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Perché il caso Saman rischia di far scoppiare un incidente diplomatico tra Italia e Pakistan

La storia di Saman Abbas, la 18enne pakistana scomparsa da Novellara e del cui omicidio sono accusati (e ricercati) i genitori sembra intrecciarsi con quella del medico Ahmed Farhan Junejo, arrestato a Torino la scorsa settimana con l’accusa di riciclaggio. Al centro vi è un mancato accordo bilaterale tra Italia e Pakistan che ora si trovano a dover affrontare una doppia questione che rischia di diventare un caso diplomatico.
A cura di Salvatore Garzillo
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La storia di Saman Abbas è ancora viva nella memoria della cronaca e della diplomazia internazionale, con l'Italia e il Pakistan in cerca di una soluzione per l'estradizione dei genitori della ragazza scomparsa a maggio da Novellara (Reggio Emilia), e sospettati di averla uccisa per essersi opposta a un matrimonio combinato. Ora c'è un'altra vicenda che rischia di diventare un caso diplomatico: la richiesta di estradizione dall'Italia al Pakistan di Ahmed Farhan Junejo, il medico pakistano di 47 anni accusato di riciclaggio nel proprio Paese nel 2013 e fermato la scorsa settimana durante un vacanza a Torino su mandato internazionale emesso dall'Interpol il 18 gennaio 2018.

La storia di Junejo ha intrecci internazionali che partono da lontano, dal giugno 1991, quando un gruppo di terroristi pakistani (così li hanno definiti i giornali locali dell'epoca) uccisero suo padre Nabi Sher Junejo, magistrato della corte speciale anti terrorismo. Pare che la sua colpa sia stata opporsi al regime militare. Un omicidio politico che ha costretto tutta la famiglia a scappare dal Pakistan, arrendendosi a una personale diaspora che ha portato quasi tutti i componenti a ottenere subito la protezione negli Stati Uniti. Ahmed Farhan Junejo è stato tra i pochi a scegliere la Gran Bretagna, che gli ha concesso prima l'asilo politico e poi la cittadinanza. Dunque Junejo è cittadino britannico, non un dettaglio da poco in virtù degli accordi diplomatici col Pakistan, che ha incassato più volte il rifiuto all'estradizione dagli inglesi. Stessa risposta ottenuta dalla Francia, dove Junejo ha trascorso un periodo.

L'Italia non ha accordi bilaterali, come abbiamo scoperto tutti con la vicenda di Saman Abbas. I suoi genitori Shabbar Abbas e sua moglie Nazia Shaheen, tra i principali sospettati, sono tornati in Pakistan pochi giorni dopo l'allarme per la sparizione. Fonti investigative ritengono siano rientrati a Mandi Bahuddin, un centro agricolo di 200mila abitanti nel nord-est, nella regione del Punjab, un'area che all'inizio del Duemila era a forte presenza talebana. Il Ministero della Giustizia ha avviato una procedura per l'emissione di un "red notice" all'Interpol, che dovrebbe consentire alle autorità pakistane di cercare e catturare i sospettati. Solo a quel punto si parlerà dell'estradizione in Italia ma non essendoci un accordo bilaterale tra i Paesi in questo campo bisognerà avviare una trattativa diplomatica. Ciò significa che lo stesso vale anche per Junejo, al quale venerdì verrà chiesto in udienza se accetta volontariamente di essere estradato in Pakistan.

Una pura formalità, oltre che una perdita di tempo, perché il rischio di fare la stessa fine del padre è altissimo. "Poiché non esiste un trattato di estradizione bilaterale tra i Paesi sarebbe assurdo concedere qualsiasi collaborazione al Pakistan, soprattutto a seguito della vicenda della giovane Saman", commenta a Fanpage.it l'avvocato Alexandro Maria Tirelli, difensore di Junejo assieme a Federica Tartara. C'è poi l'aspetto strettamente giudirico sull'accusa di riciclaggio contestata a Junejo, un reato che, qualora venisse accertato, non prevede l'estradizione. "Il Pakistan non rispetta gli standard minimi del rispetto diritti umani sia sotto il profilo processuale che penitenziario – continuano i difensori – prova di tale assunto sono le numerose condanne subite dalle Corti Internazionali proprio per i trattamenti disumani praticati".

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