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Cambiamenti climatici

Far esplodere un’enorme bomba nucleare nell’oceano per risolvere la crisi climatica: l’idea di un ricercatore

Un ricercatore del Rochester Institute of Technology (RIT) ha proposto una soluzione drastica per risolvere la crisi climatica in atto, considerata la principale minaccia esistenziale per l’umanità. Suggerisce che l’esplosione di una gigantesca bomba atomica nel fondale dell’Oceano Antartico può combattere il riscaldamento globale; ecco in che modo.
A cura di Andrea Centini
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A mali estremi, estremi rimedi. È quello che si può pensare innanzi alla folle idea di un giovane ricercatore statunitense, che ha proposto di far esplodere una gigantesca e potentissima bomba nucleare sul fondale dell'Oceano Antartico per combattere la crisi climatica in corso. Com'è ampiamente noto, per gli scienziati il cambiamento climatico catalizzato dal riscaldamento globale rappresenta la principale minaccia esistenziale per l'umanità; stiamo per entrare in un “territorio inesplorato” con un riscaldamento superiore di 1,5 °C rispetto all'epoca preindustriale e le conseguenze sono considerate drammatiche e irreversibili. Fra esse innalzamento del livello del mare in grado di sommergere isole, metropoli e regioni costiere (anche in Italia); siccità, carestie e incendi estremi; aumento in frequenza e violenza dei fenomeni atmosferici più intensi; ondate di calore mortali; diffusione di patogeni tropicali; migrazioni di massa e possibili guerre globali per le (poche) risorse rimaste. Anche i danni economici sarebbero mostruosi, con perdite nell'ordine di centinaia di trilioni di dollari entro il 2100.

In questo scenario così spaventoso e soprattutto vicino, l'unica vera opzione che abbiamo a disposizione è il taglio drastico e repentino della CO2 (anidride carbonica) e degli altri gas climalteranti contenenti carbonio, come il metano (CH4), responsabili dell'effetto serra alla base del riscaldamento globale. Questi gas, in parole semplici, intrappolano il calore negli strati bassi dell'atmosfera, determinando di conseguenza l'aumento delle temperature. Come mostrano i dati, tuttavia, le concentrazione atmosferiche di CO2 e affini continuano ad aumentare anno dopo anno, allontanandoci sempre di più dal poter scongiurare l'apocalisse climatica e le “conseguenze indicibili” per l'umanità. Innanzi all'imminente catastrofe, secondo uno scienziato l'opzione della super bomba atomica fatta esplodere negli abissi non è un'idea così malsana, per quanto folle e assurda, visti i numeri in gioco. L'idea è venuta a Andy Haverly del Rochester Institute of Technology (RIT), un'università privata dello Stato di New York.

Il giovane studioso, 25 anni appena, suggerisce di far detonare la gigantesca bomba nucleare in un remoto fondale marino, al fine di “polverizzare il basalto” e accelerare così “il sequestro del carbonio attraverso l'Enhanced Rock Weathering (ERW)”. L'ERW è una tecnica che permette di rimuovere la CO2 dall'atmosfera attraverso le rocce, in particolar modo quelle ricchissime di silicati come appunto il basalto. Quando queste rocce vengono frantumate in minuscoli pezzi, sono infatti in grado di reagire con la CO2 e trasformarla in bicarbonato, che è stabile e permette di intrappolare il carbonio per tempi lunghissimi (millenni). Distruggendo e polverizzando un'enorme quantità di basalto marino con un'esplosione nucleare sufficientemente grande, secondo il ricercatore, si creerebbero i presupposti per catturare il carbonio atmosferico e intrappolarlo, abbattendone le concentrazioni elevatissime che sono alla base della crisi climatica in atto.

“Localizzando con precisione l'esplosione sotto il fondale marino, miriamo a confinare detriti, radiazioni ed energia, garantendo al contempo un rapido weathering delle rocce su una scala sufficientemente ampia da incidere significativamente sui livelli di carbonio atmosferico”, ha spiegato Haverly nell'abastract dello studio. Il problema è che per ottenere il risultato sperato bisognerebbe far esplodere una bomba atomica di potenza mostruosa, pari a ben 81 gigatonnellate, necessari per polverizzare 3,86 trilioni di tonnellate di basalto. Per rendersi conto di quanto sia potente un ordigno del genere, basti pensare che la bomba atomica fatta esplodere su Hiroshima dagli USA (chiamata Little Boy), aveva una potenza di 15 kilotoni. Ciò significa che la bomba anti – crisi climatica sarebbe ben 5,4 milioni di volte più potente (farebbe impallidire anche la famigerata Bomba Tsar da 50 megatoni, la più potente in assoluto mai fatta esplodere). Non a caso il mostro andrebbe collocato a 3 chilometri di profondità sotto l'Oceano Antartico, per "minimizzare" l'impatto sull'ambiente e sulle persone.

Lo scienziato spiega tuttavia che ci sarebbero perdite di vite umane per il fallout radioattivo e danni a lungo termine sugli ecosistemi per alcune dozzine di chilometri quadrati, a causa delle ricadute dell'esplosione di un simile ordigno, ma aggiunge anche che sarebbero comunque conseguenze molto inferiori rispetto ai danni che sta per scatenare la crisi climatica. Chiaramente l'idea, al limite della fantascienza, non è stata accolta con entusiasmo dalla comunità scientifica per diversi motivi. Fra essi vi è anche il fatto che ci deresponsabilizza dalle azioni di decarbonizzazione, proponendo di fatto una soluzione “rapida” che ci permetterebbe di continuare a inquinare a prescindere, senza spingerci a cambiamenti virtuosi nei comportamenti. Al di là di questo, anche solo poter costruire e trasportare in sicurezza un ordigno del genere è un'opera titanica, seppur teoricamente possibile. I dettagli della ricerca “Nuclear Explosions for Large Scale Carbon Sequestration” sono stati caricati sul database ArXiv e non sono ancora stati sottoposti a revisione paritaria.

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