La Porta dell’Inferno arde da 50 anni ma ora l’incendio è prossimo a spegnersi: cosa sta succedendo

Nel cuore del deserto di Karakum, in Turkmenistan, c'è un incendio che arde da oltre mezzo secolo. Si tratta del cratere di gas di Darvaz, popolarmente conosciuto con i nomi di “Porta dell'Inferno” e “Cancelli degli Inferi”, una delle principali attrazioni turistiche dell'ex repubblica sovietica (divenuta indipendente dopo il crollo dell'URSS). Sono migliaia le persone che ogni anno si avvicinano al sito per osservare queste fiamme perenni, un po' come avviene per le magnifiche Eternal Flame Falls nello Stato di New York, dove una fiamma brucia da secoli protetta da un piccola grotta sita dietro una cascata.
Il cratere di Darvaz non va confuso con quello di Batagaika in Siberia, anch'esso conosciuto come Porta dell’Inferno pur presentando caratteristiche profondamente diverse. Quest'ultima struttura geologica, sita nella catena montuosa di Chersky, è infatti una depressione larga circa 1 chilometro e profonda 100 metri, che continua ad allargarsi anno dopo anno a causa dello scioglimento del permafrost, il ghiaccio perenne (un processo che ha fatto emergere spettacolari fossili di animali preistorici, come questo puledro in perfette condizioni e una piccola mammut). Il cratere gassoso in Turkmenistan, largo una settantina di metri, profondo 20 metri e ubicato nei pressi del piccolo villaggio di Derweze (circa 350 anime), si è invece formato a causa del crollo del terreno mentre ricercatori sovietici cercavano petrolio nella zona, all'inizio degli anni '70 del secolo scorso.
Come si è formata la Porta dell'Inferno
Fu proprio questa spedizione responsabile dell'incendio tuttora in corso, sebbene meno “spettacolare” che in passato e con buone probabilità di spegnersi nel prossimo futuro. Nel 1971 i ricercatori sovietici piazzarono diversi strumenti scientifici per l'individuazione del petrolio nel sottosuolo, tuttavia il fragile terreno franò inghiottendo tutti i pesanti dispositivi. Fortunatamente nessun ricercatore finì nella voragine, una caverna sotterranea esposta dal crollo. Invece del petrolio gli studiosi trovarono il gas naturale metano (CH4), in quantità spaventose. A causa nell'enorme flusso tossico riverso in atmosfera dopo l'incidente, i ricercatori decisero di incendiare il deposito per impedire l'avvelenamento delle comunità circostanti. Ritennero che quell'incendio si sarebbe spento in pochi giorni con l'esaurimento del metano, ma oggi, oltre mezzo secolo dopo, le fiamme continuano ad ardere a causa della continua immissione di metano, che proviene da diversi strati. Le fiamme oggi sono comunque meno spettacolari che in passato, soprattutto dopo i recenti interventi delle autorità del Turkmenistan.

Perché la Porta dell'Inferno si sta spegnendo
Il metano, oltre a essere tossico e quindi pericoloso per la salute, è uno dei principali gas climalteranti assieme alla CO2 (anidride carbonica). Secondo i dati del Global Warming Power l'effetto serra che determina è circa 30 volte superiore rispetto alla CO2, tuttavia persiste per molto meno in atmosfera, limitando il suo catastrofico impatto. Ad ogni modo il gas naturale è uno dei volani del riscaldamento globale e dunque della crisi climatica in atto, anche per questo il Turkmenistan ha deciso di intervenire per bloccare il flusso che fuoriesce dal cratere di Darvaz. Come spiegato dalla società energetica statale Turkmengaz in un comunicato stampa, i ricercatori del Natural Gas Research Institute hanno avviato un progetto di perforazione nel giacimento di Chaljulba, di cui fa parte anche quello di Darvaz. Sono stati creati diversi pozzi per favorire l'estrazione del gas, che stanno facendo diminuire sensibilmente la pressione all'interno del cratere e dunque la presenza di gas naturale che alimenta le fiamme.

“Nuovi pozzi ad alto flusso sono stati perforati in prossimità del cratere, aumentando significativamente l'estrazione di gas. Da dicembre 2024, due pozzi sono già operativi e il tasso mensile di estrazione di gas è aumentato di parecchie volte”, spiega l'agenzia governativa. “Attualmente è iniziata la fase successiva del programma, che include la deconservazione di altri pozzi, e la perforazione di un altro nuovo pozzo con un elevato afflusso di gas è stata completata nel febbraio 2025”, ha chiosato. I risultati sono evidenti; se infatti le fiamme all'interno del cratere fino a qualche anno fa erano visibili a chilometri di distanza, ora bisogna avvicinarsi molto. La combustione spontanea è diminuita del 300 percento grazie ai nuovi interventi e in un prossimo futuro l'incendio potrebbe spegnersi per sempre.