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Il virus dell’herpes labiale geneticamente modificato può sconfiggere diversi tipi di cancro

Lo suggeriscono i primi risultati della sperimentazione clinica, presentati al Congresso della Società Europea di Oncologia Medica (ESMO) 2022: “Segni di efficacia in pazienti con tumori avanzati difficili da trattare”.
A cura di Valeria Aiello
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Una versione geneticamente modificata del virus dell’herpes labiale, l’herpes simplex virus di tipo 1 (HSV-1), ha mostrato di poter sconfiggere diversi tipi di cancro, distruggendo direttamente le cellule tumorali e attivando anche la risposta del sistema immunitario contro le stesse. Lo suggeriscono i primi risultati, presentati al Congresso della Società Europea di Oncologia Medica (ESMO) 2002 di Parigi, dello studio di sperimentazione clinica di fase 1 che sta testando sicurezza e dosaggio, oltre a valutare la capacità di ridurre i tumori, della versione modificata dell’HSV-1 in pazienti con carcinomi avanzati difficili da trattare – tra cui cancro della pelle (melanoma cutaneo), delle ghiandole salivari (carcinoma mucoepidermoide), dell’esofago (carcinoma esofageo), dell’occhio (melanoma uveale) e della testa e del collo (carcinoma squamocellulare della testa e del collo) – che non rispondevano ad altri trattamenti farmacologici, inclusa l’immunoterapia con inibitori del checkpoint (anti-PD1).

Cos’è e come funziona il virus dell’herpes labiale geneticamente modificato

La versione modificata dell’HSV-1, denominata RP2 e prodotta dall’azienda americana di biotecnologie Replimune, è un virus ad attività oncolitica che è stato progettato per avere una doppia azione contro i tumori, infettando e moltiplicandosi solo all’interno delle cellule tumorali fino a farle scoppiare (lisi tumorale) e bloccando anche una proteina nota come CTLA-4 che rimuove i freni al sistema immunitario, aumentando la sua capacità di eliminare le cellule tumorali. RP2 è stato anche progettato per produrre molecole chiamate GM-CSF e GALV-GP-R, che conferiscono al virus capacità aggiuntive in grado di stimolare ulteriormente il sistema immunitario ad agire contro il cancro.

Questo tipo di immunoterapia oncolitica sperimentale viene iniettata direttamente nei tumori ed è stata testata sia da sola sia in combinazione con l’immunoterapia nivolumab in un gruppo iniziale di 30 pazienti nello studio di fase I in corso. I cicli di trattamento hanno previsto un’iniezione intratumorale iniziale seguita da un massimo di sette dosi aggiuntive ogni due settimane per 4 mesi.

I primi risultati della sperimentazione clinica di RP2

Un team di ricercatori dell’Institute of Cancer Research di Londra e della Royal Marsden NHS Foundation Trust di Chelsea, nel Regno Unito, ha esaminato i dati preliminari dello studio, rilevando che l’immunoterapia oncolitica RP2 ha mostrato segni di efficacia in 10 pazienti trattati su 30, di cui 3 monoterapia e 7 in terapia di combinazione con nivolumab. Del primo gruppo, un paziente con cancro alle ghiandole salivari ha riportato la completa regressione del tumore, rimanendo libero dal cancro a 15 mesi dall’inizio del trattamento. Gli altri due pazienti di questo gruppo, che avevano un cancro esofageo e un melanoma uveale, entrambi con metastasi al fegato, hanno riportato regressione tumorale e stanno ancora rispondendo al trattamento rispettivamente a 18 e 15 mesi dall’inizio della terapia, il che significa assenza di progressione della malattia.

Anche i sette pazienti che hanno ricevuto la terapia di combinazione RP2 + nivolumab hanno beneficiato del trattamento (quattro pazienti con melanoma cutaneo, due con melanoma uveale e uno con carcinoma squamocellulare della testa e del collo), osservando un arresto o una riduzione della crescita tumorale. Di questi sette pazienti, sei sono rimasti liberi da progressione a 14 mesi.

I ricercatori hanno inoltre riscontrato cambiamenti positivi nel “microambiente immunitario” del tumore, l’area adiacente al tumore, dove hanno riscontrato un maggior numero di cellule immunitarie nell’area, comprese le cellule T CD8+, e geni “accesi” collegati alla risposta immunitaria anti-cancro. Riguardo invece gli effetti collaterali, l’immunoterapia oncolitica RP2 ha mostrato eventi indesiderati lievi, principalmente febbre, brividi e affaticamento, e in nessun caso è si è reso necessario l’intervento medico.

A sottolineare la rilevanza dei risultati è stato il responsabile dello studio, il professor Kevin Harrington, docente di terapie biologiche contro il cancro presso l’Institute of Cancer Research. “È raro vedere tassi di risposta così buoni negli studi clinici in fase iniziale, poiché il loro obiettivo principale è testare la sicurezza del trattamento e perché questi studi coinvolgono pazienti con tumori molto avanzati per i quali i trattamenti attuali hanno smesso di funzionare – ha detto il professor Harrington che è anche consulente oncologo presso la Royal Marsden NHS Foundation Trust –  . I risultati preliminari della sperimentazione suggeriscono che una forma geneticamente modificata del virus dell’herpes potrebbe potenzialmente diventare una nuova opzione di trattamento per alcuni pazienti con tumori avanzati, compresi quelli che non hanno risposto ad altre forme di immunoterapia. Non vedo l’ora di vedere se continueremo ad osservare benefici mentre trattiamo un numero crescente di pazienti”.

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