Mostro di Loch Ness, le misteriose immagini di una fotocamera con esca recuperata nel lago dopo 55 anni

Un altro affascinante tassello è stato aggiunto al mistero del cosiddetto “mostro di Loch Ness”, una creatura gigantesca che secondo la leggenda si nasconderebbe nel grande lago in Scozia. Durante una spedizione di collaudo di un robot sottomarino, infatti, i ricercatori del National Oceanography Centre (NOC) del Regno Unito si sono imbattuti casualmente in una fototrappola perduta 55 anni fa nel cuore del bacino delle Highlands scozzesi. Come spiegato dall'istituto, si ritiene che sia una delle sei fotocamere “esca” lasciate nel lago negli anni '70 dal professor Roy Mackal dell'Università di Chicago, nel contesto dei progetti di ricerca del Loch Ness Investigation Bureau. L'organizzazione, fondata nel 1961, aveva lo scopo di trovare le prove dell'esistenza di “Nessie”, i cui primi presunti avvistamenti risalgono a circa 90 anni fa. Era infatti il 1933 quando i coniugi MacKay, che gestivano un albergo affacciato sul lago, dissero di aver visto delle strane gobbe sulla superficie del lago. Ad oggi non è stata trovata alcuna potenziale prova dell'esistenza di questa creatura mitologica; la maggior parte degli esperti ritiene che siamo innanzi alla classica leggenda metropolitana, tuttavia ricerche approfondite continuano ancora ai giorni nostri, alimentando il mito e il non trascurabile fattore economico. Ma torniamo alla fototrappola recuperata dal NOC.
Come indicato, il Loch Ness Investigation Bureau piazzò sei di questi ingegnosi dispositivi, ma tre andarono perduti a seguito di una tempesta, ha spiegato il National Oceanography Centre (NOC) in un comunicato stampa. Sarebbe proprio una di queste fotocamere disperse quella recuperata per caso dal sottomarino Autosub “Boaty McBoatface”, la cui elica è rimasta impigliata nell'ormeggio che teneva la fototrappola ancorata al fondale del lago, a ben 180 metri di profondità.
“Era una ingegnosa trappola fotografica composta da una macchina fotografica Instamatic a orologeria con un cubo flash incorporato, che consentiva di scattare quattro foto quando veniva innescata una lenza”, ha affermato Adrian Shine, fondatore del Loch Ness Project oltre mezzo secolo fa. “È notevole che la custodia abbia mantenuto la macchina fotografica asciutta per gli ultimi 55 anni, giacendo a circa 180 metri di profondità nel lago di Loch Ness”, ha chiosato l'uomo, uno dei più appassionati e assidui ricercatori della sfuggente creatura. In pratica, si trattava di un sistema automatizzato progettato per scattare fotografie subacquee in caso di azionamento da parte di “qualcosa”.

Oltre a essere intatta, la fototrappola ha anche catturato alcune immagini, rimaste impresse sulla vecchia ma efficiente pellicola. Ad attivare il meccanismo, probabilmente, le forti correnti che circolano sul fondale del lago. Gli ingegneri del NOC sono riusciti a estrapolarle e ciò che si vede è l'oscuro e torbido fondale dell'immenso lago scozzese, lungo circa 36 chilometri e con una profondità massima superiore ai 230 metri. Purtroppo nei fotogrammi non c'è nessuna traccia di Nessie, ma si vedono strane macchie e linee di difficile interpretazione.

Non è chiaro se si tratti di aberrazioni della pellicola o semplicemente di parti dell'ormeggio che manteneva fissa la fotocamera; ciò che è certo è che non si vede alcun animale simile a un plesiosauro. Questi rettili vissuti nel Mesozoico (dal Triassico al Cretaceo) non erano “dinosauri marini” come spesso vengono fatti passare, ma facevano parte di un ordine a se stante. I più noti erano quelli caratterizzati da un collo lunghissimo, testa piccola, corpo robusto e quattro arti simili a pagaie. Nessie, secondo la descrizione di chi ha affermato di averlo incontrato, avrebbe caratteristiche simili. Per gli scienziati, tuttavia, probabilmente si trattava solo di una grande anguilla, come evidenziato da un recente studio che ha raccolto e analizzato DNA ambientale dal lago.

La fototrappola e tutti gli altri reperti recuperati grazie al sottomarino Boaty McBoatface sono stati consegnati dai ricercatori del NOC al Loch Ness Centre, per arricchire il lungo elenco di cimeli legati alla caccia alla leggendaria creatura acquatica. “Sono passati più di 90 anni dal primo avvistamento di Nessie e da allora sono state effettuate numerose spedizioni per trovare l'inafferrabile bestia”, ha affermato Nagina Ishaq, direttore generale del Loch Ness Centre. “Siamo custodi di questa storia unica e, oltre a investire nella creazione di un'esperienza indimenticabile per i visitatori, ci impegniamo ad aiutare a continuare la ricerca e a svelare i misteri che si celano sotto le acque del famoso Loch. Vogliamo ringraziare di cuore NOC per averci consegnato la pellicola e la fotocamera, che crediamo siano state nascoste per oltre 50 anni, affinché tutti possano venire a scoprirle e lasciarsi ispirare da ciò che potrebbe essere nascosto nel misterioso lago”, ha chiosato la dirigente. Al netto degli interessi che girano intorno a questa vicenda, siamo comunque innanzi a un pezzo di storia che racconta l'ingegno e l'inventiva dietro l'assidua caccia decennale a una creatura mitologica.