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Alzheimer, virus dell’herpes labiale raddoppia il rischio di demenza secondo uno studio

I risultati di un nuovo studio svedese, nel quale sono stati coinvolti circa 1.000 settantenni, mostrano che le persone con anticorpi contro il virus dell’herpes labiale hanno un rischio doppio di sviluppare la demenza. L’herpes simplex tipo 1 (HSV-1) è tra i patogeni più diffusi al mondo e l’OMS stima che 3,7 miliardi di under 50 in tutto il mondo risultano positivi.
A cura di Andrea Centini
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Secondo un nuovo studio il virus responsabile dell'herpes labiale, l'herpes simplex tipo 1 (HSV-1), può raddoppiare il rischio di sviluppare la demenza, un insieme di sindromi associate al declino delle funzioni cognitive, come memoria, linguaggio, orientamento e altro ancora. Non è la prima volta che l'esposizione al comunissimo virus che provoca l'herpes labiale viene fortemente associato alla demenza. Ad esempio, in uno studio pubblicato nel 2018 sulla rivista Cell Neuron, gli scienziati della Icahn School of Medicine at Mount Sinai di New York avevano determinato che nel cervello di pazienti deceduti con morbo di Alzheimer (la principale forma di demenza) avevano rilevato concentrazioni doppie di DNA ed RNA dell'herpes simplex tipo 1; poco dopo i colleghi del MassGeneral Institute for Neurodegenerative Disease (MIND) e del Dipartimento di Neurologia della Scuola di Medicina dell'Università di Harvard hanno teorizzato che le placche di beta amiloide, tra i principali segni dell'Alzheimer (ma non sempre presenti nei malati), potrebbero essere rilasciate come risposta immunitaria all'invasione del virus dell'herpes. La nuova ricerca sembra confermare ulteriormente questo legame.

Ad oggi, secondo i dati dell'Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS), ci sono 55 milioni di persone nel mondo affette da demenza, la cui forma principale, come già specificato, è proprio il morbo di Alzheimer (si stima che il numero di pazienti possa triplicare entro il 2050). Gli scienziati non conoscono ancora nel dettaglio i meccanismi patologici che innescano la neurodegenerazione e la conseguente comparsa del declino cognitivo, tuttavia sono noti i principali fattori di rischio: l'età avanzata e una variante genetica conosciuta come apolipoproteina ε4 (APOE4), una proteina deputata al trasporto dei lipidi che è stata associata all'accumulo delle sopracitate placche di beta amiloide nel cervello. Sebbene il legame con l'herpes simplex tipo 1 (HSV-1) sia ancora oggi ampiamente dibattuto nella comunità scientifica, stanno emergendo sempre più prove a favore di questa strana “relazione”. Il nuovo studio si inserisce proprio in questo contesto, facendo emergere che i pazienti con una pregressa infezione da HSV-1 hanno un rischio doppio di sviluppare la demenza, indipendentemente dall'essere portatori della variante genetica APOE4.

A condurre il nuovo studio è stato un team di ricerca svedese guidato da scienziati dell'Università di Uppsala, che hanno collaborato a stretto contatto con i colleghi dei dipartimenti di Microbiologia Clinica e di Medicina di Comunità e Riabilitazione – Medicina Geriatrica dell'Università di Umeå. I ricercatori, coordinati dalla dottoressa Erika Vestin del Dipartimento di scienze della sanità pubblica e dell'assistenza presso l'ateneo svedese, sono giunti alle loro conclusioni dopo aver analizzato le cartelle cliniche di circa 1.000 settantenni (non affetti da demenza al basale) residenti in Svezia tra il 2001 e il 2005. I partecipanti sono stati seguiti per 15 anni. Durante il periodo di follow-up gli scienziati hanno condotto analisi per verificare la presenza di anticorpi neutralizzanti Ig G (immunoglobuline) contro il virus dell'herpes e il citomegalovirus (CMV), mettendo successivamente a confronto la presenza di questi dati con l'insorgenza / incidenza della demenza. Tutti i partecipanti avevano la stessa età, per evitare il bias legato proprio all'impatto dell'età sul rischio del declino cognitivo.

Dalle analisi è stato determinato che l'82 percento dei partecipanti aveva anticorpi contro l'herpes simplex tipo 1 (HSV-1) e il 6 percento di aveva ricevuto un trattamento contro di esso. Incrociando tutti dati è emerso che le persone con questi anticorpi contro il virus avevano un rischio doppio di sviluppare la demenza. È interessante ricordare che, dopo l'infezione, il virus dell'herpes labiale non scompare, ma resta nel nostro organismo per lunghissimi periodi – anche tutta la vita – annidandosi in strutture specializzate del sistema nervoso chiamate gangli neuronali locali, come spiegato dall'Istituto Superiore di Sanità (ISS). In condizioni di stress e periodicamente il virus può manifestarsi di nuovo con le classiche lesioni (vescicole dolorose) che colpiscono le labbra. Al di là della manifestazione che conosciamo tutti – secondo l'OMS circa 3,7 miliardi di persone con meno di 50 anni hanno l'infezione -, sapere che sempre più studi associano questo virus è un campanello d'allarme da non sottovalutare.

“È entusiasmante che i risultati confermino gli studi precedenti. Dagli studi emergono sempre più prove che, come i nostri risultati, indicano il virus dell’herpes simplex come un fattore di rischio per la demenza”, ha dichiarato la dottoressa Vestin in un comunicato stampa. “I risultati potrebbero spingere la ricerca sulla demenza ulteriormente verso il trattamento della malattia in una fase precoce, utilizzando comuni farmaci antivirali contro l’herpes o verso la prevenzione della malattia prima che si manifesti”, ha chiosato la scienziata. Per avere conferma di questo legame saranno necessari approfonditi studi controllati e randomizzati, nei quali verificare se effettivamente i trattamenti antivirali contro il virus dell'herpes possano ridurre il rischio di demenza / Alzheimer. I dettagli della ricerca “Herpes Simplex Viral Infection Doubles the Risk of Dementia in a Contemporary Cohort of Older Adults: A Prospective Study” sono stati pubblicati sulla rivista scientifica specializzata Journal of Alzheimer's Disease.

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