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Andrea, vittima di sextortion: “Ci spogliavamo in videochiamata, poi lei ha iniziato a ricattarmi”

Il reato di estorsione sessuale dopo la pandemia è aumentato, nel 2022 sono stati 132 i minori vittime di sextortion in Italia. Eppure pochissimi denunciano perché hanno paura di essere giudicati. Non esiste nemmeno una legge per il sextortion, i casi vengono valutati facendo un collage di altri reati e manca una disciplina per circoscrivere il fenomeno.
A cura di Elisabetta Rosso
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Dare un nome alle cose vuol dire farle esistere. “Quando racconto che sono stato una vittima di sextortion le persone spesso non sanno di cosa sto parlando” dice Andrea. Ha 25 anni, nel 2021 una ragazza gli scrive su Facebook, cominciano a parlare e poi gli propone di fare una videochiamata erotica. Lui accetta, apre la webcam, “e proprio nel momento culmine mi fotografa, spegne la camera e mi minaccia. Dice che se non le dò circa 2000 euro pubblica tutti gli scatti e li invia ai miei contatti. Inizia così la sua strategia del terrore”.

Questo è il sextortortion: un ricatto per ottenere denaro o favori sessuali, il truffatore minaccia di pubblicare materiale intimo della vittima ottenuto con l'inganno e senza il suo consenso. Il nome c’è ma viene usato poco, confuso con il revenge porn, con la violenza sessuale, persino con il sexting. Il fenomeno è cresciuto negli ultimi anni, dopo il lockdown i casi sono aumentati esponenzialmente, eppure non esiste una legge per il sextortion. Viene applicato l’articolo 612-ter del Codice Penale del 2019, pensato per il revenge porn, ma non è sufficiente per l’estorsione sessuale perché non tiene in considerazione diverse caratteristiche intrinseche del reato.

Ad appiattire ogni rumore c’è poi la vergogna che tappa le bocche in nome del perbenismo e di tutte le sue ombre sinistre, per dirla alla Alda Merini. Le vittime di sextortion che denunciano sono pochissime, hanno paura di essere giudicate, perché ancora oggi in Italia il sesso è qualcosa di sporco. Così preferiscono pagare, non dire nulla, stanno al gioco del carnefice che dopo il primo bonifico rilancia e chiede più soldi, più foto, più favori sessuali.

Mentre la macchina del sextortion viene nutrita da vuoti legislativi, pregiudizi, e da un nome che non riesce a trovare spazio nel tessuto sociale, i casi aumentano. E se prima le vittime erano principalmente uomini e donne adulti, negli ultimi anni l’età media si è abbassata. Il sextortion è diventato una strategia per recuperare materiale pedopornografico. Nel 2022 sono stati 132 i minori vittime di sextortion in Italia. Nei primi 3 mesi del 2023 i bambini adescati con meno di 13 anni sono stati 53, 34 invece i ragazzi tra i 14 e i 16 anni.

Come inizia la storia di Andrea

Estate 2021. “Comincio a chattare con questa ragazza che mi aveva aggiunto su Facebook”, il profilo non ha nulla di strano, lei e Andrea hanno anche degli amici in comune, “mi parla di Roma, la mia città, la conosceva bene, poi la conversazione cambia comincia ad assumere toni più intimi, erotici, e così quando mi chiede di continuare la conversazione in videochat, accetto”. Lo chiama e quando apre il video la ragazza è svestita, “cominciamo questa chiamata ma proprio nel momento culminante lei scompare”. C’è solo Andrea riflesso in quello schermo “era come se ci fossi io sia da un lato che dall’altro della telecamera, un effetto Matrix. Credo che tutto fosse studiato dall’inizio alla fine, per incutere terrore”.

FACEBOOK | I messaggi inviati dai truffatori ad Andrea.
FACEBOOK | I messaggi inviati dai truffatori ad Andrea.

