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Patrick Zaki a Fanpage.it: “L’Egitto fa il doppio gioco su Gaza, aiuta la Flotilla ma arresta i manifestanti”

L’intervista all’attivista egiziano Patrick Zaki, mentre è in corso a Sharm el-Sheikh il nuovo round negoziale per discutere il piano di Trump per Gaza dopo il primo via libera di Hamas al rilascio di tutti gli ostaggi israeliani ancora nelle mani del gruppo.
Intervista a Patrick Zaki
Attivista egiziano
A cura di Giuseppe Acconcia
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Patrick Zaki
Patrick Zaki

“L’Egitto dopo la guerra di Israele in Iran e gli attacchi in Qatar, ha iniziato a prendere sul serio il premier Benjamin Netanyahu quando dice che può attaccare chiunque”, ha spiegato l’attivista egiziano Patrick Zaki, mentre è in corso a Sharm el-Sheikh il nuovo round negoziale per discutere il piano di Trump per Gaza dopo il primo via libera di Hamas al rilascio di tutti gli ostaggi israeliani ancora nelle mani del gruppo.

“A questo timore va unito il discorso della cosiddetta “Grande Israele”. E così l’Egitto ha iniziato a cambiare i suoi piani: ad essere più equilibrato. Per esempio, da anni l’Egitto non ha mai avuto relazioni diplomatiche con l’Iran così intense come in questi mesi. Autorità egiziane e iraniane si sono incontrate ufficialmente almeno quattro volte. Si tratta di un vero cambiamento nei rapporti tra Egitto e Iran, anche rispetto alla questione del programma nucleare di Teheran”, ha aggiunto Zaki. “Le tensioni vanno avanti dal momento in cui Israele ha demolito gli accordi di Camp David, occupando con i suoi carri armati i confini con l’Egitto, il valico di Rafah, il corridoio Philadelphi. Israele ha calpestato tutte le regole, non dovrebbe essere lì ma c’è da oltre un anno e mezzo”.

Come si comportano le autorità egiziane con le mobilitazioni per la Palestina e la Global Sumud Flotilla?

Non sappiamo cosa voglia veramente il governo egiziano, lancia segnali ambivalenti. Inizialmente ha dato il permesso alla Global Sumud Flotilla di organizzarsi e coordinarsi in Egitto invece di arrestare tutti gli attivisti che ne fanno parte, ma in realtà ha messo in carcere oltre 250 manifestanti per la Palestina che hanno continuato a protestare negli ultimi due anni. Non solo, il governo del Cairo prima ha rilasciato l’attivista, Alaa Abdel Fattah, e poche ore dopo ha arrestato il noto ricercatore, già in carcere per dieci anni, Ismail Alexandrani. Questo atteggiamento è presente anche all’interno dell’intelligence egiziana che non ha mai un comportamento univoco. Alcuni vogliono aprire lo spazio del dissenso, altri temono queste aperture perché pensano possano trasformarsi in mobilitazioni antigovernative.

Cosa temono le autorità israeliane da parte del Cairo?

Sono molto preoccupato perché i media israeliani sono pieni di incitamenti contro gli egiziani. Ogni giorno sostengono che l’Egitto cerca di fornire armi ad Hamas o nasconde gli ostaggi: solo notizie false. Queste fake news non vengono diffuse a caso ma vogliono preparare la società israeliana a una guerra contro l’Egitto. Netanyahu e il ministro Ben Gvir continuano a sostenere che l’Egitto sia il paese più pericoloso in questo momento per Israele. In questo modo, vogliono esercitare pressioni sul governo egiziano affinché accetti di ospitare i palestinesi di Gaza nel Sinai. Di sicuro l’esercito non lo accetterà mai.

Come ha reagito alla notizia del rilascio dell’attivista socialista, simbolo delle proteste delle così dette Primavere arabe, Alaa Abdel Fattah, a sei anni dal suo ultimo arresto?

Quando ho visto i video di Alaa libero, ho ripensato alla prima volta che è stato rilasciato per alcuni giorni. Ricordo bene il momento in cui ha abbracciato le sue sorelle, Alaa e Mona. Quando martedì ho visto le immagini della riunione della sua famiglia, ho avuto le stesse sensazioni di libertà. Alaa è un grande esempio per la mia generazione. Dal 2006, ha mostrato a tutti noi che c’è un modo diverso di fare giornalismo e attivismo indipendente, di scrivere quello che pensiamo. Sono stato molto felice per il suo rilascio, anche considerando la lotta di sua madre, Laila Soueif, per la liberazione del figlio. Una donna che ha ispirato tutti noi, con i suoi valori forti. Non ha pensato alla sua salute, alle conseguenze del suo sciopero della fame. Ha lottato solo per suo figlio. L’immagine di Alaa con sua madre mi ha toccato molto, mi ha riportato alla mente il momento in cui sono stato rilasciato e ho visto mia madre per la prima volta.

Cosa ne sarà ora di tutti gli altri prigionieri politici, secondo l’Arabic Network for Human Rights sono 65mila in Egitto?

È una situazione pessima. Non solo per chi è in carcere, ma per chi continua a essere arrestato. Ogni volta pensiamo che il governo egiziano cambi atteggiamento e voglia risolvere la questione dei prigionieri politici, fermando gli arresti di chi esprime le sue opinioni, smettendo di incarcerare persone per strada, a caso, per rinchiuderle per due anni in prigione senza motivo. So che alcuni sono molto ottimisti ma non la penso come loro. Spero che presto il governo egiziano si renda conto che arrestare sempre più persone non risolve nulla. L’Egitto deve chiudere la pagina dei prigionieri politici perché viviamo già in una situazione critica per la guerra a Gaza. A questi problemi non si possono aggiungere questioni interne, devono essere rilasciati tutti i detenuti arrestati per motivi politici per restituire unione alla società egiziana. Questo è fondamentale per il governo del Cairo in questa fase.

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