Il caso dei dossier sui presunti abusi insabbiati dal nuovo Papa Leone XIV: le ombre tra Perù e Chicago

L’elezione di Robert Francis Prevost a pontefice con il nome di Leone XIV ha immediatamente scatenato reazioni e sollevato interrogativi. Al di là della sorpresa che ha colto molti osservatori, a gettare un’ombra sul nuovo papa sono alcune vicende del passato che tornano oggi a occupare le prime pagine dei media internazionali.
Accuse abbastanza serie, provenienti da fonti differenti, lo vedono coinvolto — direttamente o indirettamente — nella gestione controversa di presunti casi di abusi sessuali nella diocesi peruviana di Chiclayo, dove ha ricoperto l’incarico di vescovo dal 2015 al 2023, e in altri contesti, come la sua città natale, Chicago.
Il dossier di Infovaticana e le accuse di abusi dal Perù
A scatenare la bufera è stata, già nei giorni precedenti il Conclave, la pubblicazione da parte della testata spagnola "Infovaticana" di un rapporto di 40 pagine contenente dettagliate accuse rivolte a Prevost. Il documento, di natura riservata ma ormai di dominio pubblico, racconta il caso di tre sorelle, allora minorenni, che nel 2022 denunciarono abusi subiti da alcuni sacerdoti nella diocesi di Chiclayo. Secondo il dossier, le tre giovani si rivolsero direttamente all'allora vescovo Prevost, che tuttavia non avrebbe preso provvedimenti adeguati, limitandosi a trasferire i sacerdoti accusati e non avviando alcuna indagine formale.
La diocesi di Chiclayo ha smentito categoricamente le accuse, definendo il contenuto del rapporto "completamente falso". Tuttavia, a gettare ulteriore benzina sul fuoco è la denuncia secondo cui Prevost avrebbe addirittura “permesso o promosso ritorsioni” nei confronti dell’avvocato che aveva assunto la difesa delle vittime. Il presule, nel 2023, è stato poi chiamato a Roma per guidare il Dicastero per i vescovi, proprio mentre lo scandalo stava emergendo con maggiore intensità.
Il caso James Ray di Chicago e il coinvolgimento di Prevost
Un altro fronte riguarda Chicago, città natale del 69enne statunitense. Si tratta del caso di James Ray, un sacerdote agostiniano accusato di aver abusato sessualmente di numerosi ragazzi. Secondo quanto riportato, nel 2000 l’allora superiore dell’Ordine agostiniano Robert Prevost avrebbe autorizzato Ray a risiedere nel convento di St. John Stone, un edificio religioso situato nei pressi di una scuola elementare cattolica di Chicago.
Un dettaglio particolarmente inquietante riguarda il fatto che Ray, già nel 1991, era stato privato del permesso di celebrare messa dopo aver ammesso comportamenti inappropriati, come aver fatto dormire dei ragazzi nel proprio letto e averli abbracciati. Prima del trasferimento al convento, gli era stato negato l’accesso a un'altra struttura dell'arcidiocesi proprio perché troppo vicina a un istituto scolastico. Eppure, né Prevost né l’ordine agostiniano, secondo le ricostruzioni giornalistiche, avvisarono la direzione della scuola vicina alla nuova residenza, lasciando che Ray vivesse lì senza alcuna comunicazione formale ai responsabili dell’istituto.

Anni dopo, il cardinale Blase Cupich, arcivescovo metropolita di Chicago, avrebbe riconosciuto che quella sistemazione non era in alcun modo appropriata per sacerdoti sotto accusa. Il caso, riemerso nel dibattito pubblico a partire dal 2021 grazie a un’inchiesta del Chicago Sun-Times, non ha mai ricevuto una replica ufficiale da parte di Prevost, che ha scelto di non commentare né di rispondere alle domande sollevate sulla condotta degli agostiniani nella gestione dei casi di abusi.
Il ruolo dello Snap e la recente richiesta d'indagine
Le accuse non si fermano al Perù e agli Stati Uniti. Un recente documento, datato 25 marzo 2025, diffuso dallo Snap (Survivors Network of those Abused by Priests), chiede formalmente l’apertura di un’indagine canonica su Prevost.
L’organizzazione, una delle più attive a livello internazionale nella difesa delle vittime di abusi, contesta al nuovo papa di aver violato la "Vos estis lux mundi", la lettera apostolica emanata da papa Francesco nel 2019 per rafforzare i meccanismi di prevenzione, ascolto e sanzione dei crimini sessuali nel clero. Secondo Snap, Leone XIV avrebbe agito con “abuso del potere ecclesiastico, d’ufficio e di funzione, ferendo persone vulnerabili e generando scandalo”.
Una Chiesa alla prova della trasparenza col nuovo Papa
L’ombra degli scandali legati agli abusi sessuali continua dunque a tormentare la Chiesa cattolica, anche sotto il nuovo pontificato. Se Leone XIV intende proseguire sulla strada della tolleranza zero indicata da papa Francesco, dovrà probabilmente chiarire al più presto le sue posizioni su questi episodi, accettando — se necessario — un’indagine indipendente. Il rischio, altrimenti, è che il suo pontificato venga da subito minato da sospetti difficili da dissipare.
Per ora, ciò che sappiamo è che le accuse esistono, sono circostanziate e mosse da soggetti autorevoli. E che una risposta, per il bene delle vittime e della Chiesa stessa, non potrà tardare a lungo.