121 CONDIVISIONI
video suggerito
video suggerito
Guerra in Ucraina

Ucraina, perché a un anno dall’invasione della Russia la risoluzione del conflitto è ancora lontana

L’intervista di Fanpage.it a Carolina De Stefano, professoressa di Storia e Politica della Russia presso l’Università LUISS di Roma, alla vigilia del primo anniversario dell’invasione dell’Ucraina: “La campagna militare va avanti e non si vedono prospettive di risoluzione immediata. Occhi puntati sulla Cina, che potrebbe giocare un ruolo di mediatore del conflitto”.
Intervista a Carolina De Stefano
professoressa di Storia e Politica della Russia presso l'Università LUISS di Roma.
A cura di Ida Artiaco
121 CONDIVISIONI
Immagine
Attiva le notifiche per ricevere gli aggiornamenti su

"Alla vigilia del primo anniversario dell'invasione russa dell'Ucraina possiamo dire che la campagna andrà avanti, anche perché non si vedono prospettive di risoluzione immediata".

Ne è convinta Carolina De Stefano, professoressa di Storia e Politica della Russia presso l'Università LUISS di Roma, che a Fanpage.it ha fatto un bilancio del primo anno di guerra in Ucraina e una riflessione su come il conflitto potrebbe evolvere nei prossimi mesi alla luce del discorso alla Nazione tenuto oggi dal presidente Putin esattamente un anno dopo l'inizio di quella che lui continua a definire "operazione speciale". Proprio il 24 febbraio presso il Campus della LUISS si terrà, per altro, l'evento "Ucraina, un anno dopo", per riflettere sulla situazione attuale e le prospettive future che attendono il popolo ucraino.

Prof.ssa De Stefano, che bilancio possiamo fare di questa guerra?

"La campagna va avanti e non si vedono prospettive di risoluzione immediata, anzi. Si sono radicalizzati i fronti della Russia contro l'Occidente, con quest'ultimo che appare più unito con crescente sostegno all'Ucraina, confermato dalla visita di ieri di Biden a Kiev.

Nell'ultimo anno abbiamo assistito ad un crescendo di questa contrapposizione, culminata nell'unico vero annuncio rivelante che Putin ha fatto oggi in termini di politica estera con la rinuncia ad implementare il New Start, che è l'ultimo accordo che è rimasto in vigore.

Dal punto di vista militare, la campagna è andata male, con un bilancio in verità prevedibile già dopo i primi mesi di guerra. Si vedeva che non sarebbe stato facile per l'Ucraina respingere i russi, con quest'ultimi che dall'altra parte non sono riusciti a sfondare. Avremo una situazione ancora tesa per i prossimi mesi. Si deve capire se questa controffensiva che i russi stanno preparando avrà la capacità di cambiare la situazione sul terreno e di accrescere quella contrapposizione di cui parlavamo.

Inoltre, stiamo assistendo all'evoluzione del regime putiniano che ha cambiato la sua natura e che sta istituzionalizzando i tratti di uno stato in guerra con una economia di guerra".

A proposito di economia, Putin nel suo discorso di oggi ha affermato che le sanzioni occidentali non hanno sortito l'effetto sperato. Quale è la situazione?

"Per quanto riguarda l'economia sono usciti dei dati di recente sul fatto che effettivamente sia andata meno peggio in termini di Pil quest'anno di quanto si prevedeva all'inizio. C'è sempre poi il problema di definire l'obiettivo delle sanzioni. Credere in generale che le sanzioni possano portare al crollo di un sistema, che a sua volta ha delle riserve importanti, è un obiettivo dichiarato ma non molto realistico quanto meno nel medio-lungo termine.

C'è stato sicuramente un impatto economico, lo si vede anche dalle testimonianze di coloro che sono ad esempio attivi nel settore del mercato automobilistico, che è crollato. Per come parlava Putin oggi – ed è questa la grande scommessa della Russia – questa è una fase di transizione, si accettano di fare sacrifici perché si pensa che poi si possa riorientare l'economia verso altre realtà, come Cina e India".

Putin ha fatto leva sulla contrapposizione tra Occidente e Russia più volte nel corso del suo discorso. Che ruolo può giocare la Cina in questo contesto?

"Oggi il ministro degli Affari esteri cinese è in Russia dopo un tour che ha incluso anche un viaggio in Italia. Sempre i cinesi hanno anche annunciato che il 24 febbraio, giorno dell'anniversario dell'invasione, il presidente Xi proporrà all'assemblea generale Onu un piano di pace, di cui discuteranno poi con Putin.

Quello che è interessante è che la Cina, in maniera più chiara che nei mesi scorsi, sta provando a proporsi come un eventuale mediatore del conflitto. C'è quantomeno la possibilità che Pechino giochi un ruolo in questo tentativo di negoziazione, anche se si vedono a parer mio pochi spiragli per una operazione del genere al momento. Sarà interessante vedere in cosa consiste questo piano e la maniera in cui la Russia lo recepirà".

Putin ha parlato di vittoria, è difficile immaginare una negoziazione…

"È molto difficile, ma anche in questo caso bisogna stabilire cosa significa vittoria. Penso che ci sarà un momento in cui Putin venderà come vittoria parziali ed eventuali conquiste territoriali. Ma la vittoria come quella che poteva ottenere all'inizio, quando ha provato ad entrare a Kiev, non c'è stata, quindi qualunque cosa succeda è una vittoria che da un vista oggettivo non è tale. Altra cosa è arrivare ad un punto in cui lui potrà dire di aver vinto alla propria popolazione".

Quando pensa si arriverà a questo punto?

"Difficile dirlo, ma non lo vedo nel breve termine. Dovrebbe arrivare quando i russi decideranno di fatto che non possono permettersi di andare avanti perché i costi del conflitto sono diventati troppo alti".

Tornando al trattato New Start, Putin ha parlato ancora un volta di nucleare. Crede che si tratti di pura retorica o possiamo aspettarci altro?

"Quello della deterrenza nucleare è uno strumento che Putin usa perché oggettivamente è l'unica cosa per cui la Russia può essere definita una grande potenza rispetto ad altri. Al momento siamo ancora sul piano della retorica. Certo, non è un buon segnale la decisione di sospendere il New Start, ma più che altro perché riflette il degradarsi della situazione.

Non necessariamente significa che sono intenzionati ad aumentare il numero di testate nucleari. Non so se la strada è quella di un ulteriore riarmo ma di certo è simbolo di una riduzione continua dei rapporti tra le due potenze, che crea in prospettiva la possibilità di una ulteriore escalation".

121 CONDIVISIONI
4230 contenuti su questa storia
autopromo immagine
Più che un giornale
Il media che racconta il tempo in cui viviamo con occhi moderni
api url views