Terremoto Afghanistan, il dramma delle donne bloccate in casa: “Nessuno le può toccare e portare in ospedale”

È salito a oltre 1400 morti il bilancio del terremoto che ha colpito duramente la provincia orientale di Kunar, in Afghanistan. Più di 3mila i feriti, riferiscono le autorità talebane.
In questo scenario di distruzione ed emergenza, sono le donne, ancora una volta, a pagare le conseguenze di una società che impedisce loro di muoversi liberamente per le strade, studiare, lavorare, vivere delle vite normali.
Come ha spiegato a Fanpage.it Luca Lo Presti, presidente della Fondazione Pangea Onlus, che da più di 20 anni opera nel Paese, molte sono morte perché, anche durante le scosse, si trovavano chiuse in casa.

"Noi siamo già attivi da questa mattina nella zona del terremoto, stiamo usando fondi di emergenza e abbiamo strutturato un'operazione con un team sanitario al femminile, perché le scosse hanno colpito duramente il Nord-Est, una zona montuosa dove, se non facciamo in fretta, tra un mese e mezzo sarà tutto ghiacciato".
"Le case sono crollate mentre le donne erano all'interno, case da dove non si possono muovere. E, come ci riferiscono i colleghi afghani che sono lì, nessuno sta portando in ospedale quelle che non sono morte perché le donne da sole non possono essere toccate, nessuno ci può parlare, non possono essere curate", ci spiega il presidente.
"Quelle che sono arrivate in ospedale perché accompagnate, magari anche solo da un figlio maschio, non vengono curate perché non ci sono dottoresse donne. È un disastro", aggiunge ancora Lo Presti.
La Fondazione sta attingendo dal fondo di emergenza e sta cercando di raccogliere ulteriori aiuti per portare personale sanitario sul posto, femminile e maschile, e attivare degli ambulatori specifici per le donne, oltre che portare cibo, vestiti e altri generi di conforto.
"Non ci sono operatori che portino le donne in ospedale perché se è morto il marito o il figlio maschio e sono rimaste senza nessuno, se l'uomo è disperso e la donna è ferita, la lasciano lì perché nessuno può caricarla e portarla via, se non c'è personale sanitario medico e paramedico femminile", precisa il presidente.
Il 18 settembre Lo Presti partirà e raggiungerà le zone del terremoto: "Non riesco ad andare prima perché i tempi per avere i visti non sono veloci, anche se i talebani ieri ci hanno chiamati per intervenire".
"Hanno convocato il direttore di Pangea in Afghanistan e hanno accreditato il nostro personale medico e paramedico, nonostante fossero mesi che cercavamo di avere le autorizzazioni da parte del Ministero della Salute perché non vogliono che le donne lavorino", racconta ancora.
Con il ritorno dei talebani nel 2021 e la restaurazione dell'Emirato Islamico, dopo il ritiro delle truppe internazionali, il paese ha subito un peggioramento della crisi umanitaria, economica e sociale, con un drastico calo degli aiuti internazionali e gravi violazioni dei diritti umani, in particolar modo, per donne e ragazze.

"La cosa che è cambiata in maniera strutturale è che quelle che erano leggi tribali, quindi orali, oggi sono scritte, sono legge. – ci racconta Lo Presti – Per 20 anni con la Repubblica, anche se nelle zone rurali e montuose, nelle zone più remote, venivano comunque applicate le regole della sharia contro le donne, queste erano considerate fuori legge".
"Una donna poteva difendersi in qualche modo. Noi abbiamo seguito dei casi in tribunale, abbiamo vinto delle cause perché avevamo la legge dalla nostra parte. Oggi la legge non c'è più. Oltre alle leggi dei ministri talebani contro le donne, c'è la legge degli uomini per la strada. E tutto quello che a un uomo viene in mente di fare contro la donna è lecito".
"Ora non c'è nessuna legge a favore delle donne. Sono ricominciate, e sono notizie che ho ricevuto pochi giorni fa, specie a Sud del Paese, le fustigazioni per strada con accuse assurde, come quelle di adulterio, mai provate".
"Ma come può una donna essere adultera in quel Paese? – commenta il presidente – Ma neanche viene voglia di innamorarsi di un uomo. Perché mai dovrebbe? Il marito dice che la moglie lo ha tradito e quindi viene lapidata in piazza, piuttosto che riceve 50 o 100 frustate. Magari perché l'uomo si vuole liberare di lei perché vuole prendere un'altra moglie".
E anche le donne che collaborano con Pangea in Afghanistan vengono trattate "come se fossero invisibili", racconta Lo Presti.
"Quando andiamo a fare gli incontri al Ministero, le colleghe parlano e il ministro risponde a me. E quando ci salutiamo alla fine dell'incontro, mi abbracciano mentre a loro gli fanno un gesto con la mano, come per dire: ‘Andatevene via, non dovevate neanche essere qui'".
Nonostante le tante difficoltà, da 20 anni Pangea lavora con e per le donne e le loro famiglie in contesti di discriminazione, povertà, guerre e conflitti, attraverso progetti concreti di cooperazione e sviluppo umano.
"Puntiamo sull'educazione, vogliamo riuscire a far capire che si può vivere insieme uomini e donne, e lo stiamo facendo lavorando una goccia alla volta da oltre 20 anni, perché si capisca che si può vivere in un modo differente. – conclude Lo Presti – Ci vuole tempo, ma si può fare".