USA e Iran si incontrano in Italia per trattare sul nucleare: cosa c’è in gioco nei negoziati

A Roma si è tenuto oggi il secondo round di negoziati sul programma nucleare iraniano tra i rappresentanti degli Stati Uniti e quelli di Teheran. Il primo si era svolto una settimana fa a Muscat, in Oman, e sono proprio gli omaniti a fare da mediatori nelle trattative, anche se l'Italia si è proposta come Paese ospite.
I colloqui si sono conclusi poco prima delle quattro del pomeriggio, dopo quattro ore. Le due delegazioni si trovavano nell'ambasciata dell'Oman, in stanze separate, e comunicavano tramite la mediazione del diplomatico omanita. Secondo fonti iraniane, il clima sarebbe stato "costruttivo". Il prossimo vertice si terrà tra una settimana, sabato 26 aprile, di nuovo in Oman. Già mercoledì inizieranno i contatti a livello tecnico. Il ministro Araghchi ha dichiarato: "È stato un buon incontro e posso dire che i negoziati stanno andando avanti. Questa volta siamo riusciti a raggiungere una migliore comprensione su una serie di principi e obiettivi".
Chi c'era al negoziato tra Usa e Iran sul nucleare
Le delegazioni erano di alto livello: per l'Iran era presente il ministro degli Esteri Abbas Araghchi, mentre gli Stati Uniti l'inviato speciale Steve Witkoff, imprenditore che Trump ha incaricato delle relazioni nel Medio oriente e che si occupa anche di Russia e Ucraina, nonostante non abbia avuto esperienze diplomatiche in passato. C'era anche il ministro degli Esteri dell'Oman Badr Albusaidi, con la funzione di mediatore.
Pochi giorni fa le autorità iraniane avevano detto che l'incontro si sarebbe svolto nuovamente in Oman, e non a Roma, perché la presenza negli stessi del vicepresidente statunitense JD Vance era considerata uno ‘sgarbo' diplomatico. Successivamente però, forse dopo rassicurazioni da parte degli italiani, è arrivato il via libera per l'incontro. Per l'Italia è una buona occasione dal punto di vista delle relazioni internazionali: le permette di presentarsi come terreno neutrale mantenendo i rapporti con entrambi i Paesi.
Antonio Tajani, ministro degli Esteri, ha avuto dei faccia a faccia con tutti e tre i partecipanti al summit e ha detto di aver espresso l'auspicio per una "decisa accelerazione" delle trattative. Araghchi ha detto che è necessario raggiungere un accordo "logico e razionale" e rimuovere "le sanzioni crudeli e illegali" contro l'Iran. Non solo, ma il ministro ha ribadito che il Paese non intende dotarsi di testate atomiche, e detto che "l'unico ostacolo a un Medio Oriente libero da armi nucleari è il regime israeliano", invitando "la comunità internazionale e i paesi europei ad adottare posizioni responsabili contro gli atti genocidari, le violazioni del diritto e gli atti di aggressione del regime israeliano".
Quali sono gli obiettivi, tra le minacce di Trump
L'incontro, come detto, è stato di alto livello anche perché il tema è delicato. Negli ultimi giorni le attività diplomatiche dei cosiddetti ‘sherpa', i funzionari che si incontrano prima dei vertici per fissare i paletti dei negoziati, erano state intense. La capacità nucleare dell'Iran è da tempo un tema che agita i Paesi occidentali. Il timore è che Teheran si doti di un'arma atomica. Un accordo internazionale era arrivato nel 2015, sotto la presidenza di Barack Obama, ma nel 2018 proprio Donald Trump ha deciso di tirare fuori gli Stati Uniti. Da allora, Teheran ha superato i livelli consentiti dall'accordo, anche se continua a sostenere che non ha intenzione di procurarsi un'arma nucleare. Ora le trattative sono in corso per trovare una seconda intesa.
Questa settimana il New York Times ha riportato che proprio Trump avrebbe bloccato i piani di Israele di colpire le centrali nucleari iraniane, perché il presidente statunitense avrebbe preferito proseguire le trattative piuttosto che passare all'offensiva militare. Quando interrogato dai cronisti sulla questione, Trump ha detto: "Non ho fretta di farlo", cioè di attaccare, "perché penso che l'Iran abbia una possibilità di essere un grande Paese e vivere felice senza morte". Questa, ha detto, è "la mia prima opzione. Se c'è una seconda opzione, penso che sarebbe molto brutta per l'Iran".
La minaccia di un'offensiva militare, insomma, non è sparita. Ma il vertice di oggi può servire ad abbassare le tensioni. Non è un caso che l'inviato speciale Witkoff negli ultimi giorni avesse incontrato in modo più o meno informale i rappresentanti di Francia, Germania e Regno Unito, oltre a diversi esponenti del governo israeliano: il ministro per gli Affari strategici Ron Dermer, che è anche uno dei consiglieri più vicini a Benjamin Netanyahu, e il direttore del Mossad David Barnea. È noto che la linea israeliana nei confronti di Teheran è decisamente dura, con numerosi raid militari anche negli scorsi mesi. Da parte sua invece il ministro iraniano Araghchi si era recato ieri a Mosca, dove aveva incontrato Vladimir Putin e il ministro degli Esteri Sergey Lavrov.
In giornata, sui social, il consigliere della Guida suprema dell'Iran Ali Khamenei, Ali Shamkhani, ha scritto: "Il team iraniano è a Roma con pieni poteri per stringere un accordo basato su nove principi: serietà, garanzie, equilibrio, nessuna minaccia, velocità, rimozione delle sanzioni, rifiuto del modello Libia/Emirati Arabi Uniti, limitare i Paesi ostili (come Israele) e facilitare gli investimenti. Non per arrendersi".