Perché in Giappone sta per finire la birra: birrifici fermi e scaffali vuoti dopo l’attacco hacker

Il Giappone rischia di trovarsi a breve senza Asahi Super Dry, la birra più popolare del Paese, e altri prodotti del colosso nipponico delle bevande. La maggior parte dei 30 stabilimenti del Gruppo è ferma da lunedì 29 settembre, quando un massiccio attacco informatico ha compromesso i sistemi di ordinazione, consegna e call center, bloccando di fatto la distribuzione su scala nazionale.
Secondo quanto comunicato dall’azienda, non è ancora chiaro quando la produzione potrà riprendere normalmente. Nel frattempo Asahi ha avviato una sperimentazione di gestione manuale degli ordini, che però rischia di essere troppo lenta per far fronte alla domanda, e ha sospeso il lancio di nuovi prodotti.
I rivenditori giapponesi si sono già mossi per contenere l’impatto: 7-Eleven, FamilyMart, Lawson e Life Cooperation hanno avvisato i clienti della possibilità di scaffali vuoti nei prossimi giorni. FamilyMart, ad esempio, ha sospeso ordini e spedizioni della linea Famimaru di tè in bottiglia, prodotta da Asahi, mentre 7-Eleven ha bloccato le consegne della birra Super Dry e di altri articoli. Lawson sta predisponendo rifornimenti alternativi per limitare i disagi ai consumatori.
Oltre alla birra, il gruppo produce altre bibite in bottiglia, whisky come il celebre Nikka e diversi alimenti. Anche questi prodotti potrebbero presto iniziare a sparire dagli scaffali. In Europa, dove Asahi possiede marchi come Peroni Nastro Azzurro, oltre che Pilsner Urquell, Grolsch e il birrificio inglese Fullers, le operazioni non sono state colpite dall’attacco.
Asahi è il più grande birrificio del Giappone, con una produzione media stimata di circa 6,7 milioni di bottiglie grandi al giorno. L’interruzione ha quindi effetti immediati sulla distribuzione, con la possibilità che anche i tradizionali pub izakaya rimangano senza birra alla spina e in bottiglia.
L’episodio giapponese si inserisce in un contesto più ampio di attacchi informatici globali a grandi aziende. Solo la settimana scorsa, il Regno Unito ha stanziato una linea di credito d’emergenza da due miliardi di sterline per Jaguar Land Rover, dopo un mese di fermo produttivo causato da un attacco simile.
Secondo gli esperti di sicurezza informatica del gruppo Nihon Cyber Defence, le aziende giapponesi sono obiettivi appetibili per i ransomware, software che blocca i dati aziendali chiedendo un riscatto, sia per la relativa facilità di accesso sia per la propensione storica a pagare per evitare gravi interruzioni. Nel 2024 il Giappone ha registrato 222 attacchi ransomware, il 12% in più rispetto all’anno precedente, e in circa la metà dei casi il recupero dei dati ha richiesto almeno un mese.
Le conseguenze si riflettono anche sul mercato finanziario: le azioni del gruppo sono scese del 2,6% dopo la notizia. La crisi ha portato inoltre al rinvio a tempo indeterminato del lancio di otto nuovi prodotti, tra cui soda alla frutta, ginger ale al limone e barrette proteiche.
"Stiamo indagando sulle cause e lavorando al ripristino delle operazioni; al momento non è possibile stimare i tempi per tornare alla normalità", ha dichiarato un portavoce di Asahi, sottolineando che al momento non sono stati rilevati furti di dati personali dei clienti.
Quella che si profila nel Paese del Sol Levante è una crisi di approvvigionamento senza precedenti, che mette in luce la vulnerabilità della catena logistica di uno dei colossi del settore beverage e la fragilità delle grandi aziende di fronte alla minaccia crescente degli attacchi informatici.