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I soccorsi alpini “inutili”: quando il disperso è salvo ma non avvisa nessuno

Sempre più spesso accadono situazioni che costringono, inutilmente, gli uomini del soccorso alpino a esporsi a diversi pericoli pur di ritrovare chi si perde tra le montagne. A volte il disperso torna infatti da solo a casa, ma non si degna di fare una telefonata.
A cura di Susanna Picone
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Sempre più spesso accadono situazioni che costringono, inutilmente, gli uomini del soccorso alpino a esporsi a diversi pericoli pur di ritrovare chi si perde tra le montagne: succede che a volte il disperso torna da solo a casa, ma non si degna di fare una telefonata.

Cercare qualcuno tra le montagne, in ambienti talvolta assolutamente non accoglienti, è sicuramente un lavoro che necessita di notevoli investimenti fisici e materiali: gli uomini del soccorso alpino sono infatti quelli che, pur di rispondere agli allarmi di quanti risultano dispersi, per primi si espongono a quegli stessi pericoli. Non ci si può non arrabbiare però, come racconta oggi lastampa.it, quando accade che quelli che in teoria sarebbero i dispersi da cercare in realtà sono già tornati sani e salvi a casa. Sono fortunatamente a casa ma non hanno avuto il tempo di avvisare nessuno. Quel che infatti succede – al quotidiano lo denuncia il capo del soccorso alpino valdostano Alessandro Cortinovis – è che “c’è chi chiama, si salva e non ci avverte che è rientrato. Non c’è legge né sanzione contro chi non usa il buon senso o l’educazione. E noi continuiamo a cercare, a volte esponendoci a gravi pericoli”.

“Eppure sanno che per cercarli altri si espongono agli stessi pericoli” – Chiaramente il soccorso alpino farebbe volentieri a meno di situazioni del genere ma, afferma Cortinovis, “fa parte delle incognite del nostro lavoro” e ogni anno se ne registrano alcuni. Uno degli ultimi casi “denunciati” riguarda due alpinisti in difficoltà sul Monte Bianco: uno viene recuperato, dell’altro non c’è traccia. Le operazioni di soccorso non possono dunque che continuare fino a che si viene a sapere, dopo diverse ricerche, che il disperso ha vinto sulla nebbia e sulla neve ed è tornato a casa, ma ovviamente non aveva avvisato. “Eppure sanno di essersela cavata e che altri per cercarli potrebbero correre i loro stessi rischi”, ripete Cortinovis. Poi ci sono anche altri casi che fanno “arrabbiare”: quando i soccorsi sono costretti “a cercare alla cieca” perché gli alpinisti, sicuri del fatto di avere con sé un cellulare, non forniscono prima le mete dei loro viaggi.

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