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Conflitto Israelo-Palestinese

Perché l’attacco di Hamas a Israele è un messaggio dell’Iran a Russia, Cina e Arabia Saudita

Perché l’Iran avrebbe aiutato Hamas a ordire il suo attacco contro Israele? Per odio nei confronti dello Stato ebraico, certo. Ma anche per una serie di ragioni geopolitiche riguardano Russia, Cina, Arabia Saudita. E un corridoio navale e ferroviario.
A cura di Fulvio Scaglione
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Su due cose le autorità di Israele hanno sicuramente ragione: quella scatenata da Hamas è una guerra ed è una guerra per procura. Una terza proviamo ad aggiungerla noi: è una guerra per procura che affonda le radici non solo nell’eterno conflitto tra Israele e i palestinesi ma anche nello sconvolgimento degli equilibri globali provocato dalla guerra in Ucraina. Gli osservatori più schierati o grossolani, e nella scia anche più di un politico, tirano in ballo presunti interessi della Russia, dimenticando che Israele è l’unico Paese ascrivibile al blocco occidentale che non ha fornito armi all’Ucraina, nemmeno lo scudo antimissile Iron Dome che gli ucraini chiedevano e che, peraltro, nei giorni scorsi è stato “bucato” da migliaia di missili sparati da Gaza. Che interesse avrebbe la Russia ad attirare contro di sé anche lo Stato ebraico? Eppure la Russia in qualche modo c’entra, forse insieme con la Cina, anche se non nel modo comunemente descritto.

Se si tratta di una guerra per procura, la domanda è: chi l’ha procurata? Il primo indiziato è l’Iran, e anche qui l’odio (ricambiato) per Israele degli ayatollah è solo parte della motivazione. Qualcuno ha sentito parlare dell’India-Middle East-Europe economic corridor? E’ il progetto frutto dell’unica decisione concreta del recente G20 svoltosi in India: due direttrici ferroviarie e due marittime per collegare l’India all’Europa passando per il Medio Oriente. Alla voce “Europa” si deve intendere il porto greco del Pireo, che nel 2016, nel pieno della crisi del debito che travolgeva la Grecia, fu integralmente rilevato dalla compagnia (statale) di navigazione cinese Cosco. Alla voce “Medio Oriente”, invece, due tappe negli Emirati Arabi Uniti (Jabel Ali e Al-Ghuwaifat), tre in Arabia Saudita (Haradh, Ryad e Al-Aditha) e una in Israele (Haifa). La Cina, come detto, controlla il Pireo. La Russia intrattiene ottime relazioni politiche, finanziarie e commerciali con gli Emirati, è in affari con l’Arabia Saudita per il petrolio nel cartello Opec + e ha buoni rapporti con Israele. E’ piuttosto chiaro, quindi, che l’Iran, fomentando (e contribuendo, perché è impossibile che Hamas abbia da solo organizzato un attacco di tali proporzioni) questa guerra contro Israele, ha mandato un feroce messaggio a tutti i Paesi fin qui citati.

E il messaggio riguarda un altro corridoio commerciale ad alto significato politico: il North-South Transport Corridor, una rete lunga 7.200 chilometri di ferrovie, autostrade e rotte marittime per collegare l’India alla Russia attraverso l’Iran e l’Azerbaigian, concepito alla Conferenza euroasiatica dei trasporti che si svolse a San Pietroburgo nel 2000 e ratificato nel 2002. La valenza politica del progetto è chiara: per una potenza emergente come l’India si tratta si tratta di accedere a nuovi mercati evitando le tradizionali rotte commerciali, in gran parte controllate dall’Occidente o dalla Cina. Per la Russia, di accedere a potenziali fornitori aggirando le sanzioni decretate dall’Occidente e dai suoi alleati. Per l’Iran, che si troverebbe esattamente al centro della rete di trasporti, di ottenere una posizione privilegiata e quindi un grande “peso” strategico.

E’ chiaro che i due progetti sono in contrasto. Se funziona il corridoio India-Middle East-Europe l’altro, quello North-South, perde di significato. E le probabilità sono nettamente a favore del primo, visto che i soli Paesi del G7 (USA, Germania, Francia, Italia, Canada, Regno Unito e Giappone) producono tuttora il 46% del Pil mondiale, e ad essi si aggiungerebbero l’India e gli altri Paesi che formano il G20, patrono del progetto. In più, l’India-Middle East-Europe presuppone, di fatto, un ulteriore riavvicinamento tra Arabia Saudita e Israele, tappe successive nello smistamento delle merci movimentate lungo il corridoio. E infatti questo progetto è uno dei capitoli delle trattative che, con gli Usa come mediatore, si sta svolgendo per arrivare al riconoscimento di Israele da parte dei sauditi e quindi al completamento degli Accordi di Abramo escogitati dall’amministrazione Trump, accordi che hanno rivoluzionato i rapporti tra i Paesi arabi e lo Stato ebraico. Per convincere i sauditi e chiudere il cerchio, Joe Biden era pronto a concedere molto ai sauditi: collaborazione nel campo dell’energia atomica (e molti, anche negli Usa, temono che questo finisca per mettere la bomba atomica nelle mani di Mohammed bin Salman) e della difesa, con un impegno formale degli americani a difendere il Regno saudita in caso di aggressione. Tutte cose che agli ayatollah iraniani non potevano certo piacere.

Proviamo quindi a tirare qualche conclusione. Se l’Iran ha procurato la guerra di Hamas contro Israele, ha ottenuto quanto segue: ha costretto i sauditi (che all’estero temono l’isolamento nel mondo arabo e in casa un rigurgito di jihadismo) a schierarsi con i palestinesi e quindi ha allontanato, se non annullato, le ipotesi di intesa saudita con Israele; ha reso instabile tutta l’area e quindi compromesso la realizzazione del corridoio rivale India-Middle East-Europe; ha ammonito la Russia, cui fornisce armamenti e che ha da sempre buoni rapporti con Israele; ha mandato un promemoria alla Cina, che è il primo partner commerciale dell’Iran e che ha fatto da mediatrice, poco tempo fa, nel disgelo dei rapporti tra l’Arabia Saudita e lo stesso Iran; ha colpito come mai prima Israele e reso i palestinesi di Gaza, che ne stanno subendo le conseguenze, ancor più dipendenti da Teheran.

In poche parole, l’Iran, sulla pelle dei palestinesi, si è riportato al centro di tutte le crisi del Medio Oriente. Il messaggio è: nessuna pace senza l’Iran.

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