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Guerra in Ucraina

“Nessuna tregua in vista tra Ucraina e Russia ma guerra a oltranza”: l’analisi della politologa

L’intervista di Fanpage.it alla politologa Nona Mikhelidze: “Niente cessate il fuoco: Zelensky non vuole compromessi territoriali, negli incontri con Meloni e gli altri leader europei chiede i mezzi per creare una posizione di forza per Kiev. Putin? Punta sull’economia di guerra e non è aperto a un negoziato: inutile farsi illusioni”.
A cura di Riccardo Amati
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La guerra tra Russia e Ucraina è destinata a continuare, perché Kiev ritiene di poterla ancora vincere e il Cremlino vuole continuare a contare sull’industria della Difesa per spingere la crescita economica e permettere al regime di restare al potere. È quanto ritiene una delle più autorevoli analiste della politica estera russa e dello spazio post-sovietico.

"Non ci saranno trattative", dice a Fanpage.it Nona Mikhelidze, responsabile di ricerca presso l’Istituto Affari Internazionali (Iai). "Il ‘piano per la vittoria’ di Kiev con ogni probabilità prevede operazioni asimmetriche e una lista di armamenti per rafforzarsi, prima di poter cercare una pace giusta". E Vladimir Putin "ha deciso da tempo di puntare sull’economia di guerra e non ha mai davvero voluto un negoziato".

Chi si era illuso, deve probabilmente rassegnarsi. Volodymyr Zelensky non ha fatto il giro delle capitali europee, Roma compresa, per discutere di un cessate il fuoco. Lo ha precisato lui stesso a margine dell’incontro con il presidente francese Emmanuel Macron. E anche a Mosca di far la pace non se ne parla proprio, a quanto pare.

Il sito di notizie Poyasnitelnaya Zapiska, citando persone vicine al Cremlino, scrive che il presidente si sente umiliato dall’operazione di Kiev nella oblast russa di Kursk e ha deciso di distruggere la condizione di Stato sovrano del nemico. Ritiene che le forze armate ucraine siano esauste e che la Russia possa invece combattere all’infinito o quasi, in un conflitto di logoramento.

Nona Mikhelidze, Istituto affari internazionali.
Nona Mikhelidze, Istituto affari internazionali.

Dottoressa Mikhelidze, Putin vuol trattare o no? Dopo Kursk l’aveva escluso, poi in settembre ha detto di esser pronto a un negoziato sulle basi di quello abortito nel 2022 a Istanbul. Ora un attendibile sito di notizie russo cita insider del Cremlino secondo cui a far la pace non ci pensa più, nemmeno lontanamente. Lei che dice?

"Riguardo al sito di notizie, non dico niente perché non commento mai dichiarazioni di fonti anonime. Riguardo al negoziato di Istanbul, è fallito perché le condizioni imposte da Mosca nella bozza di accordo avrebbero di fatto decretato la fine della statualità ucraina. È quindi impensabile che possa essere la base di partenza di nuove trattative".

C’era addirittura una clausola che prevedeva l’approvazione russa per la difesa dell’Ucraina in caso di un nuovo attacco. Paradossale. Ma magari si potrebbero rivedere le condizioni, trattare. O no?

"Non c’è mai stata alcuna apertura al negoziato, da parte di Putin. Non ci saranno trattative. Lo dimostra anche il documento di bilancio russo, che aumenta la spesa militare a oltre il 6 per cento del Pil per il 2025 e la mantiene alle stelle fino almeno al 2027. Il Paese non si prepara al negoziato, ma alla guerra a oltranza".

Ma mica possono andare avanti all’infinito…

"Può sembrare una follia, ma la nostra razionalità non è la razionalità del Cremlino. Le decisioni di Putin seguono un calcolo preciso. Questa lenta guerra di attrito implica enormi investimenti statali nell’industria della Difesa e spinge la crescita economica. Così permette al regime di restare al potere".

La guerra però potrebbe uscire dallo stallo. L’esercito russo è entrato a Toretsk, un altro caposaldo della difesa ucraina nella regione di Donetsk. Forse Putin può chiudere la partita?

"No questa continua a essere una guerra d’attrito. Negli ultimi nove mesi la Russia è riuscita a conquistare solo lo 0,1 per cento dell’intero territorio dell’Ucraina. Che in sole due settimane, l’estate scorsa, ha conquistato una fetta assai più grande della Russia, nella oblast di Kursk".

Gli ucraini prevedono di ritirarsi da Kursk? Oppure l’operazione è a lungo termine?

"È un’operazione con obiettivi politici importanti. Intanto ha dimostrato che Kiev è perfettamente in grado di contrattaccare, smentendo la narrativa della propaganda di Mosca, penetrata in Occidente, secondo cui all’Ucraina non restava altro che sedersi a un tavolo e accettare le imposizioni di Mosca. Ebbene, con l’operazione Kursk il tavolo è stato rovesciato. Il messaggio è che se l’Occidente fornisce armi con regolarità e permette l’utilizzo dei missili a lungo raggio contro obiettivi militari in Russia, gli ucraini possono benissimo riconquistare i loro territori occupati".

