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Genova, molotov contro centro migranti, 4 studenti indagati: “Volevamo solo divertirci”

I quattro giovani studenti hanno raccontato di aver trascorso la serata insieme bevendo molto e di aver infine deciso lanciare la molotov, preparata sul momento, solo per divertirsi. La polizia sospetta però che il raid fosse premeditato e li accusa di incendio doloso aggravato dall’odio razziale e fabbricazione e porto di arma da guerra.
A cura di Antonio Palma
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"Volevamo solo divertirci", così si sono giustificati davanti agli inquirenti quattro giovani studenti genovesi individuati come esecutori del raid a colpi di molotov avvenuto nel febbraio  scorso contro un centro di accoglienza per richiedenti asilo a Davagna, in val Bisagno, nell'hinterland del capoluogo ligure. Secondo la ricostruzione dell'accusa, i quattro, poco più che maggiorenni, avevano passato la notte tra venerdì 22 e sabato 23 in giro per locali tra alcol e bagordi prima di accanirsi contro il centro per migranti. Gli inquirenti della Digos, però, sospettano che l'attacco non sia stato affatto casuale ma al contrario ben premeditato.  Come rivela il quotidiano La Stampa, dopo la serata nel centro di Genova, infatti, si sarebbero avviati in auto direttamente verso il centro di accoglienza, distante oltre 25 chilometri.

Secondo il loro stesso racconto, l'idea sarebbe nata durante il tragitto a bordo dell'auto di uno di loro. Così nella stessa vettura avrebbero anche confezionato la molotov poi usata per l'azione dimostrativa contro Casa Apollaro, struttura gestita da una onlus che si occupa di migranti richiedenti asilo. Subito dopo il lancio contro la porta dell'edificio cheha innescato anche un rogo, si sono dati alla fuga. L'associazione aveva deciso di non divulgare pubblicamente la notizia  ma di rivolgersi solo alle forze dell'ordine. Per questo i  quattro pensavano di farla franca ma in realtà in poco tempo la polizia è riuscita a risalire a loro grazie a diversi filmati delle telecamere di sorveglianza della zona che hanno ripreso l'auto mentre si aggirava per le strade del piccolo comune ligure.

Per loro è scattata l'iscrizione nel registro degli indagati con le accuse di incendio doloso aggravato dall'odio razziale e fabbricazione e porto di arma da guerra. Per i quattro giovani l'autorità giudiziaria ha anche autorizzato una perquisizione domiciliare durante la quale la Digos ha sequestrato computer e telefonini per ricostruire le ore immediatamente precedenti il raid e capire se effettivamente si sia trattato di un'azione improvvisata o se invece dietro il gesto ci sia un  progetto ben organizzato.

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