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Guerra in Ucraina

Parla l’esperto militare russo: “Vi spiego perché le azioni dei droni ucraini sono così efficaci”

“Le scarse difese della base aerea di Pskov dimostrano che Mosca non si è mai aspettata un attacco dall’alleanza atlantica”, spiega l’analista Ian Matveev a Fanpage.it. “L’offensiva ucraina può raggiungere la Crimea, ma Putin non tratterà”.
A cura di Riccardo Amati
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“Al Cremlino sanno benissimo che la Nato non ha alcuna intenzione di attaccare la Russia, e per questo l’aeroporto di Pskov, a soli 30 kilometri dall’Estonia — Paese Nato — era indifeso”: secondo Ian Matveev, la Russia ha usato la questione dell’allargamento dell’alleanza atlantica fino ai suoi confini a fini propagandistici, ma non ha mai veramente temuto un’aggressione.

“Non è mai stato considerato un problema, semmai è stata una scusa per invadere l’Ucraina. Dove infatti si concentrano tutte le risorse”, afferma l’analista militare. “D’altra parte, Mosca non ha le capacità belliche necessarie per contrastare un eventuale attacco Nato mentre sta combattendo in Ucraina”.

Dei sempre più fitti raid di droni sulla Russia, quello di Pskov è stato forse il più inatteso. Proprio per questo ha colpito duro. Anche il morale. Ed è l’attacco su cui vale la pena porsi più domande. Mentre sulla tivù di Stato il propagandista Vladimir Solovyov — fino a qualche mese fa invitato e definito “giornalista” nei nostri talk show — spiega che bisogna “obliterare” i Paesi baltici perché, “gli ordigni son partiti da là”, gli esperti concordano che l’Ucraina ha in effetti in dotazione droni kamikaze in grado di volare per i 700 chilometri che la separano da Pskov. Evidentemente gli alti comandi russi hanno sottostimato la pericolosità di arnesi come gli Uj-22, i Raybird-3 e i Beaver Uav.

Matveev non ha dubbi sul fatto che i droni arrivati su Pskov fossero ucraini. Fanpage.it lo ha raggiunto in video-collegamento nel luogo fuori dalla Russia dove si è rifugiato per ragioni di sicurezza dopo aver criticato la guerra e il regime di Vladimir Putin.

Ian Matveev, analista militare
Ian Matveev, analista militare

Dai video su social e media locali pare che, durante le due ore dell’attacco sull’aeroporto, i soldati russi sparassero ai droni coi fucili. È mai possibile che un grande scalo internazionale a 30 chilometri da un Paese Nato, con annessa la base militare della temuta 76esima divisione Guardie d’assalto aereo, non abbia sistemi di difesa efficienti?

È possibile che questi sistemi semplicemente non esistano, o che non funzionino. Nei filmati, in realtà, oltre alle raffiche delle armi leggere si sentono anche il sibilo dei missili terra-aria Pantsir, e il fragore degli antiquati mezzi anti-aerei sovietici “Tunguska” (i semoventi 2K22, in sevizio dal 1982, armati di cannoni e missili, ndr). Ma è evidente che le difese erano inadeguate.

Ma come? Il Cremlino grida al mondo la pericolosità dell’espansione della Nato e non difende un obiettivo strategico al confine con l’Estonia?

Al Cremlino si valuta adeguatamente la situazione e si è da tempo stabilito che non c’è alcun pericolo di un attacco Nato. Anche per questo si è ritenuto di poter invadere l’Ucraina: la Russia non sarebbe in grado di fare la guerra contro Kyiv se dovesse anche mantenere difese adeguate a respingere eventuali attacchi dai Paesi Nato ai suoi confini. I leader russi hanno contato fin dall’inizio sulla probabilità zero che si verificassero. I possibili obiettivi per la Nato di fatto vengono coscientemente lasciati indifesi. Per questo il raid dei droni su Pskov è stato così efficace.

Le autorità federali hanno abbondantemente commentato i raid su altre sei regioni, compresa quella di Mosca, avvenuti nella stessa notte dell’attacco a Pskov. Ma su Pskov non hanno detto nemmeno una parola. Perché?

Perché quello di Pskov è stato un brutto colpo. E la narrativa orwelliana del regime prevede di minimizzare i brutti colpi o non menzionarli affatto. Nei telegiornali non se ne è parlato (ma nei talk show sì, auspicando la distruzione totale di Estonia, Lettonia e Lituania, ndr). Normale, nella Russia di Putin.

Un brutto colpo, diceva: almeno quattro aerei da trasporto truppe Ilyushin-76 danneggiati, ma dalle ultime  immagini satellitari non sembra proprio una catastrofe. È così grave, il colpo inferto?