Ma è proprio necessario l’utilizzo di missili occidentali per colpire la Russia? A Kiev non bastano i suoi nuovi droni-missile, che sono capaci di far parecchi danni?

"I missili Atacms e Storm Shadow sono un’altra cosa, anche rispetto ai droni di ultima generazione, rivelatisi molto utili su depositi di armamenti e di carburante. Ma i missili hanno capacità superiori e permetterebbero di colpire con ancor maggiore efficacia".

Lei si aspetta una lunga guerra di logoramento. Però Zelensky alla fine di settembre, in un’intervista alla Abc, ha detto testualmente che siamo “più vicini alla pace di quanto si pensi”. Allora come la mettiamo?

"Zelensky si riferiva a una pace giusta. Il piano di pace ucraino prevede all’articolo 5 il ripristino dei confini del 1991, con il completo ritiro delle forze russe in ottemperanza al diritto internazionale. E poi c’è il “piano per la vittoria”. Zelensky lo sta ancora discutendo con i partner occidentali. Ritengo che preveda il ricorso ad azioni asimmetriche (operazioni in cui si sfruttano al massimo i punti deboli di un avversario più potente. Un po’ come Davide con Golia, ndr). Ci sarà anche una lista degli armamenti necessari all’Ucraina per assicurarsi una posizione di forza e costringere la Russia a una pace giusta. Inoltre, credo che il piano comprenda l’invito ufficiale per una graduale entrata nella Nato. Darebbe un chiaro segnale politico alla Russia. Come avvenne per l’invito ufficiale a far parte dell’Unione Europea".

Di cosa ha parlato Zelensky nel suo frenetico viaggio a Londra, Parigi e Roma? Che ha detto al premier britannico Starmer, al nuovo segretario generale della Nato Rutte, a Macron e alla Meloni?

"Ha parlato del “piano per la vittoria”, appunto. Non di un cessate il fuoco, come hanno scritto alcuni giornali italiani. Niente tregua, niente negoziati. Inutile farsi illusioni".

Allora perché durante l’estate il presidente ucraino ha invitato la Russia a una prossima conferenza di pace?

"Non è esattamente così. Rispondendo alla domanda di una giornalista ha detto di convenire con lei sull’opportunità che i russi partecipassero alla conferenza. Era un’opinione, non un invito. E Zelensky sapeva benissimo che il Cremlino avrebbe risposto picche. Come è puntualmente avvenuto. Mosca ha una posizione lineare. Non può partecipare a un consesso in cui si discuterà un piano di pace che prevede il ritiro dai territori che occupa".

In giugno, il 75 per cento degli ucraini era favorevole a trattative con la Russia. Un sondaggio pubblicato poche ore fa dallo stesso istituto rileva invece come oggi l’81 per cento creda che Kiev possa vincere la guerra, se l’Occidente fornirà gli armamenti necessari e ne permetterà un utilizzo efficace. Come leggere questa rapida variazione di tendenza?

"L’ultimo sondaggio dice molto sulla resilienza e la volontà di resistere di questo popolo".

C’entra anche la conquista di territori russi ottenuta con l’operazione Kursk?

"Certamente sì. Anche perché si è trattato di un’offensiva del tutto inaspettata. Protetta in modo esemplare dall’intelligence fino al momento dell’attacco. L’effetto è stato positivo sia sul morale della popolazione civile che su quello dei soldati al fronte".

Effetto contrario sui russi, a giudicare dal sondaggio appena fatto da Levada, l’unico centro statistico indipendente rimasto nel Paese di Putin: il 47 per cento ritiene che la “operazione militare speciale”, ovvero l’invasione dell’Ucraina, abbia portato più danni che benefici.

"Difficile commentare i sondaggi fatti in Paese come la Russia, il cui regime ormai va ben oltre il semplice autoritarismo".

L’analista del Quincy Institute Anatol Lieven ha detto a Fanpage.it che alla fine ci sarà un cessate il fuoco sulle attuali linee del fronte, con ogni decisione sullo status dei territori occupati rimandata a una futura conferenza di pace. Una “pace per sfinimento”, l’ha definita. Le pare una soluzione possibile?

"No, questo scenario non sta in piedi. Nemmeno i trattati di Minsk prevedevano la sovranità russa su Luhansk e Donetsk. Ripristinavano i confini dell’Ucraina ma rimandavano la decisione sullo status dei due distretti. Sappiamo come è andata a finire. Ma soprattutto va considerato che, per istituzione, le sanzioni occidentali rimarranno attive finché non finirà l’occupazione russa. E se si congela il conflitto, il Cremlino non potrà più contare sull’economia di guerra per sostenere l’economia. Che sarebbe colpita anche dalle sanzioni ancora in atto. Una situazione in cui Putin si guarderà bene dal trovarsi".

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