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Guerra in Ucraina

Perché il Giappone si riarma nonostante la Costituzione pacifista vieti “per sempre” la guerra

L’articolo 9 della Costituzione giapponese afferma che “non saranno mantenute forze di terra, del mare e dell’aria, e nemmeno altri mezzi bellici”. Eppure Tokyo è corsa al riarmo e potrebbe aprire un ufficio NATO: “Dopo l’invasione russa dell’Ucraina il mondo è diventato molto più instabile”.
Intervista a Giorgio Cuscito
Analista di Limes
A cura di Davide Falcioni
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Soldati delle forze di autodifesa terrestri giapponesi
Soldati delle forze di autodifesa terrestri giapponesi
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"Dopo l'invasione russa dell'Ucraina il mondo è diventato molto più instabile". È questa la ragione per cui ieri il ministro degli Esteri giapponese Yoshimasa Hayashi ha annunciato, in un'intervista alla CNN, la possibile decisione di Tokyo di aprire un ufficio di collegamento con la NATO. "Ne stiamo parlando, non è stato ancora definito nessun dettaglio dell'operazione", ha dichiarato l'esponente del governo.

La scelta del Giappone di rafforzare il legame con l'Alleanza Atlantica è però figlia di un processo di lungo periodo. Dopo lo scoppio della guerra in Ucraina, e alla luce delle tensioni tra Cina, USA e Taiwan, il governo di Fumio Kishida ha deciso l’aumento più consistente dalla fine del secondo conflitto mondiale delle spese per la Difesa, che passano nel 2023 da 5.200 miliardi a 6.500 miliardi di yen, l’equivalente di 47 miliardi di dollari, con una prospettiva di ulteriore crescita nel prossimo quinquennio.

Si tratta di una notizia di non poco conto. Dopo la fine della Seconda Guerra Mondiale, infatti, il Giappone si è dotato di una Costituzione radicalmente pacifista il cui articolo 9 recita:

Aspirando sinceramente ad una pace internazionale fondata sulla giustizia e sull’ordine, il popolo giapponese rinunzia per sempre alla guerra, quale diritto sovrano della Nazione, ed alla minaccia o all’uso della forza, quale mezzo per risolvere le controversie internazionali.

Per conseguire l’obbiettivo proclamato nel comma precedente, non saranno mantenute forze di terra, del mare e dell’aria, e nemmeno altri mezzi bellici. Il diritto di belligeranza dello Stato non sarà riconosciuto.

L'aumento delle spese militari del Giappone sembra contraddire lo spirito della sua Costituzione. Ma da cosa è motivato? E come si stanno riorganizzando le forze di autodifesa giapponesi alla luce delle crescenti tensioni nella regione? Fanpage.it ne ha parlato con Giorgio Cuscito, analista, studioso di geopolitica della Cina e dell’Indo-Pacifico nonché curatore, per Limes, del Bollettino Imperiale.

Giorgio Cuscito, Limes
Giorgio Cuscito, Limes

Prima di parlare delle trattative per l'apertura di un ufficio NATO a Tokyo è necessario ricordare l’Articolo 9 della Costituzione giapponese, radicalmente pacifista. Si afferma che "il popolo giapponese rinuncia per sempre alla guerra". Perché questo articolo?

La Costituzione giapponese è figlia della sconfitta subita dagli Stati Uniti nella Seconda Guerra Mondiale: a Tokyo venne imposta una "Carta" radicalmente pacifista, che storicamente limita le capacità militari del Paese del Sol Levante, dotato non di un esercito "tradizionale" bensì di forze di autodifesa. Tuttavia nel corso degli anni il Giappone ha studiato e più volte valutato la possibilità di riformare la Costituzione allo scopo di non limitarsi esclusivamente ad adottare misure difensive. La nuova strategia di sicurezza nipponica, approvata lo scorso dicembre, prevede ora anche la capacità di contrattacco. Questa facoltà risponde alla necessità di potenziare le capacità militari nipponiche di fronte all'ascesa militare della Repubblica Popolare Cinese, oltre che alle minacce russa e nord-coreana.

Cosa prevede la facoltà di contrattacco?

Vuol dire che il Giappone può dotarsi dei mezzi per contrattaccare gli avversari quale “misura minima necessaria” da circoscrivere a bersagli militari. Dotandosi di questa capacità Tokyo ora può potenziare il proprio arsenale (vedi missili ipersonici e da crociera) senza però intraprendere una riforma strutturale della Costituzione, processo che sarebbe piuttosto lungo e complicato.

