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La misteriosa “zona di incertezza” del cervello si comporta in modo di inaspettato

Lo ha scoperto un team di ricerca tedesco, rilevando un modo non convenzionale nel gestire la formazione della memoria.
A cura di Valeria Aiello
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Un’area cerebrale poco studiata, nota come “zona di incertezza” o “zona incerta”, sembra gestire la formazione della memoria in tandem con la neocorteccia, la parte più estesa e complessa del nostro cervello, a lungo considerata il sito immagazzinamento definitivo dei ricordi a lungo termine. Ma come fa la “zona di incertezza” a depositare le tracce di eventi ed esperienze passate nella neocorteccia? Un team di ricerca tedesco ha recentemente scoperto che quest’area cerebrale utilizza un modo non convenzionale per controllare rapidamente formazione della memoria, fornendo la prima analisi funzionale di come questa strategia influenzi l’elaborazione delle informazioni nella neocorteccia.

La "zona di incertezza" del cervello influenza la capacità di formare ricordi

Per formare i ricordi, il cervello deve stabilire connessioni tra i segnali sensoriali “dal basso verso l’alto” derivati dagli stimoli ambientali e i segnali “dall’alto verso il basso” generati internamente, che trasmettono informazioni sulle esperienze passate e sugli obiettivi attuali. I segnali “dall’alto verso il basso”, al centro della ricerca, condividono tutti una serie di caratteristiche comuni – segnalano attraverso l’eccitazione sinaptica, il modo standard di inviare informazioni tra le regioni corticali, e mostrano anche un regime comune per la codifica della memoria – , ma un tipo molto più raro e meno numeroso di segnali, chiamati percorsi inibitori a lungo raggio, stimola un potenziamento negativo delle sinapsi, che prove crescenti suggeriscono abbia effetti sorprendentemente robusti sulla funzione e sul comportamento della rete neurale.

Per verificare se tali input negativi siano presenti nella corteccia e, in tal caso, in che misura contribuiscano alla formazione della memoria, i ricercatori della Facoltà di Medicina dell’Università di Friburgo, guidati dal professor Johannes Letzkus e il Max Planck Institute for Brain Research di Francoforte sul Meno hanno concentrato i loro sforzi nel monitoraggio delle risposte delle singole sinapsi della “zona incerta” nella neocorteccia di modelli murini.

L’indagine, i cui risultati sono stati appena pubblicati sulla rivista scientifica Neuron, ha rivelato che le sinapsi della “zona di incertezza” codificano l’esperienza di apprendimento in modo unico e bidirezionale. “I risultati sono stati sorprendenti – ha affermato Anna Schroeder, prima autrice dello studio e ricercatrice post-dottorato nel laboratorio del professor Letzkus – . Mentre circa la metà delle sinapsi ha sviluppato risposte positive più forti durante l’apprendimento, l’altra metà ha fatto esattamente l’opposto. Ciò che abbiamo osservato è stata quindi una completa ridistribuzione dell’inibizione all’interno del sistema dopo l’apprendimento”.

In altre parole, la zona di incertezza influenza la formazione dei ricordi attraverso questo tipo meno comune di segnale dall’alto verso il basso, chiamato appunto percorso inibitorio a lungo raggio che, come suggerisce il nome, esercita un’azione inibitoria, sopprimendo o bloccando il percorso secondo necessità.

In esperimenti separati, la dottoressa Schroeder ha inoltre scoperto che mettere a tacere questi percorsi durante la fase di apprendimento danneggia successivamente la traccia della memoria, indicando che la funzionalità bidirezionale che si verifica in queste segnalazioni è necessaria per l'apprendimento. E ha anche osservato che questi percorsi inibitori formano preferenzialmente connessioni funzionali con altri neuroni inibitori nella neocorteccia, creando un circuito disinibitorio a lungo raggio. “Questa connettività implica che un’attivazione della zona incerta debba tradursi in un’eccitazione netta dei circuiti neocorticali – ha aggiunto la ricercatrice – . Tuttavia, la combinazione di questa eccitazione con la ridistribuzione dell’inibizione che vediamo con l’apprendimento mostra che questo percorso probabilmente ha conseguenze ancora più complesse nell’elaborazione neocorticale”.

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