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Il nostro corpo emette un bagliore visibile che si spegne quando moriamo: cos’è l’UPE

Un team di ricerca canadese ha dimostrato che gli esseri viventi emettono una debole luce mentre sono in vita, che tuttavia si attenua fino a spegnersi dopo la morte. Cos’è l’emissione di fotoni ultradeboli biologici (UPE) e perché può essere preziosa nella diagnostica.
A cura di Andrea Centini
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I ricercatori hanno dimostrato che gli esseri viventi emettono una debole luce visibile, che si spegne al sopraggiungere della morte. In altri termini, quando la vita termina, si smette di brillare. Letteralmente. Quella rilevata è una luminosità talmente tenue che per coglierne i fotoni sono necessari sofisticati strumenti di laboratorio. Tuttavia, gli scienziati sono riusciti a identificarla analizzando sia i topi che le foglie di alcune piante. Tenendo presenti i processi biologici alla base di questo affascinante fenomeno naturale di chemiluminescenza, si ritiene che anche tutti gli altri animali – compreso l’essere umano – e gli organismi vegetali emettano un proprio bagliore chiamato UPE.

In passato, l’emissione di fotoni ultradeboli biologici (Ultra-Weak Photon Emission o UPE), era già stata osservata in tessuti e cellule isolate di molteplici organismi, inclusi quelli umani, ma mai in esseri viventi interi come nella nuova ricerca. Questa luce nello spettro visibile è talmente debole che siamo nell’ordine di 10-1.000 fotoni emessi ogni secondo per centimetro quadrato di tessuto, con una lunghezza d’onda compresa tra 200 e 1.000 nanometri. Questa debolissima luminosità è associata a fenomeni biochimici e al metabolismo cellulare, come lo stress ossidativo e la comunicazione intracellulare. Inoltre, la sua intensità può variare a seconda dello stato di salute dell’organismo che la emette. Proprio per questo, secondo alcuni ricercatori, riuscire a rilevare l’UPE potrebbe rappresentare un metodo diagnostico efficace e non invasivo, in grado di determinare lo stato di stress di determinati tessuti o dell’intero individuo.

A rilevare l’emissione di fotoni ultradeboli biologici in modelli murini (topi) e foglie, osservandone il calo dopo la morte, è stato un team di ricerca internazionale guidato da scienziati canadesi dell’Istituto per la Scienza e la Tecnologia Quantistica dell’Università di Calgary, in collaborazione con i colleghi del Dipartimento di Fisica e Astronomia e del Consiglio Nazionale delle Ricerche del Canada. I ricercatori, coordinati da D. Oblak e V. Salari, sono giunti alle loro conclusioni dopo aver analizzato topi e foglie con sofisticate telecamere a dispositivo ad accoppiamento di carica a moltiplicazione di elettroni (EMCCD) e a dispositivo ad accoppiamento di carica (CCD). Si tratta di strumenti talmente sensibili da riuscire a rilevare singoli fotoni nello spettro della lunghezza d’onda visibile “con basso rumore ed efficienze quantiche superiori al 90 percento”, spiegano gli scienziati nell’abstract dello studio.

L’esperimento sui roditori risulta controverso perché gli animali sono stati inizialmente posizionati in una scatola buia da vivi per rilevare l’emissione di fotoni; successivamente sono stati soppressi e riscaldati a una temperatura uguale a quella dell’organismo vivo, per escludere l’eventuale influenza del calore nell’emissione della luce. Ebbene, come indicato, il debole bagliore si è praticamente spento dopo la morte dei topi, nonostante fossero mantenuti alla stessa temperatura della vita. Per quanto riguarda le foglie delle piante – appartenenti a due organismi modello per la ricerca, Arabidopsis thaliana ed Heptapleurum arboricola – i ricercatori hanno osservato un aumento dell’UPE in corrispondenza dei danni e in relazione a un incremento delle temperature, dopo un’analisi durata 16 ore. Anche l’applicazione dell’anestetico locale benzocaina sulle lesioni ha determinato un incremento nell’emissione di fotoni ultradeboli biologici.

Secondo il professor Oblak e colleghi, la possibilità di ottenere immagini attraverso queste tecnologie potrebbe trasformarsi in uno strumento diagnostico non invasivo per determinare le condizioni di salute umane. I dettagli della ricerca, “Imaging Ultraweak Photon Emission from Living and Dead Mice and from Plants under Stress”, sono stati pubblicati sulla rivista scientifica The Journal of Physical Chemistry Letters dell’ACS.

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