riscaldamento globale. Ciò sta portando a temperature record soprattutto in Francia, Spagna e Portogallo, dove ad oggi si registrano oltre 500 morti e decine di migliaia di ettari andati in fumo. Eppure la temperatura globale media è aumentata “soltanto” di 1,3° C rispetto all'epoca preindustriale. Com'è possibile che un solo grado di differenza (o poco più) sia sufficiente a scatenare questi e altri eventi atmosferici estremi, tanto da spingere gli scienziati a raccomandare di non superare 1,5° C?

Una risposta è arrivata via Twitter dal professor Stefan Rahmstorf, responsabile dell'Earth System Analysis di Potsdam presso l'Institute for Climate Impact Research e docente di Fisica degli Oceani all'Università di Potsdam (Germania), una città non distante da Berlino. Lo scienziato in un primo “cinguettio” ha specificato che, sebbene la temperatura globale media sia aumentata di 1,3° C, le aree terrestri si sono riscaldate molto più dell'oceano, “e la temperatura media globale consiste per il 70 percento dalla superficie dell'oceano”. In base a un grafico rilasciato dall'esperto, la temperatura superficiale terrestre tra il 1880 e il 2020 è aumentata di circa il triplo rispetto a quella della superficie del mare (0,27° C per decade contro 0,11° C).

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Lo scienziato ha inoltre rilasciato il link a un interessante modello climatico messo a punto dall'organizzazione senza scopo di lucro “Berkeley Earth” che ha sede a Berkeley, in California. Grazie ad esso è possibile selezionare una qualsiasi nazione e verificare non solo quanto è effettivamente aumentata la temperatura media per quel Paese, ma anche la proiezione al 2100, data in cui le conseguenze dei cambiamenti climatici si manifesteranno in tutta la loro distruttività, se non faremo nulla per contenere le emissioni di gas serra. Per quanto concerne l'Italia, al 2020 la temperatura media è aumentata di 2° C rispetto all'epoca preindustriale, mentre per il 2100 la proiezione vede un aumento drammatico di ben 4,6° C, con conseguenze agghiaccianti su tenuta degli equilibri degli ecosistemi, siccità, rischio di incendi ed eventi atmosferici catastrofici (come trombe d'aria violentissime), crollo della biodiversità, raccolti perduti, ondate di calore mortali e molto altro ancora.

In un secondo tweet il professor Rahmstorf ha spiegato che i valori estremi nelle temperature possono variare molto più della media a lungo termine, “perché i modelli meteorologici cambiano”. In parole semplici, anche se l'aumento attuale è in media di 1,3° C, possono manifestarsi picchi decisamente più significativi. Tra questi cambiamenti meteorologici figurano proprio le anomalie riscontrate nelle correnti a getto, veloci flussi d'aria che giocano un ruolo negli equilibri climatici mondiali. Come dimostrato dallo studio “Accelerated western European heatwave trends linked to more-persistent double jets over Eurasia” pubblicato sull'autorevole rivista scientifica Nature Communications da scienziati tedeschi del Potsdam Institute of Climate Impact Research (PIK), l'Europa si è trasformata in un vero e proprio “hotspot” per le ondate di calore, dove si registra una tendenza al rialzo “da tre a quattro volte più veloci rispetto al resto delle medie latitudini settentrionali negli ultimi 42 anni”. In pratica, l'alterazione delle correnti a getto, anch'esse influenzate dai cambiamenti climatici, stanno tropicalizzando l'Europa rendendola un forno.

Nel terzo e ultimo tweet il professor Rahmstorf specifica che i cambiamenti climatici influenzano anche la circolazione oceanica e con essa il rischio di eventi atmosferici estremi, anche con un aumento “limitato” delle temperature medie. “Il ‘blob freddo' atlantico dovuto al rallentamento dell'AMOC (il capovolgimento meridionale della circolazione atlantica NDR) tende ad aumentare il caldo estivo e la siccità in Europa”, specifica lo scienziato tedesco. Le conseguenze di questo fenomeno sono state dettagliate nello studio “Changes in North Atlantic Atmospheric Circulation in a Warmer Climate Favor Winter Flooding and Summer Drought over Europe” pubblicato sulla rivista scientifica dell'American Meteorological Society (AMS). In parole semplici, la circolazione oceanica alterata sta portando sull'Europa siccità / temperature record in estate e gravi inondazioni inverno. Non va inoltre dimenticato che l'accumulo di energia a causa dell'aumento estremo delle temperature si libera con violentissime perturbazioni. Per tutte queste ragioni dobbiamo fare il possibile per scongiurare un ulteriore incremento delle temperature medie; rischiamo infatti sofferenze indicibili e persino la fine della civiltà, se non faremo nulla contro le emissioni di gas serra.

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