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Il lato oscuro del Premio Nobel: la “regola del tre” detestata dalla comunità scientifica

Pur essendo il premio più prestigioso in campo scientifico, il Nobel ha alcuni limiti che indispettiscono e non poco la comunità dei ricercatori. La regola del tre è probabilmente il più inviso di tutti. Ecco di cosa si tratta.
A cura di Andrea Centini
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Esistono molteplici premi per omaggiare le scoperte più significative in ambito scientifico e le opere letterarie più influenti, ma il Premio Nobel resta indiscutibilmente il più prestigioso e conosciuto, per storia, retaggio e autorevolezza. Per fare un semplice parallelismo, si può dire che un Nobel sta alla sapienza come una medaglia d'oro alle Olimpiadi sta alle discipline sportive. Nulla può eguagliarlo. Ciò nonostante, per molti inizia a sentire in modo quasi insostenibile il peso di oltre 120 anni di storia sulle spalle. Una delle ragioni principali risiede nel fatto che, per quanto concerne le Scienze, vengono tagliate fuori dalla premiazione materie come la Matematica, le Scienze della Terra, l'Oceanografia, l'Informatica e altre ancora.

I premi Nobel per la Scienza sono infatti solo tre: quello dedicato alla Fisiologia o Medicina, che nel 2023 è stato assegnato a Katalin Karikó e Drew Weissman per scoperte che hanno permesso di sviluppare i vaccini anti Covid a mRNA; quello per la Fisica, che verrà assegnato il 2 ottobre 2023; e quello per la Chimica, atteso invece per il 3 ottobre 2023. Questi premi vengono assegnati sin dal 1901 per volere dell'imprenditore, chimico, poeta e filantropo svedese Alfred Nobel, che decise di destinare la sua grande fortuna – è stato l'inventore della dinamite – per omaggiare le più alte eccellenze nei campi da lui decisi. Insomma, se un geologo dovesse scoprire come prevedere i terremoti, molto probabilmente rimarrebbe a bocca asciutta.

Ma non è questo (discusso) dettaglio a far sollevare il maggior numero di sopracciglia nella comunità scientifica. In base allo Statuto della Fondazione Nobel, “che è responsabile dell'adempimento delle intenzioni del testamento di Nobel”, come si legge nel sito web ufficiale dell'organizzazione, c'è una regola tassativa che impone l'assegnazione di un premio a un massimo di tre persone. “In nessun caso l’importo del premio può essere diviso tra più di tre persone”, si legge nel documento. La scelta, principalmente legata al desiderio di non disperdere il valore e il prestigio del premio, oggi si scontra nel modo in cui si fa ricerca. Molte scoperte sono infatti legate al lavoro decennale di team sempre più grandi e multidisciplinari, spesso veri e propri consorzi composti da decine – quando non centinaia – di scienziati di più Paesi, che contribuiscono più o meno tutti allo stesso modo per il raggiungimento di un risultato. In alcuni casi si possono superare tranquillamente anche i mille ricercatori. Senza dimenticare che molti studiosi arrivano alle stesse conclusioni parallelamente e in modo indipendente (accadeva anche in passato).

Alla luce di questa situazione, decretare un massimo di tre soli vincitori per una scoperta che nella migliore delle ipotesi ha coinvolto qualche decina di persone, rende il Premio Nobel indubbiamente inviso a una larga fetta della comunità scientifiche. E forti polemiche sono già emerse per alcune premiazioni del recente passato. Tra le più discusse, come indicato alla CNN dal cosmologo britannico Martin Rees, vi fu il Premio Nobel per la Fisica del 2017, assegnato ai tre ricercatori Rainer Weiss, Barry Barish e Kip Thorne per gli studi che hanno permesso di rilevare le prime onde gravitazionali. Un premio strameritato, indubbiamente, se non fosse che agli articoli più importanti che hanno contribuito alla scoperta rivoluzionaria hanno collaborato quasi mille studiosi.

Al momento, come affermato alla CNN da Peter Brzezinski, segretario del comitato per il premio Nobel per la Chimica, non ci sono piani per cambiare questo pilastro del regolamento, tuttavia ha sottolineato che la fondazione fa il possibile per far emergere gli scienziati che hanno dato il contributo più importante per giungere a un determinato risultato. “Iniziamo il processo chiedendo a un certo numero di esperti provenienti da tutto il mondo di scrivere rapporti che descrivano il campo in cui è stata fatta la scoperta, di delineare le principali scoperte in questo campo e anche di menzionare le persone che hanno dato i contributi più importanti. Leggiamo tutta la letteratura rilevante, partecipiamo a conferenze e scriviamo rapporti anche all'interno del comitato. Con il tempo spesso riusciamo a identificare un numero limitato di scienziati che hanno fatto la scoperta. Se ciò non è possibile, non possiamo proporre un Premio all’Accademia”, ha spiegato in una mail inviata all'emittente statunitense.

Generalmente i premi Nobel vengono assegnati per scoperte effettuate diversi decenni prima, proprio perché ci vuole molto tempo prima che emerga con forza l'impatto sulla conoscenza umana e sui progressi scientifici. Nel caso delle onde gravitazionali e degli studi sull'mRNA che hanno permesso di sviluppare i vaccini Covid si è trattato di un lasso di tempo più ristretto (il primo articolo di Karikó e Weissman risale al 2005), ma in generale si va molto indietro nel tempo, quando ancora non c'erano ampie e sistematiche collaborazioni internazionali come quelle odierne. Ma in futuro il problema emergerà ancora con più forza, dato che il famoso “Eureka” del singolo ricercatore – celebrato anche in una scena del film Interstellar – è altamente improbabile al giorno d'oggi. E in fondo lo era anche in passato.

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