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Una bomba atomica può davvero incendiare tutta l’atmosfera della Terra? La verità dietro Oppenheimer

Nel film Oppenheimer di Cristopher Nolan si racconta di una paura condivisa tra gli scienziati del Progetto Manhattan, il programma di ricerca che lavorava alla prima bomba atomica. Secondo il film il rischio più grande era che dopo il primo test atomico tutta l’atmosfera terrestre si incendiasse, distruggendo la vita sulla Terra per come la conosciamo.
A cura di Valerio Berra
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“Ora sono diventato Morte, il distruttore di mondi”. Sono queste le parole, mutuate da un testo delle scritture Indù, che vengono attribuite a J. Robert Oppenheimer. È lui il fisico che ha guidato il Progetto Manhattan, il colossale piano di ricerca scientifica che ha portato allo sviluppo della bomba atomica. La sua storia è raccontata nel film Oppenheimer, ultima pellicola del regista Cristopher Nolan. Nei 180 minuti in cui si sviluppa Oppenheimer sullo schermo compaiono decine di protagonisti della comunità scientifica di allora. Ci sono Albert Einstein, Niels Bohr e Werner Heisenberg. Ma soprattutto ci sono tutte le teorie scientifiche che ruotavano attorno alla costruzione della bomba atomica.

Fra queste ne torna spesso una. Stando alla sceneggiatura di Oppenheimer gli scienziati avevano paura che la reazione a catena scatenata dalla bomba atomica avrebbe incendiato tutta l’atmosfera attorno alla Terra, trasformando così il nostro Pianeta in un luogo discretamente inospitale per la vita di molte specie. A partire dall'uomo. Senza bisogno di fare spoiler, alla fine la Storia è andata da un’altra parte. Ma questa era davvero una paura dei ricercatori?

La reazione a catena della bomba atomica

Il fisico e giornalista scientifico Giorgio Sestili ha spiegato a Fanpage.it che in effetti l’ipotesi della combustione dell’atmosfera era stata presa in considerazione ma prima del test della bomba atomica era già stata smentita da una serie di ricerche. Partiamo però dalla reazione a catena. “La bomba atomica si basa sulla fissione nucleare. È un principio secondo cui un atomo bombardato da un neutrone si divide in altri atomi con numeri atomici inferiori, che a loro volto si dividono in altri atomi e scatenano così così una reazione a catena. Gli scienziati che hanno lavorato alla bomba atomica si sono interrogati sul fatto che questa reazione a catena potesse trasferirsi anche gli atomi di azoto presenti nell’atmosfera”.

Questa possibilità era già stata esclusa prima del test. La prova è un paper scientifico intitolato “Ignition of the atmosphere with nuclear bombs”, “Combustione dell’atmosfera con bombe nucleari”. Il paper è stato pubblicato nel 1946 ed è rimasto secretato fino al 1973. La data di pubblicazione è successiva a quella del primo test atomico (18 luglio 1945) ma la firma è di Hans Bethe. Particolare non da poco, visto che Bethe era uno degli scienziati che insieme a Oppenheimer ha guidato il Progetto Manhattan.

“Nell’articolo di Bethe si dice che lo scenario in cui una bomba atomica provoca una reazione a catena nell’atmosfera è altamente improbabile”. Quindi non impossibile, si potrebbe dire. Invece, spiega sempre Sestili, la formula “altamente improbabile” nel gergo della fisica vuol dire molto di più: “In fisica si ragiona sempre in termine probabilistici. Dire che una reazione a catena è altamente improbabile per gli scienziati equivale ad avere una certezza”.

Gli effetti non previsti delle radiazioni

Gli scienziati del progetto Manhattan si sono comunque lasciati sfuggire qualcosa. “Sia nei test degli Stati Uniti che in quelli organizzati anni dopo in Francia non sono stati tenuti in conto gli effetti a lungo termine delle radiazioni e dell’irraggiamento. Un errore che poi ha causato malattie legate alle radiazioni tra le persone che abitavano attorno alle aree di test”. Questo errore sui calcoli riflette però un clima di lavoro che ha accompagnato tutto il progetto: “I ricercatori del progetto Manhattan erano sottoposti a pressioni enormi. C’era da vincere una guerra e da definire nuovi equilibri mondiali. Il lavoro degli scienziati non è staccato dal momento storico in cui operano”.

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