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Perché la tregua tra Hamas e Israele potrebbe essere prorogata (ma non durerà a lungo)

L’intervista di Fanpage.it a Chiara Lovotti, ricercatrice dell’Ispi: “Estensione della tregua tra Hamas e Israele? Potrebbe esserci ma non credo durerà più di due o al massimo tre giorni. Per Israele la priorità è distruggere Hamas, per questo riprenderà presto l’operazione militare quanto prima”.
Intervista a Chiara Lovotti
ricercatrice Ispi (Istituto per gli Studi di Politica Internazionale).
A cura di Ida Artiaco
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"Il bilancio di questi quattro giorni di tregua è tutto sommato positivo, ma le ostilità continueranno. Potrebbe esserci una estensione della pausa del conflitto ma, anche se si ottenesse davvero, non credo durerebbe più di due o al massimo tre giorni. Per Israele la priorità è distruggere Hamas, per questo riprenderà presto l'operazione militare quanto prima, anche senza il rilascio di tutti gli ostaggi".

Così Chiara Lovotti, ricercatrice dell'Ispi (Istituto per gli Studi di Politica Internazionale), ha commentato a Fanpage.it la quattro giorni di tregua dai combattimenti, che terminano oggi, concordata tra Hamas e Israele con la mediazione di Qatar, Egitto e Stati Uniti. Nelle ultime ore la diplomazia sta lavorando ad una estensione della pausa, ma le trattative sono ancora in corso. Il premier israeliano Benjamin Netanyahu, parlando con Joe Biden, ha detto che "c'è un piano di intesa che prevede la liberazione di 10 ostaggi per ogni giorno ulteriore di tregua", ma non durerà a lungo.

L'accordo prevedeva la liberazione di almeno 50 tra donne e minori tenuti in ostaggio a Gaza (finora ne sono stati liberati 40), in cambio del rilascio di almeno 150 donne e minori palestinesi trattenuti nelle prigioni dello Stato ebraico

Dott.ssa Lovotti, quale il bilancio della pausa tra Hamas e Israele?

"Il bilancio di questi quattro giorni di tregua è tutto sommato positivo. Abbiamo osservato con il fiato sospeso questo equilibrio molto fragile raggiunto tra Israele e Hamas mediato soprattutto da Qatar, Egitto e Usa. Si temeva che potesse saltare da un momento all'altro ma così non è stato, nonostante qualche tensione sollevata soprattutto da Hamas che diceva che gli israeliani non stavano rispettando gli accordi in modo preciso, ma poi tutto si è risolto. Il numero degli ostaggi consegnati è stato rispettato. L'accordo prevedeva anche altre punti legati alla fruizione degli aiuti umanitari che pure sono stati rispettati. Quindi il bilancio è positivo".

Ma…

"Certo, rimangono le preoccupazioni e l'amarezza per il fatto che la tregua non corrisponda a un cessate il fuoco duraturo, perché le ostilità continueranno. Si sta discutendo circa la proroga della tregua, voluta non solo da attori internazionali ma anche da Hamas, che ha bisogno di questo tempo anche per riorganizzare le proprie forze e ricevere aiuti vitali per il prosieguo delle operazioni. Bisogna però vedere se Israele accetterà e anche qualora accettasse c'è da sospettare che sarà una estensione molto breve".

Quanto breve?

"Se riuscissimo ad avere almeno altri 3 giorni di tregua sarebbe già un successo, Hamas è particolarmente interessata. Avrebbe addirittura promesso il rilascio di ulteriori ostaggi, però è chiaro che gli israeliani non vogliono questa estensione della tregua perché non vogliono lasciare il tempo ad Hamas per riorganizzarsi. Il ministro della Difesa di Tel Aviv proprio oggi ha detto che qualsiasi futura negoziazione si terrebbe under fire, sotto le bombe. Chiaramente le trattative sui prigionieri rimangono un punto centrale per Israele ma non è quello più importante. Per Israele la priorità è distruggere Hamas, per questo riprenderà presto l'operazione militare, anche andando contro al volere della popolazione che invece – e i sondaggi lo dicono chiaramente – preferirebbe la fine del conflitto. Ma il governo non si ferma".

Netanyahu, parlando con il presidente Usa Biden, ha detto che "c'è un piano di intesa che prevede la liberazione di 10 ostaggi per ogni giorno ulteriore di tregua". Dobbiamo credergli?

"Si potrebbe andare avanti così di giorno in giorno ma non per molto. Di sicuro Israele non aspetterà il rilascio di tutti gli ostaggi per riprendere le ostilità altrimenti darebbe troppo tempo ad Hamas per organizzarsi e ripartire con gli attacchi".

Quali, tra i paesi esteri, potrebbe svolgere un ruolo decisivo in questo momento così delicato?

"Il Qatar può svolgere un ruolo centrale. Da un lato è un attore di spicco che in quanto paese arabo supporta la causa palestinese e ha dato sostegno ad Hamas ospitandone i leader. Dall'altro lato gode di buone relazioni sia con gli altri paesi della regione mediorientale sia con l'Occidente, Europa e Stati Uniti. Ha una diplomazia molto attiva, negli ultimi anni si è proposto come mediatore in vari conflitti e contesti come per esempio quello in Afghanistan. Media con gli Usa, e in questo modo arriva anche ad Israele. Per questo, grazie a questo doppio ruolo, Doha può davvero fare da sponda tra le due parti. Poi c'è anche l'Egitto che si inserisce in questa situazione come paese direttamente interessato, dal momento che il valico di Rafah è l'unica frontiera di collegamento con la Striscia di Gaza".

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