Un soldato giapponese durante un'esercitazione
Un soldato giapponese durante un'esercitazione

Ieri il Ministro degli esteri giapponese Yoshimasa Hayashi ha aperto alla possibilità di aprire un ufficio NATO a Tokyo. Come va interpretata questa mossa?

È la conferma della crescente interazione tra i partner degli Stati Uniti nell'Indo-Pacifico e l'Alleanza Atlantica, storicamente collocata in Europa. Questo processo è in corso da qualche tempo: infatti per la prima volta lo scorso giugno Giappone, Corea del Sud, Australia e Nuova Zelanda hanno partecipato al vertice NATO di Madrid. Questa strategia risponde all'aumento delle relazioni, sia militari che tecnologiche, tra Russia e Cina.

Il Giappone potrebbe decidere, in futuro, di diventare un membro effettivo della NATO?

Non credo, sarebbe una mossa eccessivamente ostile agli occhi della Cina. Dal punto di vista degli Stati Uniti non è strettamente necessario. Penso inoltre che Tokyo non abbia bisogno di entrare nell'Alleanza Atlantica, nella misura in cui è già saldamente legata agli USA sul piano militare. Ricordiamo che il Giappone ospita diverse basi americane e usufruirà di armi americane per assicurarsi la capacità di contrattacco di cui parlavamo pocanzi. Per andare sul concreto: in caso di guerra a Taiwan il Giappone ipotizza che la Cina potrebbe attaccare le strutture statunitensi sul proprio territorio; in quel caso potrebbe intervenire rapidamente contrattaccando.

Quanto hanno pesato, sulla decisione del Giappone di riarmarsi, la guerra Russia-Ucraina, le tensioni tra Cina e Taiwan e quelle tra le due Coree?

Da un punto di vista strategico Tokyo teme innanzitutto Pechino come rivale storico regionale, ma anche Mosca nella misura in cui la costa russa è estremamente vicina alla porzione settentrionale del Giappone: non a caso sono già in corso tra questi due Paesi dispute territoriali per le isole Curili. Il Giappone inoltre è minacciato dalla Corea del Nord – che anche di recente ha condotto esercitazioni militari – e storicamente non ha buoni rapporti neanche con la Corea del Sud. Infine c'è Taiwan: le isole meridionali dell'arcipelago giapponese distano solo un centinaio di chilometri dalla costa taiwanese. È lo stesso spazio che separa Taiwan dalla Repubblica Popolare Cinese. Il rischio di un conflitto tra Pechino e Taipei costituisce una minaccia anche agli occhi di Tokyo: non a caso negli ultimi mesi USA e Giappone hanno intensificato le operazioni nel braccio di mare tra l'arcipelago nipponico a Taiwan. Insomma, tutte queste dinamiche hanno contribuito a ridefinire una nuova strategia di sicurezza nazionale per il Giappone.

Un incontro tra il leader giapponese Fumio Kishida e Joe Biden
Un incontro tra il leader giapponese Fumio Kishida e Joe Biden

Secondo alcuni osservatori il Giappone – colpito il 6 e il 9 agosto del 1945 da due bombe atomiche a Hiroshima e Nagasaki – potrebbe decidere di dotarsi di armi nucleari, disponendo delle competenze e delle tecnologie necessarie per la loro realizzazione. È un'ipotesi realistica?

È un argomento di cui si dibatte da tempo, ma non credo che assisteremo a questo cambiamento, perlomeno nel breve periodo. Il Giappone tende a cambiare i suoi processi strategici in maniera estremamente graduale e lenta, anche perché la stessa popolazione è sensibile a temi come il riarmo, la guerra e il nucleare. Inoltre Tokyo non ha interesse a destabilizzare ulteriormente la regione. Non va poi dimenticata la Costituzione e quel famoso articolo 9, che vieta tassativamente il ricorso alle armi – figuriamoci quelle nucleari – come "mezzo per risolvere le controversie internazionali".

Come reagirà la Cina all'apertura di un ufficio NATO, semmai dovesse avvenire?

La Cina ha già manifestato ripetutamente la sua opposizione all'espansione delle attività NATO in estremo oriente e nell'Indo-Pacifico. L’apertura di un ufficio dell'Alleanza Atlantica in Giappone complicherebbe ulteriormente i già gelidi rapporti sino-nipponici.

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