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Forse abbiamo tutti un sosia che condivide con noi più di quanto pensiamo

A dirlo è un team di esperti spagnolo che ha condotto uno studio su persone non imparentate ma con forti somiglianze facciali, scoprendo che hanno un DNA simile.
A cura di Valeria Aiello
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Charlie Chasen e Michael Malone, una coppia di sosia che ha preso parte allo studio / Credit: François Brunelle
Charlie Chasen e Michael Malone, una coppia di sosia che ha preso parte allo studio / Credit: François Brunelle

Probabilmente tutti abbiamo un sosia, una persona molto simile a noi con cui non siamo imparentati, ma che condivide con noi tratti chiave del volto, come occhi, bocca e orecchie. Secondo i modelli matematici di David Aldous, la probabilità di trovare questa persona è solo dello 0,11 percento – il che vuol dire che soltanto 11 persone su 10.000 possono contare di incontrare il proprio sosia in vita – ma chi ci è riuscito è spesso diventato amico dell’altro sé, come accaduto a Charlie Chasen e Michael Malone, che dopo essersi incontrati per caso ad Atlanta, nel 1997, quando il signor Malone è stato cantante ospite nella band di Chasen, hanno stretto un’amicizia che li avrebbe portati, insieme a centinaia di altri doppelgänger (come chiamati in tedesco i sosia biologicamente non correlati) a partecipare al progetto fotografico dell’artista canadese François Brunelle, che dal 1999 ha raccolto immagini di sosia in tutto il mondo.

Ciò che però non si aspettavano di scoprire è che, oltre alla forte somiglianza facciale, a renderli così simili è anche il loro DNA, nonostante i due non fossero in alcun modo imparentati e i loro  antenati immediati non provenissero neppure dalle stesse parti del mondo. La famiglia del signor Chasen arrivava dalla Lituania e dalla Scozia, mentre i genitori del signor Malone erano originari della Repubblica Domenicana e delle Bahamas. Eppure, come dimostrato da un team di ricerca spagnolo, Chasen e Malone non sono solo uno il sosia dell’altro, ma condividono anche un genotipo simile.

Le persone che si somigliano possono avere un DNA simile

Il progetto fotografico di François Brunelle è stato un grande successo, ma ha anche attirato l’attenzione degli scienziati che studiano le relazioni genetiche, tra cui quella del dottor Manuel Esteller, ricercatore presso il Josep Carreras Leukemia Research Institute di Barcellona, che aveva precedente studiato le differenze tra gemelli identici. E che, a partire proprio da alcune delle coppie di sosia fotografate da Brunelle, ha deciso di condurre uno studio per caratterizzare, a livello molecolare, cosa condividessero le persone che si somigliano ma non sono imparentate.

Pedro Lopez Soto e Albert Pueyo Kaotico hanno partecipato allo studio / Credit: François Brunelle
Pedro Lopez Soto e Albert Pueyo Kaotico hanno partecipato allo studio / Credit: François Brunelle

Per fare ciò, Esteller e il suo team hanno contattato 32 coppie di sosia che avevano partecipato al progetto fotografico di Brunelle, determinando una misura oggettiva della loro somiglianza attraverso tre diversi algoritmi di riconoscimento facciale. Inoltre, ai partecipanti allo studio è stato chiesto di completare un questionario biometrico e sullo stile di vita, e fornire un campione di saliva per l’analisi del DNA.

In particolare, in relazione alla loro somiglianza facciale, gli algoritmi hanno mostrato che 16 delle 32 coppie di doppelgänger avevano punteggi complessivi che erano simili a quelli ottenuti dai gemelli identici (monozigoti, con lo stesso DNA), mentre l’analisi genetica ha rivelato che i “veri” sosia condividevano significativamente più geni rispetto alle altre 16 coppie che gli algoritmi avevano indicato come meno simili. Oltre a ciò, i tratti fisici come il peso e l’altezza, così come i tratti comportamentali e dello stile di vita, inclusi l’istruzione e il fumo, sono risultati correlati.

Le italiane Stella Cappiello e Nunzia Girardi  / Credit: François Brunelle
Le italiane Stella Cappiello e Nunzia Girardi  / Credit: François Brunelle

Presi nel complesso, i risultati dello studio, appena pubblicati sulla rivista scientifica Cell Reports, hanno dunque indicato che le persone che si assomigliano davvero condividono parti importanti del proprio genoma, suggerendo che le variazione genetiche condivise non riguardino solo un aspetto fisico simile, ma possano anche influenzare abitudini e comportamenti comuni.

Tuttavia, i ricercatori hanno anche scoperto che i sosia che condividono genotipi simili differiscono nella metilazione del DNA (il meccanismo che regola l’espressione dei geni) e nella composizione del microbioma (la totalità del patrimonio genetico dei microrganismi che si trovano nel nostro organismo),  evidenziando come il DNA da solo non dica davvero tutto di noi. “La genetica accomuna i sosia, ma il resto li distingue” ha spiegato il dottor Esteller, sottolineando come questa scoperta possa fornire una base molecolare per applicazioni future in vari campi come la biomedicina e l’evoluzione.

I nostri risultati possono avere implicazioni future anche nella medicina legale, per la ricostruzione del volto dei criminali a partire dal loro DNA, ma anche nella diagnosi genetica, in quanto la foto del viso del paziente potrebbe già dare indizi su quale genoma possiede – ha precisato l’esperto – . Attraverso gli sforzi di collaborazione, la sfida finale sarebbe quella di prevedere la struttura del volto umano in base al panorama multiomico dell’individuo”.

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