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L’invasione di turisti fa sciogliere la neve dell’Antartide: perse 83 tonnellate per ogni visitatore

Un team di ricerca internazionale ha determinato che il continuo afflusso di turisti in Antartide sta accelerando lo scioglimento della neve.
A cura di Andrea Centini
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Il sempre più massiccio afflusso di turisti in Antartide sta accelerando lo scioglimento delle nevi, amplificando i drammatici effetti del riscaldamento globale. Ciascuno di essi, infatti, determina la perdita di 83 tonnellate di neve. La ragione risiede nei composti inquinanti rilasciati da aerei e navi per il trasporto dei visitatori, ma anche dai motori diesel a supporto dei pochi edifici presenti. Non a caso tra le aree più contaminate in assoluto vi sono quelle a ridosso delle stazioni da ricerca, frequentate da migliaia di scienziati ogni anno (il Polo Sud è l'unico continente in cui l'uomo non vive in modo permanente).

A determinare che il turismo sta incrementando lo scioglimento delle nevi in Antartide è stato un team di ricerca internazionale guidato da scienziati dell'Università di Santiago del Cile, che hanno collaborato a stretto contatto con i colleghi del Center for Environmental Remote Sensing dell'Università di Chiba (Giappone), dell'Università Andrés Bello, del Dipartimento di Chimica dell'Università di Pudget Sound (Stati Uniti), dell'Instituto Venezolano de Investigaciones Cientificas (IVIC) e di molti altri centri di ricerca. Gli scienziati, coordinati dal professor Raúl Cordero dell'ateneo cileno, sottolineano che il principale responsabile di questo scioglimento di origine antropica è il nerofumo, una sostanza nota anche con i nomi di nero di carbone / di carboniocarbon black che deriva dalla combustione incompleta di prodotti petroliferi pesanti come catrame di carbone fossile, catrame da cracking di etilene e materia di origine vegetale.

Questo pigmento si deposita sulla superficie candida della neve o del ghiaccio antartico, abbattendo l'albedo – cioè la capacità di riflettere la luce del sole – e aumentando l'assorbimento del calore, che accelera lo scioglimento degli strati superficiali e catalizza gli effetti del riscaldamento globale. Secondo i calcoli degli scienziati, tra il 2016 e il 2020 ha visitato l'Antartide una media di oltre 50mila turisti all'anno, con un afflusso record di 74mila visitatori tra il 2019 e il 2020. È il 32 percento in più rispetto al 2018-2019 e circa il doppio rispetto a dieci anni fa. La stragrande maggioranza dei turisti (95 percento) si concentra sulla penisola antartica, dove è ospitata anche la metà delle oltre 70 stazioni da ricerca. Non a caso proprio qui è stata trovata la concentrazione superiore di nerofumo.

Il professor Cordero e i colleghi hanno campionato la neve in 28 siti dell'Antartide, trovando che nella maggior parte di essi i livelli di nerofumo erano di appena una parte per miliardo, estremamente più bassi rispetto ad altri luoghi della Terra. “Questo è 1000 volte meno di quello che potresti trovare sull'Himalaya e 100 volte meno di quello che puoi trovare sulle Ande o sulle Montagne Rocciose”, ha dichiarato lo scienziato al Guardian. Tuttavia nelle aree più frequentate da turisti e ricercatori i livelli di nero di carbonio erano fino a quattro volte superiori rispetto ad altre zone del continente.

Poiché il nerofumo riduce l'albedo di neve e ghiaccio, i ricercatori hanno calcolato che per ogni turista che visita l'Antartide si determina uno scioglimento di 83 tonnellate di neve. Dal punto di vista dello spessore, è stato calcolato che ogni estate nelle aree frequentate dai visitatori si perdono 23 millimetri di neve dalla superficie. I ricercatori sottolineano che esistono delle alternative più ecologiche ai motori diesel, inoltre che la causa principale dello scioglimento del ghiaccio resta l'aumento delle temperature dovuto ai cambiamenti climatici. Ma di certo il costante e incrementale afflusso di turisti non sta facendo bene al Polo Sud, dalla cui tenuta dipendono molti degli equilibri ambientali globali, dall'atmosfera al livello del mare. I dettagli della ricerca “Black carbon footprint of human presence in Antarctica” sono stati pubblicati sulla rivista scientifica Nature.

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