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Conflitto Israele-Palestina e in Medio Oriente

La storia di Fatima, sfollata due volte a causa della guerra a Gaza: “Malati e affamati, non abbiamo più nulla”

La storia di Fatima, malata di tumore con 5 figli e un marito invalido. “Dopo il cessate il fuoco a Gaza, tutto è rimasto uguale, non abbiamo più nulla e soffriamo la fame”
A cura di Antonio Musella
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La pace nella Striscia di Gaza resta fragilissima: mentre le parti discutono dell'eventuale fase due degli accordi, Israele ha più volte violato il cessate il fuoco. Ed è in questo scenario che i palestinesi si stanno muovendo lungo tutta la Striscia di Gaza per ritornare nelle loro città, nella speranza, nella maggior parte dei casi molto vana, di trovare ancora la propria abitazione in piedi. Quasi sempre ad attenderli c'è solo un mucchio di macerie.

Intanto le condizioni di vita non sembrano affatto migliorare: il valico di Rafah, dove ormai da oltre un anno giacciono migliaia di tonnellate di aiuti umanitari raccolti in tutto il mondo, è ancora chiuso, e il governo israeliano ha fatto sapere che non lo riaprirà fin quando Hamas non accetterà la seconda parte dell'accordo, ovvero quella relativa al disarmo. In questo contesto tra il prima e il dopo la firma degli accordi sul cessate il fuoco, la vita per i palestinesi non è cambiata di molto. Non c'è cibo, non entrano aiuti, le bombe e gli attacchi continuano nonostante Trump e Netanyahu abbiano raccontato al mondo di "aver fatto la pace".

A spiegare bene la situazione in cui si trovano i palestinesi della Striscia di Gaza oggi, c'è la testimonianza di Fatima Yazan, donna di 38 anni, malata, con marito a cinque figli a carico, che dal campo profughi di Deir al Balah, ha voluto inviarci la sua storia.

La storia di Fatima: "Sfollati per due volte a causa delle bombe"

Fatima ha 38 anni, è madre di cinque figli, ha contratto la tubercolosi nel 2022, un anno prima dell'inizio della guerra successiva al 7 ottobre del 2023. Suo marito è invalido, a seguito di un incidente d'auto le cui ferite oggi non lo mettono nelle condizioni di poter camminare autonomamente. Vivevano a Khan Younis: "Da quando è scoppiata la guerra ho sofferto molto, le mie condizioni erano già precarie – spiega Fatima a Fanpage.it – ho subito due interventi chirurgici per due ernie sulla colonna vertebrale. Mio marito invece è invalido e ha bisogno di assistenza e cure mediche costanti. Durante la guerra ho scoperto di essere malata di cancro al seno".

La storia di Fatima e della sua famiglia può essere comune a tantissime altre che riguardano la vita dei 2 milioni di gazawi e di come sia cambiata dopo il 7 ottobre. "Con la guerra ho perso tutto, ho perso l'assistenza medica, i miei figli hanno problemi psicologici a causa delle bombe e del terrore che viviamo tutti i giorni" sottolinea. "Dopo l'inizio dei bombardamenti da Gaza siamo fuggiti a Deir al Balah, qui siamo andati a vivere in una scuola gestita dall'UNWRA (l'agenzia dell'Onu che Israele ha definito una organizzazione terroristica ndr)" spiega. Ma il loro calvario è continuato. "Una bomba è caduta vicino alla scuola ma non è esplosa, così avviamo avuto salva la vita ma siamo dovuti sfollare nuovamente. Adesso viviamo nel campo "Life and hope" in una tenda" racconta Fatima.

Deir al Balah è uno dei più grandi campi profughi della Striscia di Gaza creato dall'inizio dei bombardamenti dopo il 7 ottobre. È qui che si registrano i morti per fame degli ultimi mesi, mentre nell'inverno scorso due bambini di pochi mesi sono morti di freddo. Fatima e la sua famiglia non possono spostarsi a causa della loro invalidità e delle precarie condizioni di salute. A supportarli c'è l'associazione La Comune Ets di Milano che prova a prendersi cura di loro a distanza.

"Gli aiuti non entrano, patiamo ancora la fame"

Dopo la firma del cessate il fuoco nel campo profughi di Deir al Balah la situazione non è migliorata. "Siamo sopravvissuti per tre volte ai bombardamenti intorno al campo profughi – ci dice – abbiamo sofferto una epidemia di epatite e una di polmonite che si è diffusa nel campo".

La situazione sul fronte degli aiuti non è diversa da prima del cessate il fuoco: "È arrivato il cessate il fuoco ma non è cambiato molto, gli aiuti umanitari non entrano, stiamo ancora soffrendo la fame. Si parla di cessate il fuoco ma noi vediamo ancora le operazioni dell'esercito israeliano, non so se è finita davvero. Noi speriamo che si continui sulla strada della pace, per ora non riceviamo aiuto da nessuno. I prezzi si sono leggermente abbassati, ma restano inaccessibili per la maggior parte delle persone. È solo grazie al sostegno di una associazione italiana se siamo ancora vivi, purtroppo le nostre condizioni di salute non ci permettono di fare nulla".

Ed è questo lo scenario post bellico nella Striscia di Gaza: oltre alla conta dei morti ci sono le condizioni dei sopravvissuti. Mutilati, invalidi, malati, è questo lo stato di chi è sopravvissuto a due anni di genocidio. Sul profilo Facebook di Fatima Yazan c'è il video di ciò che resta della loro casa a Khan Yoinis, un cumulo di macerie, l'intero palazzo è crollato sotto le bombe israeliane. "Non abbiamo più nulla", è il commento. Come faranno queste persone a riprendere una vita normale? Come faranno queste persone ad avere un posto in cui vivere se le loro case sono completamente distrutte e non riescono nemmeno a muoversi dai campi profughi? Come faranno a ritornare alla vita dei bambini che hanno scampato la morte sotto le bombe per più volte durante gli ultimi due anni? La pace non è e non può essere solo una parola scritta in un documento.

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