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Addio ai ghiacciai di Yellowstone, Kilimangiaro e Dolomiti entro il 2050, condannati a causa nostra

Il 33% dei ghiacciai nei siti UNESCO sparirà entro il 2050 a causa dei cambiamenti climatici, anche se fermeremo le emissioni. C’è tempo per salvare gli altri.
A cura di Andrea Centini
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I ghiacciai del Kilimangiaro, delle Dolomiti, del Parco Nazionale dello Yellowstone e di numerosi altri siti scompariranno per sempre entro il 2050. Il loro scioglimento è ormai certo e si verificherà indipendentemente da quanto riusciremo a contrastare le emissioni di anidride carbonica (CO2) in atmosfera, principale volano del riscaldamento globale. Queste leggendarie masse di ghiaccio hanno infatti raggiunto un punto di non ritorno e ormai, secondo gli scienziati, non c'è più nulla da fare per poterle salvare. A sparire dalla Terra entro soli trenta anni sarà circa un terzo dei 18.600 ghiacciai ospitati in 50 siti del patrimonio mondiale dell'Organizzazione delle Nazioni Unite per l'Educazione, la Scienza e la Cultura, meglio conosciuta con l'acronimo di UNESCO. Un numero enorme, ma fortunatamente parziale. I restanti ghiacciai, infatti, possono ancora essere salvati. Ma dipende soltanto da noi e dalle azioni che intraprenderemo.

Ad affermare che un un terzo dei ghiacciai dei siti dell'UNESCO sparirà entro il 2050 è un nuovo rapporto messo a punto dall'organizzazione dell'ONU, elaborato sulla base dei molteplici studi satellitari e sul campo che stanno monitorando da decenni la salute dei corpi ghiacciati. Come specificato dall'UNESCO, i 18.600 ghiacciai dei siti “patrimonio mondiale dell'umanità” rappresentano il circa il 10 percento delle aree ghiacciate sulla Terra, estendendosi per 66mila chilometri quadrati. A causa dei cambiamenti climatici, tuttavia, negli ultimi venti anni si è innescata una drammatica accelerazione nei processi di scioglimento, che ha portato questi ghiacciai a perdere ben 58 miliardi di tonnellate di ghiaccio all'anno. È “l'equivalente del consumo idrico annuale combinato di Francia e Spagna”, ha chiosato l'UNESCO, aggiungendo che il loro scioglimento è responsabile di circa il 5 percento dell'innalzamento del livello del mare. Quest'ultimo fattore è uno dei più preoccupanti in relazione ai cambiamenti climatici, dato che, secondo le stime, entro il 2100 farà finire sott'acqua intere regioni costiere, isole oceaniche (soprattutto nel Pacifico) e grandi città affacciate sul mare.

Tra i ghiacciai che moriranno a causa nostra ci sono gli ultimi rimasti in Africa, ovvero quelli in cima al Kilimangiaro e al Monte Kenya; il ghiacciaio della Marmolada, la “Regina delle Dolomiti”, la cui sofferenza ha determinato la tragedia dello scorso 3 luglio; i ghiacciai dello Yunnan, in Cina, che hanno perso il 57,2 percento di massa dal 2000; i ghiacciai del Mont Perdu sui Pirenei, tra Francia e Spagna; i Ghiacciai nel Parco Nazionale Los Alerces (Argentina); i ghiacciai nel Parco Nazionale di Yellowstone (Stati Uniti d'America); i ghiacciai del Waterton Glacier International Peace Park tra Canada e USA, che hanno perso oltre un quarto del volume due decenni; e molti altri ancora. Non si tratta solo di perdere ecosistemi unici e preziosissimi, ma anche di mettere a repentaglio la vita di molte comunità che da questi ghiacciai hanno dipeso per secoli (se non millenni). Grazie al ciclo stagionale dell'acqua legato ai ghiacciai, infatti, possono coltivare le terre, abbeverare gli animali e avere acqua pulita a disposizione. Con la scomparsa dei ghiacciai a valle non arriverà più nulla, costringendo le popolazioni ad abbandonare terre e attività, con tutte le conseguenze sociali ed economiche che si determinano.

Fortunatamente, come specifica l'UNESCO, non tutto è perduto. Se infatti riusciremo a contenere l'aumento delle temperature a non più di 1,5° C oltre alla media dell'epoca preindustriale, riusciremo a salvare i due terzi dei ghiacciai nei siti patrimonio mondiale dell'umanità (e non solo). Come emerso da alcuni recenti rapporti, purtroppo, ad oggi siamo lontanissimi dal poter raggiungere questo risultato. Per questa ragione l'augurio degli esperti è che durante la COP27, che inizierà domenica 6 novembre al Cairo, in Egitto, verranno finalmente prese le decisioni necessarie per arginare le emissioni di CO2 e le terribili conseguenze che stanno determinando.

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