Andrea capisce, ma la conferma arriva quando la ragazza scomparsa dallo schermo gli manda degli scatti, “ero io, mi aveva fotografato e ripreso nei momenti intimi, comincia a minacciarmi, dice che le invierà a chiunque”. La strategia del sextortion è semplice: prima le vittime vengono contattate e indotte a spogliarsi davanti a una webcam, poi i ricattatori minacciano di pubblicare video e foto intime. E così è successo anche ad Andrea. “Comincia a inondarmi di messaggi, chiamate a tappeto, sul telefono, su Messenger, mi dice che avrebbe pubblicato il materiale, lo avrebbe inviato ai miei amici, ai colleghi, sul posto di lavoro, a meno che non le avessi dato 2.000 euro”. Le cifre variano sempre, più i ragazzi o le ragazze sono giovani più sono basse, a volte le vittime riescono anche a contrattare. Ma non è questo il punto. Il versamento è quasi sempre il primo di una lunga serie. Una volta che si sta alle regole del carnefice la vittima finisce in una spirale pericolosa, spesso vengono ricontattati e inizia un rilancio dei ricatti. Sempre più pressanti per ottenere più soldi.

FACEBOOK | Le minacce della ragazza dopo aver staccato la webcam
FACEBOOK | Le minacce della ragazza dopo aver staccato la webcam

Le due facce del sextortion

Non si tratta però solo denaro. Lo ha spiegato la Maggiore Mariantonia Secconi, Comandante della Sezione Atti Persecutori: “La parola sextortion si applica quando qualcuno cerca di estorce denaro, favori sessuali, materiale pornografico o altri benefici ai danni di una persona”. E infatti è necessario distinguere due sottocategorie di estorsione sessuale. “La prima è consumata in ambito affettivo”, spiega Secconi, “per esempio una coppia, il rapporto sentimentale finisce e uno dei due non accetta la fine della relazione, e per convincere il partner minaccia di pubblicare o diffonde sul web le immagini intime dell’ex”, qui il confine con il revenge porn è sottile ma ben marcato.

Si tratta infatti non di un’estorsione, ma di una vendetta per punire e denigrare pubblicamente una persona. Nel sextortion, invece, il ricatto è valido solo se la vittima ha un valore di scambio per il carnefice. “L’altra categoria del sextortion c’è quando non esiste alcun legame e l’identità dell’autore può anche essere ignota, per esempio se la vittima è stata contattata sui social da un account con un nome fittizio. Le finalità in questo caso sono prevalentemente quelle di estorcere denaro, altre foto o video con contenuti espliciti o prestazioni sessuali”. Andrea fa parte della seconda.

La vergogna: un problema sociale

Andrea continua a raccontare la sua storia. “La ragazza che avevo conosciuto comincia a mandarmi messaggi intimidatori, mi dice guarda che non è uno scherzo, mando le foto a tutte le persone che conosci. E per dimostrarmi che l’avrebbe fatto davvero mi invia lo screenshot di due chat con i miei amici di Facebook, aveva inviato delle mie immagini. Era la sua prova”. Le chiamate continuano, sullo smartphone, su Facebook, “io chiaramente avevo paura che tutto venisse scoperto da un momento all’altro e che mi sarei tirato addosso chissà quali giudizi, critiche o rimproveri”. E qui Andrea tocca il nodo del sextortion. Non ha fatto nulla di male, in generale le vittime di estorsione sessuale non hanno colpe. Eppure funziona perché il senso di vergogna alimenta la paura, spingendo spesso le vittime in quella spirale di ricatti pur di non far trapelare scatti, o video intimi. “La vittima spesso mossa dal senso di colpa, non vuole raccontare cosa è successo per timore di essere giudicata negativamente da parenti e conoscenti, pertanto temporeggia, evita di parlare dell’accaduto per non avere ripercussioni sulla sua immagine” spiega Secconi. E tutto questo crea i presupposti del sextortion, senza senso di colpa il ricatto cessa di esistere. 

FACEBOOK | I messaggi minatori ricevuti dopo la videochiamata.
FACEBOOK | I messaggi minatori ricevuti dopo la videochiamata.

