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Il picco massimo dell’attività solare arriverà un anno prima: cosa significa e quali sono i rischi

Secondo uno studio il picco massimo dell’attività magnetica del Sole si verificherà con circa un anno di anticipo, inoltre il numero di macchie solari previsto sarà doppio rispetto a quello calcolato dai modelli ufficiali. Cosa significa e quali sono i rischi.
A cura di Andrea Centini
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Credit: Spaceweather.com
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L'attività magnetica del Sole si basa su un peculiare ciclo della durata di 11 anni, caratterizzato da un picco massimo e uno minimo, a loro volta legati a specifici eventi (ad esempio è coinvolto il numero delle macchie solari). Secondo il modello messo a punto dagli scienziati dello Space Weather Prediction Center della NOAA, l'agenzia federale statunitense deputata al monitoraggio di fenomeni atmosferici, oceanici e del meteo spaziale, il picco massimo del ciclo in corso è previsto per luglio 2025. Un altro studio, tuttavia, attraverso un sistema alternativo ha previsto che il picco massimo sarà raggiunto circa un anno prima, nella seconda metà del 2024, verso la fine. Ma non solo. Gli autori della ricerca hanno previsto anche un numero di macchie solari addirittura doppio rispetto a quanto preventivato dal modello di riferimento per gli scienziati. Come specificato in un articolo pubblicato su The Conversation dal professor Daniel Brown, docente di Astronomia presso la Nottingham Trent University (Regno Unito), le attuali osservazioni della nostra stella sembrano dare ragione alla ricerca e non ai modelli predittivi ufficiali.

La previsione "ufficiale" del picco massimo. Credit: NOAA
La previsione "ufficiale" del picco massimo. Credit: NOAA

A determinare che il picco massimo del ciclo undecennale del Sole arriverà con quasi un anno di anticipo, ovvero nella seconda parte del 2024 rispetto a luglio 2025, è stato un team di ricerca internazionale guidato da scienziati americani dell'Università del Maryland del Goddard Space Flight Center della NASA, che hanno collaborato a stretto contatto con i colleghi dell'Osservatorio ad alta quota – Centro nazionale per la ricerca atmosferica di Boulder e del Centro per la Fusione, lo Spazio e l'Astrofisica dell'Università di Warwick (Regno Unito). I ricercatori, coordinati dal professor Robert J. Leamon e dal vicedirettore del Centro nazionale per la ricerca atmosferica (NCAR) Scott McIntosh, hanno costruito le proprie previsioni basandosi sull'esistenza di un fenomeno solare scoperto di recente, il “terminatore”, legato alla fine di un ciclo di attività magnetica all'equatore del Sole e all'inizio di un altro ciclo di formazione di macchie solari alle medie latitudini.

Quando si verifica il terminatore “sparisce” l'ultima macchia solare del ciclo solare precedente e inizia il nuovo, come spiegato dal professor Brown. Ricordiamo che le macchie solari sono regioni più scure e fredde sulla fotosfera, la superficie del Sole. Originano nelle regioni in cui i campi magnetici diventano così intensi da impedire al calore prodotto dalla reazioni nucleari nel cuore della stella di giungere in superficie. Pur essendo più fredde delle aree circostanti non significa che siano realmente fredde, dato che comunque arrivano a 3.700 °C di temperatura. Analizzando più a fondo le macchie solari e le loro caratteristiche caratteristiche, il professor Leamon e i colleghi sono giunti alla conclusione di un anticipo del picco massimo e del raddoppio nel numero di macchie solari. Ma cosa comporta tutto questo?

Il Sole. Al centro la grande macchia solare AR3090. Credit: Andrea Centini
Il Sole. Al centro la grande macchia solare AR3090. Credit: Andrea Centini

La differenza sostanziale tra il minimo e il massimo del ciclo di attività magnetica risiede nel fatto che nel secondo (e nella fase di avvicinamento) il Sole è molto più “irrequieto”, dando via a un numero superiore di brillamenti, espulsioni di massa coronale (CME) e altri fenomeni di eruzione solare. Questi eventi hanno un impatto significativo sulla Terra, dato che possono dar vita a violente tempeste geomagnetiche. Se il nostro pianeta si trova sulla “linea di tiro” di un flusso di vento solare particolarmente energetico, le conseguenze possono essere potenzialmente catastrofiche. Una tempesta geomagnetica di Classe G5 come il famigerato Evento di Carrington del 1859, in un mondo iperconnesso e tecnologico come quello attuale avrebbe effetti devastanti su linee elettriche, connessioni internet, comunicazioni radio, navigazione satellitare e molto altro ancora. Secondo alcuni esperti sarebbe in grado di farci piombare in un Medioevo tecnologico per settimane o mesi.

Sapere quando si manifesta (più o meno esattamente) il massimo solare può aiutare gli esperti a prevedere con precisione l'intervallo in cui si verificherà la maggiore frequenza di eventi solari potenzialmente pericolosi per la Terra, adottando contromisure per tutelare missioni spaziali e satelliti. Questi ultimi sono particolarmente esposti al meteo solare e possono essere “fritti” o addirittura precipitare in presenza di una tempesta geomagnetica, anche non particolarmente intensa. È accaduto a 40 satelliti della rete Starlink poco dopo il lancio; quando le particelle cariche elettricamente (plasma) del vento solare raggiungono la bassa atmosfera terrestre, infatti, la riscaldano e la rendono più densa, aumentando sensibilmente la resistenza dell'aria. Satelliti appena lanciati in queste condizioni possono non raggiungere l'orbita prestabilita e finire per distruggersi, come accaduto a quelli di Elon Musk. “La nostra società si sviluppa costantemente in modi che ci rendono sempre più dipendenti dalle infrastrutture elettriche. Stiamo anche espandendo la nostra tecnologia nello spazio – una tecnologia che è vulnerabile se non monitoriamo il meteo spaziale e la sua fonte, il Sole”, ha affermato il professor Brown. “Se sappiamo cosa accadrà, possiamo prepararci. Le reti elettriche vengono progettate per essere meno soggette a sbalzi di tensione e i satelliti vengono progettati per superare meglio le condizioni meteorologiche spaziali”, ha chiosato l'esperto.

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