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Enorme macchia solare di 140.000 km sta per rivolgersi verso la Terra: ha due nuclei scuri

Sulla fotosfera del Sole, la superficie visibile, è comparsa una gigantesca macchia solare con un diametro di 140.000 chilometri. È caratterizzata da due enormi nuclei scuri e si trova nella zona equatoriale della stella, pronta a puntare direttamente la Terra. È magneticamente molto attiva e gli scienziati hanno già registrato diversi brillamenti di classe M.
A cura di Andrea Centini
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La gigantesca macchia solare AR 4079 apparsa sulla stella. Credit: NASA/SDO/Spaceweather.com
La gigantesca macchia solare AR 4079 apparsa sulla stella. Credit: NASA/SDO/Spaceweather.com

Una gigantesca macchia solare di 140.000 chilometri sita nella zona equatoriale del Sole si sta spostando verso il centro della stella e, di conseguenza, sta per puntare direttamente la Terra. Si tratta di una vasta regione magneticamente molto attiva da cui potrebbero scaturire significativi brillamenti solari e conseguenti espulsioni di massa coronale (CME), i fenomeni strettamente associati alle tempeste geomagnetiche. La macchia solare, chiamata AR 4079, si caratterizza per due giganteschi nuclei scuri; ciascuno di essi, come spiegato dall'astrofisico Tony Phillips sul portale specializzato in meteo spaziale Spaceweather.com, è talmente grande da poter “inghiottire” completamente il nostro pianeta. La Terra ha infatti un diametro di circa 12.800 chilometri, pertanto l'imponente struttura sulla fotosfera è grande quanto circa 11 terre messe una di fianco all'altra.

Nella zona equatoriale a sinistra si può osservare la gigantesca macchia solare. Credit: NASA/SDO
Nella zona equatoriale a sinistra si può osservare la gigantesca macchia solare. Credit: NASA/SDO

Cosa sono le macchie solari

Come spiegato dalla NASA, le macchie solari (sunspot in inglese) sono “regioni più fredde del Sole causate da una concentrazione di linee di campo magnetico”. In queste aree, infatti, le turbolente linee del campo magnetico solare formano una sorta di rete in grado di intrappolare il calore proveniente dagli strati profondi della stella, innescato dalle reazioni nucleari; proprio per questo motivo risultano più fredde – e dunque scure – delle aree chiare sulla fotosfera, la superficie visibile del Sole. Più nello specifico, le macchie solari presentano una temperatura attorno ai 3.700 °C, contro i 5.500 °C delle regioni circostanti.

Il campo magnetico del Sole è estremamente dinamico – soprattutto nella fase di picco del ciclo di attività di 11 anni, nella quale ci troviamo adesso – e le linee di campo sulle macchie solari possono scollegarsi e ricollegarsi repentinamente attraverso un fenomeno che i fisici solari “riconnessione delle linee di campo”. Quando ciò avviene viene liberata l'energia intrappolata sotto di esse dando vita alle eruzioni solari. I brillamenti o eruzioni solari possono a loro volta innescare le CME, dove immense quantità di materiale solare vengono scagliate nello spazio a velocità mostruose. Ne deriva il vento solare, ovvero un misto di particelle cariche elettricamente (plasma) e campi magnetici, che quando è indirizzato verso la Terra innesca le tempeste solari. È per questo motivo che le macchie solari che puntano direttamente il nostro pianeta come AR 4079 vengono attentamente sorvegliate dagli scienziati.

La macchia solare AR 4079. Credit: NASA/SDO
La macchia solare AR 4079. Credit: NASA/SDO

La nuova macchia solare emersa dal margine sinistro del disco solare è particolarmente attiva e i ricercatori, come spiegato da Spaceweather.com, hanno già registrato diversi brillamenti di classe M, la seconda per intensità. Questi fenomeni sono infatti suddivisi nelle seguenti categorie: A, B, C, M e X. L'ultima è la più forte in assoluto. Ciascuna classe è a sua volta suddivisa in sottoclassi che vanno da 1 a 9, più i decimali (esempio classe M 5.7); soltanto la X non ha limiti. Basti pensare che il più forte brillamento registrato dagli strumenti sino ad oggi è stato un clamoroso Classe X 45 verificatosi alla fine del 2003.

Più sono intensi i brillamenti, più violente sono le possibili espulsioni di massa coronale (non sempre si verificano) e la velocità del vento solare che ne scaturisce. Quando questo colpisce la magnetosfera, ovvero lo scudo magnetico che circonda la Terra, dà vita alle tempeste geomagnetiche. Quelle estreme (G5) possono avere impatti devastanti come blackout totali (energia elettrica, connessioni internet, segnali GPS e comunicazioni radio) potenzialmente in grado di durare per settimane o addirittura mesi, a causa dei danni gravissimi alle infrastrutture elettriche. Ecco perché il blackout in Spagna e Portogallo dei giorni scorsi è stato solo un “assaggio” di ciò che potrebbe comportare una tempesta solare paragonabile – o peggiore – all'Evento di Carrington che colpì la Terra nel 1859, quando le comunicazioni a distanza erano legate fondamentalmente ai telegrafi. Oggi gli effetti sarebbero catastrofici.

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