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Proteste in Iran dopo la morte di Mahsa Amini

Proteste in Iran dopo la morte di Mahsa Amini, Amnesty: “Intervenga l’Onu, vogliamo verità e giustizia”

Il commento a Fanpage.it di Riccardo Noury, portavoce di Amnesty Italia, sulle proteste scoppiate in Iran dopo la morte della 22enne Mahsa Amini: “Mobilitazione capillare. Serve un meccanismo internazionale di inchiesta indipendente sotto la guida delle Nazioni Unite che possa cercare prove e portare a soluzione di giustizia”.
A cura di Ida Artiaco
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"La ragione principale alla base delle proteste a cui stiamo assistendo in queste ore è che Mahsa Amini per l'età e le circostanze atroci in cui è stata uccisa viene identificata da tante persone come una di loro e chi scende in piazza vede un fatto gravissimo che è accaduto e che le autorità stanno cercando di coprire con spiegazioni inverosimili in un paese che è giovane e in cui è avvertita molto la discriminazione di genere".

A parlare è Riccardo Noury, portavoce di Amnesty Italia, che a Fanpage.it ha commentato la grande mobilitazione a cui si sta assistendo nelle ultime ore nella maggiori città dell'Iran, da Teheran a Rasht, passando per Esfahan, Karaj, Mashhad, Sanandaj, Ilam e molte altre.

Alla base delle proteste la morte della 22enne Mahsa Amini, che sarebbe stata uccisa perché secondo la Pattuglia di guida della Repubblica islamica dell'Iran, una squadra speciale di polizia incaricata dell'applicazione pubblica delle norme islamiche, chiamata la "polizia morale", che l'aveva arrestata, indossava male l'hijab.

"È una delle mobilitazioni più sentite e imponenti degli ultimi anni – ha detto Noury -. Non è la prima del 2022 ma la più capillare. E la reazione delle autorità iraniane purtroppo è sempre la stessa, da un lato insabbiano e dall'altra reprimono le proteste in piazza con proiettili veri, cannoni ad acqua, uccisioni".

Quello che serve, secondo il portavoce di Amnesty, è l'intervento di un soggetto terzo.

"La certezza – ha continuato – è che le autorità iraniane non sono in grado, per mancanza di volontà, di accertare fino in fondo le responsabilità. Non rispondono all'esigenza di avere verità e giustizia. Quindi quello che è fondamentale fare riguardo al caso di Mahsa e di tutte la altre vicende di violazione dei diritti umani è che ci sia un meccanismo internazionale di inchiesta indipendente sotto la guida delle Nazioni Unite che possa cercare prove e portare a una soluzione di giustizia che non può essere interna".

Quella di Mahsa non è purtroppo l'unica vicenda di violazione dei diritti umani in Iran.

Solo qualche giorno fa proprio Amnesty aveva lanciato un appello a favore di Zahra Sedighi Hamedani, 31 anni, ed Elham Chubdar, 24, attiviste Lgbt condannate a morte proprio per la loro attività in difesa degli omosessuali.

"L'appello è urgente più che mai – ha sottolineato ancora Noury -, è una vicenda di repressione dei diritti umani, che conferma che il tema dell'identità di genere e dell'orientamento sessuale in Iran è considerato un crimine quando lo si promuove. Siamo preoccupati per la sorte di queste due ragazze, l'appello ha raccolto centinaia di migliaia di adesioni in tutto il mondo".

Una situazione, dunque, terribile che, secondo il portavoce di Amnesty "sta peggiorando sempre di più da quando è salito al potere il presidente Ebrahim Raisi, del quale va ricordato che è una persona di cui, se la giustizia internazionale facesse il suo corso, si potrebbe accertare il ruolo in crimini contro l'umanità giacché nel 1988 lo stesso Raisi presiedette la commissione della morte di Teheran che stabiliva quante migliaia di prigionieri politici dovessero essere messi a morte. Cosa che poi avvenne".

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