Il caso di Andrea lo dimostra, dopo un primo momento di paura sceglie di reagire. “Decido di autodenunciarmi e pubblico su Instagram un post dove spiego cosa era successo, e avverto che sarebbero potute uscire queste foto. Poi smetto di rispondere alla ragazza”. Dopo qualche giorno le chiamate a tappeto finiscono, Andrea non riceve più nessun messaggio dalla ragazza della webcam. Da un lato il desiderio di non soccombere, dall’altro una rete sociale pronta a supportarlo. “Gli amici ma anche gli sconosciuti sotto il post mi hanno sostenuto, a lavoro anche, la mia referente è stata la prima a saperlo e a tranquillizzarmi. Ai miei genitori non l’ho detto subito, ma non perché non potessero capire, anzi sono persone che non si fanno problemi con questo tipo di discorsi, semplicemente sentivo di avere gli strumenti per gestire la situazione”, spiega Andrea.

Non per tutti è così, a volte l’emergere di materiale intimo potrebbe rappresentare un pericolo, un danno, o portare alla rottura rapporti importanti. La rete sociale che circonda la vittime può essere un deterrente per denunciare l’estorsione. Ed è così che viene alimentata la macchina del sextortion. Più la vittima ha da perdere più il carnefice può infierire. Per questo è importante da un lato sensibilizzare sul tema e dall’altro smontare i taboo legati all’universo erotico online.

INSTAGRAM | Il post di Andrea per autodenunciarsi sui social
INSTAGRAM | Il post di Andrea per autodenunciarsi sui social

Un fenomeno sottodenunciato

“Io ho denunciato, sono andato dalla Polizia Postale e ho raccontato cosa era successo. Purtroppo non abbiamo trovato il responsabile, ma secondo me e anche secondo gli agenti di polizia si tratta di una rete organizzata che agisce sotto falsa identità in maniera seriale”. Molte persone però non denunciano o lo fanno solo dopo aver già pagato la prima quota, magari anche la seconda. “Spesso tutto si esaurisce cedendo al ricatto”, spiega Andrea, “perché le vittime preferiscono non parlarne pubblicamente. È un fenomeno sotto denunciato e dichiarato”.

Eppure denunciare il prima possibile è fondamentale, come spiega Secconi, “il tempismo è importante per fronteggiare reati, in particolare quelli informatici, per fermare l’autore che con ogni probabilità è seriale. E poi è meglio bloccare subito una fotografia o un video che circola in chat, piuttosto che rincorrerlo quando diventa virale”. Secconi spiega anche che la denuncia immediata aumenta le possibilità di individuare l’autore del reato. “Pertanto mi rivolgo a tutte le persone che pensano di essere state vittime di questi reati invitandole a denunciare”. Non c’è un profilo tipo per la vittima di sextortion, a partire dalle denunce che vengono fatte Secconi ha spiegato che “sono coinvolte donne, uomini, di diversi orientamenti sessuali o identità di genere. Come di ogni fascia d’età, maggiorenni e, sempre più spesso, minorenni anche in età preadolescenziale”.

FACEBOOK | I ragazzi vittime che hanno scritto ad Andrea per paura di denunciare
FACEBOOK | I ragazzi vittime che hanno scritto ad Andrea per paura di denunciare

Un vuoto legale: non c'è una legge per il sextortion

In Italia non esiste una legge per il sextortion. Esiste però l’articolo 612-ter del Codice Penale del 2019 introdotto per punire il revenge porn. Si riferisce quindi ai “reati legati alla diffusione di contenuti sessualmente espliciti” senza il consenso della vittima. Succede anche per il reato di sextortion eppure l’articolo non è sufficiente perché non essendo stato pensato per l’estorsione sessuale non tiene in considerazione delle caratteristiche del reato. E infatti vengono contestati in concorso anche l’estorisione, le minacce, la violenza privata, la violenza sessuale.