È un danno importante ma non troppo grave, materialmente. L’impatto è soprattutto psicologico. Proprio perché siamo alla frontiera con la Nato. Comunque, la perdita di quattro aerei da trasporto come gli Il-76 può esser considerata critica: limita la capacità di trasferire velocemente mezzi e uomini sui fronti del conflitto. La divisione aerotrasportata di stanza a Pskov non potrà muoversi all’unisono. E, con le sanzioni che complicano il reperimento dei componenti ad alta tecnologia, riparare o costruire di sana pianta simili velivoli non è semplice.

L’esercito russo ha a disposizione riserve da dispiegare nell’area di Zaporizhzhia, dove si sta concentrando l’offensiva ucraina?

Hanno dispiegato una divisione aerotrasportata molto ben addestrata, spostandola dalla regione di Lugansk, dove era precedentemente impegnata. Questo significa che le riserve dedicate a Zaporizhzhia sono esaurite. E significa anche che i comandi russi stanno prendendo molto sul serio l’avanzata ucraina.

I russi potrebbero dover far affluire truppe anche dalla zona di Kharkiv, dove al momento hanno l’iniziativa?

È soprattutto un’offensiva propagandistica, quella russa su Kharkiv. Non ci sono conferme, nei filmati e nelle informazioni che circolano, di una grande battaglia in corso. Potrebbe trattarsi solo di scontri locali. L’esercito russo non ha in quel settore un dispositivo in grado di conquistare Kharkiv e proseguire l’offensiva. Tra l’altro è propaganda che fa comodo anche a Kyiv, che deve in qualche modo giustificare la lentezza della sua tanto enfatizzata controffensiva d’estate.

A che risultati potrà portare, la lenta controffensiva ucraina?

Al momento tutto sembra giocarsi sul fronte di Zaporizhzhia, come dicevamo. E in particolare nel triangolo fra i centri abitati di Robotyne, Verbove e Novoprokopivka. Si combatte intensamente anche nei dintorni di Bakhmut, ma è nella regione di Zaporizhzhia che gli ucraini avanzano con maggior convinzione. Hanno liberato Robotyne e sono andati oltre. Sono fortemente rallentati dai campi minati. Ma sono entrati a Verbove, testimonia un video. E hanno raggiunto la “Surovikina” (la linea difensiva fortificata fatta costruire dal generale Sergei Surovikin, oggi caduto in disgrazia perché amico del defunto Yevgeeny Prigozhin, ndr).

Ma penetrando in quella direzione non lasciano i fianchi scoperti? Non si espongono all’artiglieria russa?

L’artiglieria russa non è molto mobile. È lenta, nei suoi spostamenti. Al contrario di quella ucraina. Se il fronte si muove entra in crisi. È molto più efficace quando la situazione è statica. Il vero problema per gli ucraini sono le mine e gli attacchi dei droni.

C’è qualche segnale di apertura politica. Zelensky ha parlato della possibilità di discutere dello status della Crimea. Secondo l’agenzia Bloomberg, Putin andrà a Pechino da Xi Jinping, considerato l’unico che può indurlo a più miti consigli. Sul campo di battaglia questo ha ripercussioni?

Nessuna ripercussione visibile. Credo che Zelensky intendesse che si potrà parlare del destino della Crimea quando le sue truppe ne raggiungeranno il confine. Cosa che dovrebbe effettivamente convincere Mosca a trattare. Almeno in teoria.

Ma davvero crede che la controffensiva ucraina, sulla cui reale portata anche Washington ha espresso dubbi, possa arrivare alla Crimea?

È possibile. La Storia militare insegna che spesso le offensive prendono slancio dopo una fase di stallo.

E di fronte a un successo ucraino così importante, Mosca tornerebbe alla diplomazia?

In teoria dovrebbe, come dicevo. Ma il problema è Putin. Razionalmente, la Russia in una situazione del genere avrebbe tutto l’interesse a discutere. Ma tutte a Mosca tutte le decisioni importanti vengono prese dal presidente. E spesso sono decisioni irrazionali. La sorte di Prigozhin, quasi certamente ucciso su ordine di Putin (il Cremlino però smentisce ogni coinvolgimento, ndr), dimostra quale sia la situazione. Difficile che Putin possa accettare accordi diplomatici, a meno che non siano a lui del tutto favorevoli. Significa il riconoscimento di tutti i territori ucraini che la Russia si è annessi. E questo Kyiv non lo accetterà mai. Con Putin al Cremlino, si è in un vicolo cieco.

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