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Il James Webb può rilevare segni di vita sui pianeti alieni: presto punterà il sistema Trappist

Due scienziati spiegano come il Telescopio Spaziale James Webb è in grado di rilevare le “firme” della vita nelle atmosfere degli esopianeti.
A cura di Andrea Centini
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Nei giorni scorsi la NASA ha pubblicato le prime stupende immagini catturate dal Telescopio Spaziale James Webb, ma tra esse ve n'era una piuttosto differente dalle altre. Mostrava infatti l'incredibile spettro atmosferico del pianeta extrasolare Wasp-96b, distante ben 1.120 anni luce dalla Terra. Il nuovo strumento ha infatti la potenza necessaria per rilevare la “firma” dei composti molecolari presenti nelle atmosfere degli esopianeti, sfruttando l'analisi spettroscopica. In parole semplici, i composti vengono svelati studiando la luce riflessa dal corpo celeste. Grazie a questa tecnica su Wasp-96b non solo è stata identificata acqua (sotto forma di vapore), ma lo spettro aveva anche un “dettaglio sbalorditivo”, come spiegato a Fanpage.it dall'astrofisico Gianluca Masi. Poiché alcune di queste firme hanno origine biologica, il James Webb ha la capacità potenziale di scoprire pianeti sui quali c'è vita. Non a caso nei prossimi mesi verrà puntato proprio verso pianeti rocciosi che orbitano nella fascia abitabile delle stelle.

Lo spettro del pianeta Credit: NASA
Lo spettro del pianeta Credit: NASA

A descrivere questa potenziale capacità del super telescopio della NASA i due scienziati Chris Impey e Daniel Apai, docenti di Astronomia e Scienze planetarie presso l'Università dell'Arizona. In un articolo pubblicato su The Conversation hanno spiegato che in base ai calcoli teorici ci sono ben 300 milioni di pianeti potenzialmente abitabili nella nostra galassia, la Via Lattea. Viene definito potenzialmente abitabile un pianeta che si trova non troppo lontano, né troppo vicino alla sua stella di riferimento, a una distanza tale che le temperature permettono la potenziale presenza di acqua liquida sulla superficie. Ad oggi grazie a diversi “cacciatori di pianeti”, come il compianto telescopio spaziale Kepler e il più recente TESS (Transiting Exoplanet Survey Satellite), sono stati identificati circa 5mila esopianeti, dei quali diverse centinaia sono potenzialmente abitabili entro 40 anni luce dalla Terra. Fra essi ci sono anche quelli del Sistema Trappist, presentato in una conferenza stampa della NASA alcuni anni addietro e tra i principali obiettivi del James Webb.

Ma come può un telescopio rilevare le firme della vita grazie alla luce? I due scienziati spiegano che per rilevare la vita su un pianeta lontano "gli astrobiologi studieranno la luce stellare che ha interagito con la superficie o l'atmosfera di un pianeta. Se l'atmosfera o la superficie sono state trasformate dalla vita, la luce può portare un indizio, chiamato biofirma". Sulla Terra la biofirma della vita – come la presenza di ossigeno – è diventata evidente 2,4 miliardi di anni fa, con l'esplosione delle alghe negli oceani. L'ossigeno libero prodotto con la fotosintesi può essere rilevato nello spettro della luce solare riflessa dal nostro pianeta. “Quando la luce rimbalza sulla superficie di un materiale o passa attraverso un gas, è più probabile che alcune lunghezze d'onda della luce rimangano intrappolate nel gas o nella superficie del materiale rispetto ad altre. Questa cattura selettiva delle lunghezze d'onda della luce è il motivo per cui gli oggetti hanno colori diversi. Le foglie sono verdi perché la clorofilla è particolarmente adatta ad assorbire la luce nelle lunghezze d'onda rosse e blu. Quando la luce colpisce una foglia, le lunghezze d'onda rossa e blu vengono assorbite, lasciando la maggior parte della luce verde a rimbalzare negli occhi”, spiegano i due studiosi.

Grazie a questo principio possiamo rilevare gas atmosferici associati alla vita, come l'ossigeno oppure il metano derivato dalla digestione degli animali. Spesso però questi composti di origine organica possono avere anche fonti inorganiche (come un'eruzione vulcanica), pertanto per gli scienziati non è semplice determinare se uno spettro sia realmente dovuto a forme di vita. Il James Webb, inoltre, pur essendo potente non è in grado di rilevare ossigeno libero, ovvero la biofirma più significativa della vita sulla Terra. Nonostante questo limite nei prossimi anni aiuterà gli studiosi a individuare i pianeti indubbiamente più interessanti da questo punto di vista. Dispositivi futuri potrebbero essere esplicitamente progettati per la "caccia agli alieni".

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