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Covid 19

I vaccinati contagiati dalla variante Omicron hanno un rischio ridotto di Long Covid

Un team di ricerca britannico ha determinato che i vaccinati contagiati dalla variante Omicron hanno un rischio ridotto di Long Covid.
A cura di Andrea Centini
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Chi viene infettato dalla variante Omicron da vaccinato ha un rischio ridotto di sviluppare Long Covid o sindrome post-COVID-19, un insieme di sintomi persistenti che può perdurare mesi dopo la negativizzazione. Si tratta di un risultato particolarmente significativo alla luce del drammatico impatto sanitario, sociale ed economico di questa condizione, a causa della quale molte persone non solo hanno bisogno di assistenza medica prolungata, ma in numerosi casi non sono riuscite a tornare a lavoro o lo hanno perduto. La variante Omicron (B.1.1.529) è stata scoperta a novembre del 2021 in Sudafrica e da allora si è rapidamente diffusa in tutto il mondo, soppiantando la variante Delta anche attraverso le diverse sottovarianti (in particolar modo BA.2, BA.4 e BA.5), caratterizzate da una spiccata infettività ed elusività agli anticorpi neutralizzanti, sia quelli indotti da una precedente infezione naturale che dalla vaccinazione. La diffusione della Omicron è talmente massiccia che in Europa, in soli 4 mesi, tra dicembre 2021 e marzo 2022, ha determinato più contagi di tutti quelli provocati dalle varianti precedenti nel corso della pandemia di COVID-19.

A determinare che la variante Omicron determina un rischio ridotto di Long Covid è stato un team di ricerca britannico guidato da scienziati del Dipartimento della Ricerca sui Gemelli del King's College di Londra, che hanno collaborato a stretto contatto con i colleghi della School of Biomedical Engineering and Imaging Sciences e della società di informatica ZOE. Gli scienziati, coordinati dalla dottoressa Claire J. Steves, sono giunti alle loro conclusione dopo aver condotto un'indagine statistica sui dati di circa 100mila persone, raccolti attraverso l'applicazione ZOE COVID Symptom Study utilizzata da milioni di britannici. Grazie a questa app le persone contagiate dal coronavirus SARS-CoV-2 possono segnalare personalmente i propri sintomi, permettendo agli studiosi di rivelare tendenze e variazioni nel corso della pandemia.

I ricercatori hanno coinvolto circa 56mila adulti britannici risultati positivi al tampone oro-rinofaringeo tra il 20 dicembre 2021 e il 9 marzo 202, un periodo durante il quale almeno il 70 percento dei casi era provocato dalla variante Omicron. I loro dati sono stati confrontati con quelli di 41.361 pazienti risultati positivi tra il 1 giugno 2021 e il 27 novembre 2021, una finestra temporale durante la quale almeno il 70 percento dei casi era ascrivibile alla variante Delta o ex seconda indiana. In entrambi i gruppi c'era una leggera maggioranza di donne (55 percento per il primo e 59 percento per il secondo), mentre le comorbilità erano equivalenti, con una prevalenza del 19 percento. Per determinare il rischio di Long Covid nei due gruppi la dottoressa Steves e i colleghi hanno applicato un modello statistico (di regressione logistica univariata) nel quale sono stati tenuti in considerazione diversi fattori, come sesso, età, comorbilità (patologie pregresse), indice di massa corporeo (BMI) e stato vaccinale, ovvero aver ricevuto una, due o tre dosi di vaccino anti Covid. Sono tutti fattori correlati al rischio di Long Covid.

Incrociando tutti i dati è emerso che tra i pazienti infettati da Omicron si sono verificati 2.501 casi di Long Covid, pari al 4,5 percento del totale, mentre tra i pazienti con Delta sono stati diagnosticati 4.469 casi di Long Covid, pari al 10,8 percento del totale, più del doppio. I ricercatori hanno determinato che i pazienti con Omicron avevano meno probabilità di sviluppare i sintomi del Long Covid in qualunque stato vaccinale, “con un odds ratio che andava da 0,24 (0,20–0,32) a 0,50 (0,43–0,59)”, si specifica nell'abstract dello studio. In conclusione, le persone vaccinate infettate da Omicron hanno un rischio significativamente inferiore di sviluppare sintomi persistenti come grave affaticamento, dolori articolari, “nebbia cerebrale” (disturbi cognitivi e nel linguaggio), dolore toracico, alterazioni dell'olfatto e del gusto e altre condizioni che caratterizzano la Long Covid, anche per mesi. Tuttavia, poiché i casi di Omicron sono molto superiori a quelli provocati da altre varianti, i numeri assoluti dei casi restano comunque elevati; a causa del severo impatto della condizione gli scienziati sottolineano la fondamentale importanza del supporto da parte delle istituzioni. I dettagli della ricerca “Risk of long COVID associated with delta versus omicron variants of SARS-CoV-2” sono stati pubblicati sull'autorevole rivista scientifica The Lancet.

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