Il nostro Codice Penale non prevede una fattispecie delittuosa specifica per il ricatto sessuale, spiega ancora Secconi. “Il fenomeno del sextortion, e le sue condotte, si possono configurare principalmente nel reato di estorsione (anche tentata), nel reato di revenge porn, inserito nella recente legge 69/2019, cosiddetta CODICE ROSSO, nel reato di minaccia e di Atti Persecutori , dove le pene previste sono la reclusione che può arrivare anche fino ai dieci anni e la multa fino ai 15.000 euro”. Manca dunque nel panorama giuridico una disciplina unitaria e idonea per circoscrivere il fenomeno. I casi di sextortion vengono valutati facendo un collage di altri reati. “Le denunce di sextortion si identificano in diversi reati del codice penale a volte collegati tra loro, per esempio quelli di Diffusione illecita di immagini o video sessualmente espliciti (revenge porn), Minaccia, Estorsione, Atti persecutori, Adescamento di minorenni, Pornografia minorile, Detenzione di materiale pornografico”, sottolinea Secconi.

FACEBOOK | I messaggi dei ragazzi che chiedono consiglio ad Andrea
FACEBOOK | I messaggi dei ragazzi che chiedono consiglio ad Andrea

Sempre più minori sono vittime di ricatti sessuali

“Il fenomeno in generale negli ultimi anni è cresciuto, soprattutto durante e dopo il periodo di lockdown” spiega Secconi. L’allarme è stato anche lanciato dalla Polizia Postale. Come hanno spiegato, i social sono il primo terreno di attacco dove i criminali scelgono le loro vittime, e negli ultimi anni l’età media si è abbassata. Il sextortion infatti è anche strettamente connesso alla pedopornografia, i minori vengono contattati, adescati e poi ricattati. In questo caso i carnefici non chiedono soldi, ma altro materiale pedopornografico. Nel 2022, in Italia, sono stati 132 i minori vittime di sextortion.

Nei primi 3 mesi del 2023, 56 bambini con meno di 13 anni sono stati ricattati, sono invece 34 le vittime tra i 14 e i 16 anni. Come ha spiegato la Polizia Postale i minori vengono contattati da adulti pedofili sui socialnetwork, o sulle app di videogiochi per parlare di sesso, e per proporre scambi di immagini intime. Poi con il ricatto ne chiedono sempre di nuove, foto che finiscono poi sui siti contenenti scatti o filmati pedopornografici. Nel 2022 sono stati 1.466 gli utenti denunciati per aver scaricato, condiviso e scambiato foto e video di abusi sessuali su minori, 299 invece le persone denunciate nei primi tre mesi del 2023. L’anno scorso sono state anche oscurate oltre 2.622 pagine con materiale pedopornografico. Secondo la Polizia Postale i ricattatori sono uomini, italiani, incensurati e con meno di 50 anni.

FACEBOOK | Le chat con le altre vittime di estorsione sessuale
FACEBOOK | Le chat con le altre vittime di estorsione sessuale

Come affrontare un'estorsione sessuale

Ci sono anche delle regole per tutelarsi, come spiega la Polizia Postale non bisogna concedere l’amicizia sui social a sconosciuti, e non iniziare conversazioni attraverso la webcam con chi non fa parte della nostra rete, è anche fondamentale configurare le pagine social per renderle invisibili agli estranei. “In ogni caso” aggiunge Secconi “è bene sapere anche che il Garante della privacy ha istituito strumenti volti ad evitare che audio, foto e filmati a sfondo sessuale finiscano sul web contro la volontà della persona interessata. Tramite un modulo disponibile online sul sito www.garanteprivacy.it, si può presentare richiesta di bloccare i tentativi di pubblicazione di una specifica immagine per cui si viene minacciati o chiederne la cancellazione, il Garante provvederà entro 48 ore.”

“Dopo la mia esperienza, e la denuncia sui social diversi ragazzi mi hanno scritto per chiedermi consiglio”, racconta Andrea, “sono preoccupati, hanno paura di quello che può succedere”. C’è chi racconta la sua storia, chi chiede consigli, chi si sfoga. “Io suggerisco di denunciare, non pagare assolutamente la cifra richiesta e non rispondere ai messaggi minatori. È anche importante salvare le chat per portarle in sede di denuncia. Poi il miglior consiglio, in realtà, è parlarne con una persona fidata, condividere l’emozione ti permette di alleggerire il carico e affrontare tutto più lucidamente.”

FACEBOOK | I messaggi delle vittime di sextortion
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