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Covid 19

Ora sappiamo perché il coronavirus ha generato così tante varianti

Un team di ricerca australiano ha determinato che il coronavirus ha improvvise accelerazioni nel tasso di mutazione, in grado di dar vita a nuove varianti.
A cura di Andrea Centini
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Credit: NIAID
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Dall'inizio della pandemia di COVID-19 sono emersi innumerevoli ceppi del coronavirus SARS-CoV-2, che come ogni altro patogeno muta naturalmente replicandosi nell'ospite. La maggior parte di essi non ha mostrato differenze significative dal lignaggio ancestrale scoperto in Cina alla fine del 2019, mentre alcuni hanno dato vita alle cosiddette varianti di preoccupazione (VoC), ovvero l'Alpha, la Beta, la Gamma, la Delta e la Omicron, caratterizzate da una maggiore contagiosità, virulenza e/o capacità di eludere gli anticorpi neutralizzanti. Tra le loro caratteristiche che hanno lasciato perplessi gli esperti vi è il numero di mutazioni, che ha nettamente superato il tasso di mutazione medio di coronavirus simili al SARS-CoV-2. Generalmente questi patogeni mutano in modo costante, generando una nuova variante ogni anno o poco più, ma il nuovo virus ha dato vita a diverse varianti con molteplici mutazioni comparse all'improvviso. Di base il tasso di sostituzione di fondo del coronavirus è valutato in due mutazioni al mese. Dunque cosa è successo? Secondo gli esperti il coronavirus sarebbe in grado di accelerare improvvisamente il suo tasso di mutazione, ma solo per un certo lasso di tempo, per poi "calmarsi" e tornare al tasso normale.

A suggerire che il patogeno responsabile della pandemia di COVID-19 è in grado di accelerare repentinamente – e temporaneamente – il suo tasso di mutazione è stato un team di ricerca australiano del prestigioso Peter Doherty Institute for Infection and Immunity dell'Università di Melbourne. I ricercatori, coordinati dal dottor Sebastian Duchene, sono giunti alle loro conclusioni dopo aver analizzato le sequenze genomiche del virus caricati nel database internazionale GISAID. I ricercatori hanno sviluppato una sorta di “orologio molecolare” del SARS-CoV-2 e hanno analizzato l'evoluzione delle diverse varianti, determinando che l'emersione dei nuovi ceppi è guidato da un aumento episodico del tasso di sostituzione di fondo. L'incremento stimato è di circa quattro volte e può durare per settimane o mesi.

“La variante Delta, ad esempio, è emersa in sole sei settimane dalla sua forma ancestrale”, ha dichiarato il dottor Duchene in un comunicato stampa dell'istituto australiano. “Inizialmente si credeva che SARS-CoV-2 dovesse aver aumentato il suo tasso evolutivo in generale, ma in realtà è la capacità del virus di aumentare temporaneamente la sua velocità che sta causando la differenza di ritmo”, ha aggiunto lo scienziato, sottolineando che è come se qualcuno premesse l'acceleratore di un'auto. Ma da cosa è spinto questo peculiare fenomeno? Secondo gli esperti ci sono diversi fattori in grado spiegarlo: fra quelli citati figurano la selezione naturale che favorisce la fuga immunitaria; infezioni croniche in pazienti immunodepressi come i positivi all'HIV o chi soffre di patologie oncologiche; e una maggiore trasmissibilità nelle popolazioni non vaccinate, “che permettono al virus di diffondersi ed evolversi rapidamente”, si legge nel comunicato stampa. Alla luce di questa capacità del virus, che potrebbe portare a nuove varianti in futuro, gli scienziati continuano a raccomandare l'estrema importanza della vaccinazione anti Covid. I dettagli della ricerca “The Emergence of SARS-CoV-2 Variants of Concern Is Driven by Acceleration of the Substitution Rate” sono stati pubblicati sulla rivista scientifica specializzata Molecular Biology and Evolution.

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